Sogni, concretezza e lungimiranza. I nuovi pionieri della cultura mondiale uniscono le forze. “Immaginate che cosa potrebbe significare per un cittadino della Nuova Zelanda poter visitare da casa il proprio padiglione nazionale alla Biennale di Venezia”. S’interrogava così il presidente della Biennale, Paolo Baratta, durante l’inaugurazione dello spazio dimostrativo Google Cultural Institute @ Biennale Arte 2015. “Siamo il santuario della conoscenza emotiva dove si celebra il contatto diretto tra la comunità degli artisti e i visitatori. Insieme vedono ed elaborano – ha poi proseguito Baratta – e l’incontro con Google ci mette nella condizione di ripensare a come si comunica col mondo. Da qui nasceranno nuove idee e cresceremo sempre di più”.
Curata da Okwui Enwezor, la Biennale Arte 2015 ha chiusp ufficialmente il 22 novembre. Non tutti però hanno avuto la possibilità di visitarla.
Ecco allora l’incredibile opportunità per scoprirla anche a distanza (fino al 23 gennaio 2016) sul sito del Google Cultural Institute, www.g.co/biennalearte2015, e su quello della Biennale, http://www.labiennale.org/it/arte/esposizione2015-online. Si potrà visionare una ricca selezione di opere e annessi padiglioni dei 70 Paesi partecipanti.
Chi avesse invece la possibilità di fare tappa in laguna, fino al 23 gennaio potrà raggiungere direttamente il Google Cultural Institute @ Biennale Arte 2015 presso la sede della Biennale di Ca’ Giustian (a due passi da piazza San Marco), e qui apprendere i risultati e le tecnologie utilizzate per realizzare la messa online della Mostra secondo i termini della collaborazione tra l’ente culturale veneziano e il colosso di Mountain View.
A salire subito dopo in cattedra, il Liquid Galaxy presentato per la prima volta in Italia, uno strumento composto da diversi schermi affiancati ad alta risoluzione e in grado di offrire al pubblico l’esperienza coinvolgente di una visita virtuale della Biennale Arte 2015 attraverso le oltre 80 immagini Street View realizzate nelle aree espositive interne ed esterne dei Giardini e dell’Arsenale.
Sempre in questo edificio, quattro postazioni dotate di tablet consentono di apprezzare le opere navigando gratuitamente sul web. Ciliegina sulla torta, la possibilità di utilizzare lo speciale visore Google Cardboard, che unito al proprio smartphone (sul quale dovranno essere scaricate le app da Google Play), offrirà al visitatore un incredibile tour virtuale. Nato nel 2011 per preservare e promuovere il patrimonio culturale rendendolo fruibile all’intera popolazione mondiale attraverso il costante sviluppo tecnologico, il Google Cultural Institute ha realizzato progetti in collaborazione con importanti partner italiani e internazionali tra cui musei, fondazioni, siti di interesse culturale, archivi e altre prestigiose istituzioni. A oggi il suo “patrimonio virtuale” conta più di 6 milioni di foto, video, manoscritti e altri documenti di arte, cultura e storia; oltre 1.600 mostre digitali; più di 190 mila opere d’arte disponibili sulla piattaforma Art Project di cui 130 in altissima risoluzione (Gigapixel); oltre 500.000 gallerie create dagli utenti di cui 45.000 condivise pubblicamente.
“La Biennale è l’espressione più alta dove le diverse culture si uniscono attorno a un tema” ha poi sottolineato Giorgia Abeltino, Head of Public Policy, Google Cultural Institute. Sulla stessa linea anche il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini: “La collaborazione tra La Biennale di Venezia e Google Cultural Institute conferma quanto la tecnologia sia una grande alleata della valorizzazione del patrimonio culturale, contribuendo ad abbattere le distanze e favorire il dialogo”. Così, mentre in certe zone del mondo c’è chi prova a cancellare la tracce dell’uomo nel nome della più brutale e sanguinosa intolleranza, Google e la Biennale rispondono insieme con un progetto aperto a tutto il mondo nel nome della “cultura condivisa”.