Reduce dall’acclamato successo al Metropolitan di New York, l’appassionato e vibrante Hoffman, vola a Los Angeles per esibirsi in uno straordinario recital di liriche da camera e arie d’opera.
Abilmente accompagnato dal pianista italo–americano Vincenzo Scalera, maestro collaboratore al Teatro alla Scala di Milano, Vittorio Grigolo incanta il suo pubblico conducendolo attraverso i sentieri più intimi ed inesplorati dell’animo umano.
La dolcezza delle melodie immortali belliniane, supportate da un elegante quanto accurato fraseggio dei due artisti, apre l’interessante programma della serata (Dolente immagine di Fille mia, Vanne o rosa fortunata, Malinconia ninfa gentile, Per pietà bell’idol mio).
Tra frizzi e lazzi Vittorio trasforma il palcoscenico nella celebrazione agile e brillante della napoletanità incarnata nella figura del Principe della Risata, Totò. È il momento della Danza di Rossini.
La versatilità del tenore si esprime poi nel canto accorato e supplichevole di Marcello (Inosservato, penetrava… Angelo casto e bel, da il Duca d’Alba di Gaetano Donizetti) e nell’appassionata inquietudine di Corrado (Ah sì ben dite, da il Corsaro di Giuseppe Verdi) che culmina nello struggente grido di dolore <<Ma un fato inesorabile ogni mio ben rapì >>.
Fragorosi esplodono gli applausi degli astanti prima ancora che la cabaletta (Tutto parea sorridere) li conduca direttamente all’intervallo.
Francesco Paolo Tosti è il protagonista indiscusso della seconda parte del concerto (Chanson de l’adieu, Pour un baiser, Ideale, ‘a vuchella, L’ultima canzone).
In Chanson de l’adieu, Vittorio esprime l’angoscia e il tormento della separazione dalla propria amata attraverso un impiego esemplare e toccante dei pianissimo.
Un sorso di vino rosso e il nuovo scenario gioca scherzosamente con l’innocenza dell’amore – Dammillo e pigliatillo nu vaso piccerillo comm’ a chesta vucchella – che canta divertito variando e ripetendo più volte il tema finale.
Stanislao Gastaldon, Ruggero Leoncavallo ed Ernesto de Curtis, accompagnano alla scoperta d’ O Paese d’ ‘o sole di Vincenzo d’Annibale, l’ultimo brano in programma. “California is o Paese d’ ‘o sole and we are all on fire”.
Vittorio Grigolo parla alla platea, raccontando aneddoti e rivelando la propria sensibilità di artista che si arricchisce giorno dopo giorno di sempre nuove espressioni d’arte, attraverso anche la percezione acuta e consapevole di ciò che lo circonda.
Un finale da standing ovation, nella tradizione più americana del termine, osanna i numerosi bis (Una furtiva lagrima, Non ti scordar di me, E lucevan le stelle, O sole mio) che Vittorio concede generosamente a coloro che ormai definisce “ i suoi amici”.
Non esiste nota o parola che non sia misurata ed espressa sapientemente. L’intero palcoscenico è sfruttato in tutto il suo potere d’azione e il pubblico entusiasta respira e si muove intonandosi con le atmosfere meravigliose disegnate dalla sua voce calda ed intensa e insieme dall’intelligenza artistica del maestro Scalera.
L’Icona Italiana negli States, così come è stato celebrato recentemente dal Los Angeles Italia Film Fest, si concede poi una fortunata digressione hollywoodiana al Chinese Theatre, interpretando in maniera convincente due dei maggiori successi dell’intramontabile “The Voice” (My Way e New York, New York), omaggio a Frank Sinatra nel centenario della sua nascita.
Si conclude così il breve soggiorno losangelino dell’artista dei sensi che ritorna a New York per calcare nuovamente le scene del Met in Manon di Jules Massenet.
“Partire è un po’ come morire. È l’anima che rimane indietro, che dietro di noi resta in ogni addio”.