“Iste est quem tibi promiseram locus” ovvero “Questo è il luogo che ti avevo promesso”.
 
Sono le parole rivolte dalla Madonna a San Tommaso di Moriana, restauratore di Farfa, per indicargli il luogo dove erano le rovine dell’Abbazia distrutta, ricostruita poi dal santo, il luogo dell’attuale monastero benedettino di Sabina, in provincia di Rieti.
 
L’Abbazia di Farfa è uno dei monumenti più insigni del Medioevo europeo. Ebbe il patrocinio di Carlo Magno e possedette, nel periodo di massimo splendore, una vastissima porzione dell’Italia centrale. Con le donazioni  poi, Farfa divenne un piccolo stato autonomo tra il patrimonio di San Pietro e il Ducato longobardo. Nel 774 l’abate sabino Probato, governatore dell’abbazia, ne modificò la linea politica, schierandosi dalla parte dei Franchi, e quindi del Papato, nella guerra tra Longobardi e Franchi. L’anno dopo Carlo Magno concedeva a Farfa il privilegio di autonomia da ogni potere civile o religioso: di qui il suo splendore, la sua ricchezza. L’origine dell’abbazia è ancora incerta, anche se i più recenti scavi archeologici hanno appurato l’esistenza di un complesso del periodo romano sotto l’attuale badia. 
 
Secondo una leggenda, nel VII secolo, Tommaso di Moriana che viveva a Gerusalemme, a seguito di una visione della Madonna, esortato a cercare in Sabina i resti di una basilica a lei dedicata, riedificò l’opera costruita dal vescovo Siro e rifondò la comunità, che, svincolata dal controllo pontificio, divenne uno dei centri più conosciuti e prestigiosi dell’Europa medievale. Carlo Magno stesso, poche settimane prima di essere incoronato in Campidoglio, visitò l’abbazia e vi sostò. 
 
Visitiamo il complesso. 
Attraverso un portale romanico del 1300 si accede ad un cortile sullo sfondo del quale si apre la Chiesa abbaziale consacrata alla Vergine, del XV secolo. Nelle mura della chiesa vi sono frammenti di sarcofaghi paleocristiani. L’interno della basilica è a tre navate divise da due filari di eleganti colonne joniche. Sulla parete di fondo un grande olio su muro con il Giudizio Universale dipinto nel 1561 dal fiammingo Henrik van der Broek. Affreschi del 1500 e 1600 con Storie della Vergine, Santi e Storie bibliche decorano l’abside e le navate minori. Nella prima cappella a destra una Crocifissione, nella seconda una Madonna col Bambino e due Angeli detta Madonna di Farfa, ricoperta da una lamina d’ottone sbalzata che lascia visibili solo i volti. 
 
Presso la porta della Basilica, nel transetto e nell’abside interessanti resti: un altare di epoca carolingia e un tratto di parete affrescata. Nelle tre cappelle opere di Orazio Gentileschi e dei suoi allievi. Nel soffitto del transetto e nel coro vi sono le poco consuete, per un luogo sacro, opere grottesche della scuola degli Zuccari.
Da visitare la cripta con un bellissimo sarcofago romano con scena di battaglia fra Romani e Barbari, la torre campanaria, il chiostrino longobardo e il chiostro grande con sculture ed epigrafi romane. Da qui si passa nell’attuale biblioteca dotata di oltre 45.000 volumi, dove si trovano alcuni pregevoli codici ed incunaboli. 
 
Usciti dall’abbazia, si può visitare il villaggetto con case a schiera di eguale altezza. Un tempo, queste casette, durante le grandi fiere di aprile e settembre, venivano affittate dai monaci ai commercianti più ricchi.
 

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