Atterraggio a Roma. Raccordo anulare e autostrada A25 con uscita al casello di Sulmona-Pratola. Poi strada statale 5 in direzione Castelvecchio Subequo. Ci vogliono meno di due ore per lasciare la babele umana di un aeroporto internazionale e immergersi nel paesaggio intriso di verde accompagnato dai rumori della Natura e per abbracciare un angolo di straordinaria storia di un’Italia considerata a torto “minore”. 
Castelvecchio Subequo merita attenzione già nella toponomastica. Con i suoi mille e oltre abitanti fa parte della Comunità montana sirentina e deve il suo nome ai Peligni Superequani, capaci di costruire un insediamento di pari importanza a quelli di Sulmo e Corfinium. 
 
L’antico pago degli italici che abitavano la bellissima valle, dopo la fine delle guerre sociali venne rimpiazzato dal Municipium romano retto dai duoviri (amministratori locali di Superaequum) per poi scomparire nelle nebbie del tempo e lasciare il passo all’agglomerato medioevale. Le testimonianze archeologiche sono numerose e relative ad epoca peligna, romana e paleocristiana come pavimenti musivi, un tempio dedicato ad Ercole, terme, resti di acquedotti e di fortificazioni, oltre ad innumerevoli reperti scultorei, monete, anfore e gioielli ed il cimitero catacombale del IV secolo. 
 
L’età longobarda (che in Abruzzo assunse molta importanza) trasformò l’originario  borgo Onuffolo o Nuffoli, ma in età normanna l’agglomerato urbano prese l’appellativo di Castelvetere. Il paese fu feudo dei Conti di Celano, e tornato al definitivo nome di Castelvecchio (1484) divenne proprietà dei Piccolomini, dei Colonna (1633), dei Baroni Pietropaoli (1712), dei Colabattista e del Principe Urbano Barberini (1789). La straordinaria ricchezza storica non è sfiorita con il trascorrere dei secoli. 
Gemellato in virtù della comune tradizione conventuale francescana con Dorgali (Nuoro), Castelvecchio sorge ai piedi del monte Sirente e presenta nella parte più alta il Palazzo Castellato. Il borgo è adagiato su uno sperone di roccia ed è un centro di piccole dimensioni, ma raccoglie in sé tanti elementi di importanza storica, artistica e culturale nonché un notevole patrimonio di monumenti rinascimentali e barocchi oltre a emergenze archeologiche. 
 
Arrivando oggi nel paese sulla strada che attraversa le Gole di S.Venanzio, è impossibile sfuggire allo straordinario complesso monumentale Francescano costituito da chiesa, convento e chiostro. E quella del Santo di Assisi è una storia nella storia, per il borgo di radici peligne. La costruzione del convento è correlata alla presenza del Santo nell’area tra il 1216 e il 1222  grazie all’ospitalità che i Conti di Celano gli offrirono nel loro castello; durante il periodo trascorso a Castelvecchio Subequo San Francesco ricevette in dono dai Conti la chiesa di Santa Maria piè di Potano oltre che  terreni in Castello Vetulo. Tra il 1221 e il 1261 intorno a S. Maria fu costruito il primo nucleo del futuro convento. 
Sei anni dopo il vescovo di Sulmona permise la costruzione di una chiesa più grande e il completamento del convento. La nuova chiesa (bellissimo esempio di architettura religiosa francescana trinavata) fu consacrata nel 1288 per poi essere radicalmente trasformata nel 1647. All’interno della chiesa si possono osservare rari e pregevoli affreschi trecenteschi di scuola giottesca che illustrano, con una sequenza di riquadri, gli episodi salienti della vita del santo.  Il complesso conventuale di S. Francesco è ancora oggi meta di pellegrinaggi il 28 agosto, giorno della Perdonanza Celestiniana, in memoria del passaggio (1298) e del miracolo che fece Piero del Morrone diretto a L’Aquila per diventare Papa Celestino V.   
 
VALLE IMMERSA NELLA STORIA – I borghi medievali di  Gagliano Aterno, Secinaro, Fontecchio, Tione degli Abruzzi, Acciano, Fagnano Alto, Molina Aterno, Castelvecchio Subequo, Castel di Ieri e Goriano Sicolide limitano il territorio della Valle Subequana, che al suo interno annovera due importanti vette: il Monte Sirente (2349 metri) e il Monte Urano. Il vasto territorio prevalentemente collinare è solcato dal fiume Aterno e si trova all’interno del Parco regionale Naturale Sirente-Velino. Ricchissima di testimonianze italiche, romane e medievali, la valle Subequana vanta un’altrettanta opulenza religiosa.  Quasi ogni borgo  possiede un proprio luogo di culto legato alla presenza di tre personaggi chiave del Cristianesimo che furono di passaggio nel territorio: San Francesco, fra’ Pietro Angelerio (meglio noto come papa Celestino V) e Sant’Erasmo  martire. Numerosi furono i santuari eretti in onore di questi tre personaggi che lasciarono una traccia notevole nelle genti del luogo.
 
Trekking e mountain bike rappresentano due ottime alternative per gustare al meglio lo straordinario paesaggio della valle. Fascino particolare assume però l’escursione a cavallo lungo i sentieri della vallata. L’Ente del Parco Regionale Sirente Velino ha istituito un’ippovia, una rete di sentieri che si diramano lungo tutto il territorio da poter percorrere a piedi e a cavallo. L’appuntamento clou dell’estate subequana coincide con la festività aquilana della Perdonanza Celestiniana. 
 
Nell’ultima settimana di agosto si ripercorre l’intero viaggio fatto da Papa Celestino V dall’Eremo di Sant’ Onofrio al Morrone fino alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio  di L’Aquila.  Il “Cammino del Perdono” inizia dal Morrone, Sulmona, Pratola Peligna, Raiano, Goriano Sicoli, Castel di Ieri, Acciano quindi verso L’Aquila, dove fu incoronato Papa.  Per i fedeli e i turisti del XXI Secolo il Cammino del Perdono non preclude alla degustazione di vari prodotti  della zona. 
 
L’abitudine della transumanza verticale verso l’altopiano delle Rocche ha generato una produzione di formaggi di malga che si esprime tuttora soprattutto nei pecorini. Ridotte ai minimi termini le colture cerealicole e l’attività molitoria (ne resta traccia nel toponimo Molina Aterno), il prodotto vegetale più caratteristico della zona è lo zafferano, coltivato tradizionalmente sull’altopiano di Navelli (fuori parco) ma anche nella Valle Subequana, dove il Crocus sativus ha trovato condizioni ideali di sviluppo nel clima rigido e secco. Nei boschi abbondano i tartufi neri, estivi e invernali, e la ricchezza di fiori rende particolarmente interessante la produzione di miele.
 

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