L’11 febbraio della Chiesa cattolica: Benedetto XVI lascia il Pontificato – Prima volta nella storia moderna, la settima in duemila anni

“Lascio per il bene della Chiesa”. Improvviso, inaspettato, sorprendente. L’annuncio in latino di Papa Benedetto XVI ha fatto il giro del mondo, del web, delle televisioni e dei giornali “come un fulmine a ciel sereno”. Con la stessa velocità e lo stesso carico emozionale, tra incredulità e stupore, con cui il suo “lascio” è stato appreso dai cardinali, direttamente dalla voce del Papa, attorno alle 11.30 – 11.40 a.m., al termine dei lavori del Concistoro riunito a Roma per la canonizzazione dei Martiri di Otranto. Con la stessa viralità di quei tweet che lo hanno reso primo Pontefice a cinguettare messaggi ai fedeli. La notizia, una cesura, una specie di 11 febbraio nella storia della Chiesa cattolica, è rimbalzata in tutte le lingue, da un’edizione straordinaria all’altra dei telegiornali, dagli Usa al mondo arabo, fra anglicani e ortodossi, copti, ebrei e islamici. 

Ma il suo primo tweet da pastore telematico, al passo con i tempi della moderna comunicazione, non è il solo motivo che lo rendono Papa “storico”, dopo il carisma rivoluzionario del predecessore che ha personalmente beatificato il 2 maggio 2011, Giovanni Paolo II.
 
È proprio questo annuncio “dimissionario” a essere epocale. Per la prima volta nei tempi moderni, si attenderà la fumata bianca del successore al Soglio di Pietro con un ex Papa ancora in vita. Non solo. Nella continuità bimillenaria della Chiesa è successo solo altre sei volte che un Pontefice abbia rimesso il mandato, ma erano decisamente altri tempi: c’era chi vendeva la carica, si era incoronati e c’erano tre Papi che “regnavano” contemporaneamente. Fra i precedenti, il più famoso grazie ai versi di Dante Alighieri, fu l’eremita molisano Pietro da Morrone, divenuto Celestino V, “colui che fece per viltade il gran rifiuto”, come nella Divina Commedia si legge nel III canto del-l’Inferno. Lasciò l’incarico pontificio dopo soli 4 mesi ma accadde 719 anni fa, nel 1294. 
 
Per Ratzinger, dopo più di sette anni di mandato petrino e viaggi apostolici in 21 Paesi del mondo, non si tratta di una scelta improvvisa, ma di una decisione meditata negli ultimi mesi, come confermato dal fratello Georg, anche lui sacerdote e più grande di 3 anni: sente il peso dell’età, io lo sapevo da tempo, ha detto.
 
L’annuncio del Papa teologo è perfettamente in linea con il diritto canonico che prevede le “dimissioni” con dichiarazione pubblica (come è il contesto del Concistoro) e per libera e personale volontà (come ha puntualizzato) ma rispecchia anche, coerentemente, quanto dichiarato nel libro-intervista “Luce del Mondo” del 2010, risultato senza censure di 6 ore di conversazione con Peter Seewald. Lì Ratzinger avallava il “dovere” di lasciare il magistero nel caso in cui sia chiara la consapevolezza di non essere più in grado, fisicamente e mentalmente, di sostenerne l’onere, precisando che lo si può fare soltanto in un momento di serenità, non di pericolo grande per la Chiesa, perchè non si può scappare di fronte alle difficoltà. 
 
La sua comunque, come è stato subito notato, è stata una scelta tanto inaspettata quanto contraria, ribaltata, rispetto a quella di Giovanni Paolo II che viceversa ha voluto vivere pubblicamente la malattia condividendo la perdita delle forze fino alla morte. 
 
Con precisione, nel suo messaggio, Benedetto XVI ha indicato la fine del suo mandato. 
Il compito ecclesiastico del 265° Papa cesserà alle ore 8 p.m. del 28 febbraio. Per cui, subito dopo, inizierà quella fase di vacanza in cui si terrà il Conclave, l’assemblea dei cardinali di tutto il mondo che eleggerà in nuovo Santo Padre e a cui Joseph Aloisius Ratzinger, 86 anni il 16 aprile (è nato nel 1927 ed è Papa dal 19 aprile 2005) non parteciperà per limiti di età. 
 
La stessa età all’origine della scelta: “Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede – ha spiegato in latino – per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo – ha detto sostenendo una scelta che indubbiamente comporta una prepotente e rivoluzionaria responsabilità nei confronti della Chiesa – ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro”.
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