Si sente dire spesso che gli italiani sono grandi risparmiatori. Da decenni ormai, ad ogni crisi finanziaria del Paese, la prima paura è quella del prelievo forzoso, poiché il governo pensa di trovare nei risparmi degli italiani un ricco bottino.
 
Poi, a non rassicurare gli italiani sono gli economisti del nord Europa, in primis Peter Jungen, economista-imprenditore tedesco e membro del consiglio d’amministrazione della Deutsche Bank, che da tempo supplica i Paesi del sud Europa di utilizzare i loro risparmi per salvare i loro governi in crisi. 
Ma se le cassaforti delle banche italiane sono piene di soldi dei risparmiatori, perché le aziende italiane non trovano credito? Alle banche conviene davvero tenere questi soldi sotto chiave?
  È dal 2003 che i risparmi degli italiani diminuiscono di anno in anno

  È dal 2003 che i risparmi degli italiani diminuiscono di anno in anno

Si potrebbe pensare che i soldi gravitino verso i titoli di Stato, visto che il loro tasso d’interesse è più alto di quanto viene applicato alle aziende con simili ri-schi. Ma se questa spiegazione fosse accurata, le banche correrebbero a comperare titoli di Stato e l’aumentata richiesta stabilizzerebbe i tassi d’interesse dei medesimi titoli senza bisogno di una manovra fiscale. La spiegazione è più semplice di quanto si creda, seppur sia preoccupante. 
 
I Paesi del sud Europa, Italia compresa, hanno visto una riduzione drastica dei risparmi durante la crisi. Tempo fa i risparmi erano cospicui, ma oggi molta gente deve spendere i propri risparmi per poter andare avanti. L’unica distinzione dell’Italia in questo contesto, è che i risparmi dei suoi cittadini non sono ancora esauriti. Ma visto che il nostro è l’unico Paese dell’eurozona in cui la ripresa non è già cominciata, chissà quanto questi risparmi dureranno ancora.
 
I dati preoccupanti sono facili da trovare. Solo alcuni esperti stranieri sembrano interessati a documentare il declino degli italiani “risparmiatori,” mentre i giornali italiani si limitano a commentare come se la situazione fosse sempre sotto controllo. 
 
Il “Wall Street Journal” ad esempio, commentava il declino dei risparmi italiani giá nell’ottobre 2012. Ancora prima, uno studio rilasciato nel marzo 2012 dal fondo d’investimento francese Natixis, documentava con precisione le variazioni nel risparmio dei Paesi europei. Ebbene, l’ultimo anno in cui l’Italia è stata prima in Europa per il risparmio in proporzione al Pil era nel lontano 2006. 
 
Ed è dal 2003 che la porzione di soldi messi da parte dagli italiani diminuisce di anno in anno, fino al 2010, quando si registra l’impennata verso il basso. Oggi solo le famiglie spagnole risparmiano meno. Anzi, guardando i risparmi in proporzione al Pil, la Spagna ci supera addirittura.
 
E qui ritorniamo alla critica del settimanale “Economist”: sono vent’anni che l’Italia è in una specie di stasi. Dal 1999, l’investimento complessivo in Italia è fermo al 25% del Pil. È cresciuto quasi impercettibilmente di anno in anno fino al 2007, e poi è di nuovo calato, ma sempre stabilizzandosi al 25%. Quello che si avverte adesso non è un “blocco” del credito, ma un’invariazione del credito. 
 
In passato, le aziende campavano senza dover fare tanti debiti e il nostro livello di investimenti era sufficente, se non stimolato addirittura da capitali provenienti dall’estero, soprattutto dall’eurozona. A quei tempi il livello di investimenti in Italia era superiore a quello francese e tedesco, poiché agli investitori stranieri conveniva investire qui, dove i tassi d’interesse sono storicamente più alti. Gli investimenti in Italia sono quindi più determinati dalla fiducia che ispiriamo che dal reinvestimento di risparmi.
 
Nel febbraio 2013 la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio sull’effetto della crisi sui risparmi italiani, confermando che, al giorno d’oggi, la propensione al risparmio in Italia è inferiore a tutti tranne Usa e Gran Bretagna. E gli spendaccioni anglofoni hanno incrementato il loro risparmio durante la crisi. Gli italiani invece no, proprio perché chi ha perso il lavoro o ha subito una diminuzione dello stipendo si trova ad andare a pescare sempre più frequentemente nei risparmi, tanto che al giorno d’oggi, tante famiglie non riescono a risparmiare più nulla.
 
L’Italia, però, supera gli altri Paesi nel vago indice della “ricchezza netta,” che è misurata in rapporto al reddito disponibile. Il numero è alto semplicemente perché in Italia, il reddito disponibile è bassissimo. Infatti, questa non è una statistica di cui vantarsi, però, per il suo nome attraente, viene spesso strombettata trionfalmente, senza afferrarne il vero significato.
 
Meno prominenti, ma comunque preoccupanti, sono i punti in cui il documento della Banca d’Italia nota che varie agenzie dello Stato forniscono dati contraddittori, poiché i metodi di analisi adottati sono diversi tra di loro. Insomma, è possibile che le caratteristiche del risparmio in Italia non si capiscano bene solo perché non c’è qualcuno in grado di spiegarle adeguatamente.

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