Le sale che comporranno la nuova sezione museale dedicata a Gino Severini, saranno tre e in una di queste troverà posto una piccola ricostruzione di quello che era l’atelier dell’artista. “Quello che vogliamo fare – spiega l’architetto Mandara responsabile dell’allestimento espositivo – è ricreare non solo il percorso artistico ma anche quello umano. Vorremmo cioè far capire, a chi vi entrarà in questo nuovo spazio, com’era l’animo del grande Severini, in più posso dire che questa sarà un’area museale diffusa, nel senso che indicheremo anche tutta una serie di percorsi da fare per ritrovare anche a Cortona le tracce del grande pittore. Le sue opere infatti, non sono solo qui al Maec ma anche al Diocesano e in alcune strade cittadine. A ciò uniremo e indicheremo anche i luoghi cari al pittore come la casa natale, il bar Signorelli dove amava intrattenersi con i cortonesi, il Parterre dove faceva lunghe passeggiate ed altro ancora”.
 
La presentazione del nuovo spazio dedicato al cubista e futurista cortonese nato nel 1883 si è svolto alla presenza della figlia dell’artista, Romana.
 Il vice lucumone dell’accademia Etrusca, Paolo Bruschetti ha ripercorso quelle che sono state le tappe salienti che hanno portanto alla realizzazione della sezione severiniana nel museo toscano, partita con una sala che poi è arrivata a due grazie a donazioni fatte dalla famiglia di Severini e infine passate a tre, grazie ad altri lasciti, come quelli fatti da Romana Severini (in particolare le opere donate  sono: Giano Bifronte, tutta una serie di disegni e bozze della Via Crucis, un costume di Pulcinella e uno di Arlecchino con relativi cappelli, due vasi e un piatto dipinti) e Carlo Pavolini. 
 
L’assessore comunale alla Cultura Albano Ricci ha illustrato la figura dell’artista cortonese e i sui legami con la città e i suoi abitanti, ha aggiunto che l’operazione attuale sarà continuativa, nel senso che proseguirà la collaborazione sia con la famiglia Severini, per sviluppare altri aspetti di Gino, sia con l’archivio Nino Franchina che raccoglie i lavori del genero di Gino nonchè noto scultore del ferro, visto che c’è anche l’intenzione di dedicare uno spazio museale anche alle opere di scultura.
 “Cortona – ha detto – ha rappresentato sempre per Gino Severini un luogo di riferimento fondamentale per tutta la sua vita. Le tante pagine dedicate alla sua città nel volume di memorie ne sono la traccia immateriale, mentre quella materiale e artistica è segnata dai numerosi capolavori che costellano alcuni dei luoghi più significativi di Cortona dalla Chiesa di San Marco alla Cattedrale, alla via Crucis”. 
 
Le sale Severini del Maec, Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, ripercorrono con opere, immagini e testi il legame fra la città natale e il più internazionale dei suoi cittadini. L’allestimento restituisce con immediatezza e vivacità il mondo privato e degli affetti familiari che sempre pervasero i capolavori del futurista e di cui la straordinaria “Maternità” del 1916 è l’esempio più noto. L’opera, che ritrae moglie e figlio, per motivi affettivi è sempre rimasta nella proprietà dell’artista sino a giungere nella sala a lui intestata nel museo del paese natale.
 
Gli oggetti del suo atelier, immortalati in decine di splendide nature morte, la tavolozza, gli appunti, i costumi delle sue Maschere della Commedia dell’arte, fanno da contrappunto alle opere esposte e guidano il visitatore alla conoscenza della dimensione più intima e privata del suo mondo d’artista.
Romana Severini, con molta emozione, ha raccontato alcuni particolari della vita del padre e al tempo stesso ha ringraziato i cortonesi per il ricordo vivo che ancora mantengono nel ricordare l’artista avanguardista.
 
Lo ha fatto anche con un filmato in cui sono emersi alcuni aneddoti della vita artistica e familiare del padre, perchè le due mai si scindevano, come il modo che Severini aveva per realizzare alcune opere, ad esempio le nature morte, per le quali usava oggetti vari fra cui anche alcuni vivi come un piccione, chiamato Cru-Cru, e che viveva nella loro casa, oppure un pesce che sistematicamente faceva acquistare dalla moglie al mercato e sempre di una certa misura. 
Anche da questi frammenti di memoria si evince di quanto e come si vivesse armonicamente in casa Severini, dove l’arte era parte integrante dello scadere dei minuti di un nucleo ben assortito di persone. Romana ha ricordato il futurista Umberto Boccioni perchè grande amico del padre, al quale il pittore perdonava tutto, e come ogni domenica andasse a trovare Henri Matisse, esponente di maggior spicco della corrente dei Fauves, per ammirare le sue nuove opere e così via con altri artisti perchè fra loro non esisteva invidia. 
Sempre Romana ha ricordato il “no” che il padre disse a Mussolini quando gli chiese di lasciare Parigi per ritornare in Italia e lavorare per lui.
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