Mancano ormai pochi giorni al Joi, l’inserimento nell’orbita gioviana della sonda Nasa a forte partnership italiana. Il 4 luglio la sonda accenderà il motore principale per ‘agganciare’ l’orbita di Giove durante quello che sarà uno dei momenti più delicati della missione. Seguiranno 20 mesi di scienza ‘estrema’ condotti attorno al pianeta più grande del nostro sistema solare con i 37 flyby in programma che porteranno la sonda più vicina al Gigante di ogni altro veicolo spaziale fino ad ora.
“Il 4 luglio celebriamo la nostra indipendenza nazionale e in quello stesso giorno la Nasa cercherà di raggiungere un altro storico traguardo nel nostro sistema solare e oltre”. L’obiettivo, annunciato da Dwayne Brown in apertura della conferenza stampa Nasa, è la conquista dell’orbita del gigante Giove da parte della sonda Juno, ormai prossima alla sua destinazione.
Joi, acronimo ‘rilasciato’ proprio dall’Agenzia spaziale statunitense per indicare il Jupiter Orbit Insertion, sarà uno dei momenti più delicati e pericolosi per il veicolo. Per 35 minuti la sonda alimentata a energia solare accenderà il suo motore principale collocandosi in un’orbita polare, con un periodo di 11 giorni rispetto al pianeta gassoso.
Di lì Juno inizierà il programma esplorativo. Sono previste 37 ‘incursioni’, flyby che lo porteranno più vicino a Giove di quanto abbia mai fatto qualsiasi altro veicolo spaziale, scenderà al di sotto della coltre di nubi, sì immergerà nella magnetosfera e nelle sue aurore polari. Ciò per consentire alla sonda di misurare l’abbondanza di acqua nell’atmosfera, di studiare il movimento dei fluidi, mappare i campi gravitazionale e magnetico del pianeta, indagare sulla sua struttura interna.
“L’Italia con Asi (Agenzia spaziale italiana) e Inaf (l’Istituto nazionale di astrofisica) è partner principale della Nasa in questa missione dedicata al più grande dei pianeti del sistema solare”, spiega Enrico Flamini, chief scientist dell’Agenzia Spaziale Italiana. “A bordo della sonda due strumenti sono italiani, Kat un esperimento di radioscienza che scruterà l’interno profondo di Giove e il fondamentale Jiram, una camera ad alta risoluzione all’infrarosso che fa anche spettrometria”.
Realizzata da Finmeccanica, la Jovian Infrared Auroral Mapper è una macchina fotografica in grado di produrre sia spettri che immagini, uno strumento quindi estremamente innovativo in grado di misurare gli strati più esterni dell’atmosfera e osservare il fenomeno delle aurore gioviane.
Durante i passaggi ravvicinati, che dureranno circa un giorno terrestre, la sonda si avvicinerà a Giove all’altezza del polo nord per scendere poi rapidamente attraverso le fasce cariche di radiazioni e spingersi verso il polo sud e infine al di sotto di esso, al di là della portata dei raggi nocivi.
La fonte di potenziali problemi per la sonda potrebbe trovarsi al di sotto delle nubi gioviane dove uno strato di idrogeno ad altissima pressione agisce come conduttore elettrico. Gli scienziati ritengono che la rotazione veloce di Giove – un giorno sul pianeta dura appena 10 ore – combinata con gli effetti prodotti dall’idrogeno metallico, generi un potente campo magnetico attorno il pianeta con elettroni, protoni e ioni che viaggiano quasi alla velocità della luce.
Il risultato per un veicolo spaziale che entri in questo campo a forma di ciambella fatto di particelle ad alta energia è un incontro con l’ambiente più estremo del sistema solare. E’ stato calcolato che nel corso della vita della missione, Juno sarà esposto all’equivalente di oltre 100 milioni di radiografie dentali.
La schermature della sonda e la particolare orbita a ovale schiacciato sono state studiate dal team proprio per ridurre al minimo l’esposizione alle radiazioni e permettere al veicolo di sopravvivere il più a lungo possibile all’inospitale ambiente giovano e quindi raccogliere quante più informazioni durante la missione, la cui durata nominale è di 20 mesi.
“Con Juno tra pochi giorni, e Bepi Colombo tra un anno e mezzo – sottolinea Flamini – avremo completato il novero dei pianeti intorno a cui missioni spaziali vedono strumenti italiani a bordo. E questo è perché abbiamo una comunità scientifica, una comunità tecnologica e un’Agenzia che sono assolutamente a livello mondiale tra le migliori. E solo l’Italia, oltre naturalmente gli Stati Uniti e la Nasa, ha le capacità scientifiche e tecnologiche da poter essere presente su tutti questi pianeti e sviluppare delle tematiche scientifiche così all’avanguardia”.
ASI – L’Agenzia Spaziale Italiana è nata nel 1988, per dare un coordinamento unico agli sforzi e agli investimenti che l’Italia ha dedicato al settore fino dagli anni Sessanta.
E’ un ente pubblico nazionale, che dipende dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
In meno di due decenni si è affermata come uno dei più importanti attori mondiali sulla scena della scienza spaziale, delle tecnologie satellitari, dello sviluppo di mezzi per raggiungere ed esplorare il cosmo.
L’Italia è il terzo Paese che contribuisce maggiormente all’Agenzia Spaziale Europea, quanto a livello mondiale. Ha uno stretto e continuo rapporto di collaborazione con la Nasa, che la porta a partecipare a molte delle più interessanti missioni scientifiche degli ultimi anni.
Uno dei progetti più affascinanti è la costruzione e l’attività della Iss, la Stazione Spaziale Internazionale, dove gli astronauti italiani sono ormai di casa.
L’Asi ha dato importanti contributi all’esplorazione spaziale, costruendo strumenti scientifici che hanno viaggiato con le sonde Nasa ed Esa alla scoperta dei segreti di Marte, Giove, Saturno. E in tutte le principali missioni pianificate per i prossimi anni – da Venere alle comete, fino ai limiti estremi del nostro Sistema solare – ci sarà un pezzo di Italia.