“Il nostro Paese non accetterà ricatti. E faremo di tutto per salvare i posti di lavoro e portare avanti il piano industriale e ambientale. Dobbiamo farlo tutti insieme, uniti e compatti”.
Il premier Giuseppe Conte è al lavoro sulla più grande vertenza industriale ed ambientale del Paese: l’acciaieria di Taranto, che è anche il complesso siderurgico più grande d’Europa.

Arcerol Mittal, la multinazionale indiana che la gestisce, ha annunciato 5mila esuberi per la mancanza di uno scudo penale. Ma a rischio ci sono circa 20mila posti tra dipendenti e indotto. Al contempo gli abitanti di Taranto, che convivono con la fabbrica dal 1961, chiedono la riconversione dello stabilimento per l’alto impatto ambientale che pagano in termini di inquinamento e aumento delle patologie tumorali. Operai che devono portare a casa lo stipendio (diritto al lavoro) e cittadini ambientalisti (diritto alla salute) sono spesso su fronti contrapposti, anche dentro le stesse famiglie. “Qui si tratta – ha detto Conte – di avere un progetto per questo stabilimento, per questa città e questa comunità”.

Il governo, depositando un ricorso per fermare il depauperamento di un asset strategico del sistema industriale , “non lascerà – dice una nota di Palazzo Chigi – che si possa deliberatamente perseguire lo spegnimento degli altiforni, il che significherebbe la fine di qualsiasi prospettiva di rilancio di questo investimento produttivo e di salvaguardia dei livelli occupazionali e la definitiva compromissione del piano di risanamento ambientale. Arcelor Mittal si sta assumendo una grandissima responsabilità, in quanto tale decisione prefigura una chiara violazione degli impegni contrattuali e un grave danno all’economia nazionale. Di questo ne risponderà in sede giudiziaria sia per ciò che riguarda il risarcimento danni, sia per ciò che riguarda il procedimento d’urgenza”.


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