Il morso, con cui un leone dalla folta criniera afferra sul dorso un cavallo, non lacera ma sembra sollevare la pelle di pietra bianca. E la vittima, che segue l’assalto in un dolore composto, è piegata dalla forza massiccia e selvaggia del felino. L’opera di età ellenistica, simbolo del potere romano, è a Los Angeles. Davanti al “Leone che attacca il cavallo”, a sottolineare l’importanza dell’operazione culturale internazionale, il sindaco di Roma Gianni Alemanno.
 
Sicuramente chi l’ha scolpita non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe stata esposta qui.
È un’operazione incredibile. È la prima volta che questa statua, proveniente dalla Magna Grecia, esce da Roma dopo 1700 anni. Ma la cosa più importante è che è stata riportata al suo splendore originario con un restauro magnifico.
 
Restauro che ha avuto i suoi costi.
È costato 50mila euro ed è stato in buona parte finanziato dai Cavalieri di Colombo con cui stiamo facendo il percorso culturale “The Dream of Rome”, con cui portiamo delle opere d’arte romane negli Usa, prima a Washington poi a New York e ora a Los Angeles.
 
Portandole fuori dal loro contesto sembra di privarle della loro storia. Invece è un modo per farle conoscere.
Sì, i turisti che vengono a Roma stanno due giorni, massimo tre, e vedono pochi monumenti, quelli più famosi: il Colosseo, la Fontana di Trevi, San Pietro. In realtà Roma ha un patrimonio culturale, storico e artistico molto più vasto e merita una conoscenza molto più approfondita. Far conoscere queste opere significa far vedere concretamente quale ricchezza c’è nella nostra città.
 
Ricchezza che però noi italiani spesso mettiamo un po’ negli angoli. Il grande pubblico non ha visto questa statua per 87 anni.
Dal 1926 era considerata solo come decorazione di una fontana, in un giardino lontano dal cuore del Campidoglio, dove si trovava originariamente. Ora grazie al Getty Museum è stata riportata al suo splendore e quando tornerà a Roma sarà riportata al centro dei Musei Capitolini e trattata con tutti gli onori.
 
Quindi la collaborazione non terminerà.
Abbiamo firmato un protocollo per una collaborazione stabile, uno scambio di opere e un ponte tra Roma e Los Angeles, tra i Musei Capitolini e il Getty Museum. Il prestito è alla base di un accordo tra la Sovraintendenza di Roma Capitale e il Getty, che nei prossimi mesi finanzierà il restauro della collezione Castellani ai Capitolini. Siamo fieri di avere partner di questo livello. Per noi è motivo di orgoglio collaborare con questo museo, certi che anche noi siamo in grado di apportare non solo il nostro immenso patrimonio culturale ma anche la nostra professionalità, le nostre competenze, la nostra passione.

Il console generale Giuseppe Perrone e il sindaco di Roma Gianni Alemanno

 
“The Dream of Rome” ha esordito l’anno scorso con il prestito della Venere Capitolina a Washington, seguita dalla Medusa del Bernini esposta alla Legion of Honour of De Young Museum di San Francisco. Quasi un milione di visitatori. A rimarcare l’importanza del lavoro congiunto tra i due musei anche il Console Generale d’Italia a Los Angeles Giuseppe Perrone.
 
Quanto importante è questa collaborazione?
È stato firmato un documento fondamentale che apre la strada a una serie di collaborazioni. Questo prestito è solo l’inizio. Una serie di attività regolate da questo accordo faranno sì che queste due grandi istituzioni internazionali, i Musei Capitolini e il Getty Museum, collaborino su specifici progetti che faranno conoscere sempre di più la gloriosa tradizione culturale di Roma, che il sindaco Alemanno è venuto qui a rappresentare.
 
È curioso che per vedere statue antiche non si debba andare necessariamente dove “abitano”.
Lo scopo di questi accordi è che possano fruire di queste grandi opere d’arte anche persone che vivono in posti lontanissimi come è la California rispetto a Roma. Collaborazioni come queste, tra grandi realtà metropolitane, permettono a tutti di fruire della cultura dell’altro e di arricchirsi vicendevolmente anche a migliaia di km di distanza.
 
Nella didascalia all’opera c’è scritto che divenne trofeo romano e poi simbolo di giustizia.
L’opera è molto evocativa. Vuole simboleggiare il potere di Roma e poi il trionfo della giustizia. Ha un valore, un messaggio etico da comunicare a chi la visiona. Ma non appena la guardi, la osservi, la ammiri, resti impressionato dalla potenza che suscita, innanzitutto da un punto di vista emotivo.
 
Il Getty Museum è un’istituzione che dà ampio spazio all’arte romana.
Strumenti come l’accordo appena firmato fanno seguito ad altri con le istituzioni italiane e perseguono proprio lo scopo di rafforzare gli scambi culturali. Fanno sì che il Getty, che proprio della cultura romana ha fatto una ragion d’essere, presenti sempre di più al proprio pubblico, che è di grande livello e molto assetato di cultura italiana, il nostro ricchissimo patrimonio artistico così che abbia sempre di più la possibilità di godere delle più alte espressioni culturali di questo grande popolo che è l’Italia.

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