Dopo aver debuttato ai Festival di Toronto e Roma nel 2013, il film “Il Sud è Niente” del regista Fabio Mollo sta continuando il giro del mondo di importanti festival nel 2014 passando per Berlino, Tokio, Barcellona, e da poco dal Festival Internazionale di San Francisco.
 
La risposta e l’interesse del pubblico della Bay Area verso l’opera prima del giovane regista italiano è stata grande, grazie alla prospettiva originale offerta dal suo film sul sud Italia, attraverso gli occhi di una generazione che incarna nuovi sentimenti e un’emozione mai visti prima.
 
Un film con una storia molto locale, ambientato a Reggio Calabria, ma che è riuscito a viaggiare emotivamente raggiungendo un pubblico molto diverso.
 
Cosa vuole significare il titolo del film “Il Sud è Niente”?

  Il regista Fabio Mollo allo scorso Festival del Cinema a Roma

  Il regista Fabio Mollo allo scorso Festival del Cinema a Roma

 

 
Il titolo è importante in quanto noi ragazzi del sud siamo cresciuti per intere generazioni credendo che questo sud non sia niente, che non valga la pena cambiarlo, invece le nuove generazioni stanno crescendo con una rabbia diversa, vogliono restare per provare a cambiarlo.
 
Quindi con il titolo voglio provocare, usando una frase che è un po’ il manifesto di questa mentalità di rassegnazione e sconfitta, che ha caratterizzato intere generazioni del sud per tanti anni, le quali non hanno fatto altro che emigrare.
 
A tuo parere, quale aspetto del film colpisce maggiormente il pubblico?
È un film ambientato in sud Italia, ma è lontano dagli stereotipi legati al meridione, osservando la realtà con uno sguardo che è stato definito ‘fresco’.
Mi sono accorto che c’è grande attenzione nei confronti del nuovo cinema italiano, sia per i nuovi film che per i nuovi registi.
Il fatto di contaminare la tradizione italiana del neorealismo con uno stile più moderno, mescolando realismo magico alla tradizione realistica del cinema è un elemento che nel film ha funzionato.
 
Colpisce molto anche il fatto di parlare della mafia da un punto di vista intimo, molto personale e privato, quello di una protagonista visivamente forte ed androgina.
La mafia può logorare la parte più intima delle persone, al di là di quello che è la ‘spettacolarizzazione della mafia’. Inoltre il silenzio e l’omertà sono aspetti presenti in tutte le società.
Oltre al Festival di Toronto, dove il film è stato accolto bene, mi ha stupito il dibattito con il pubblico a Tokio che è durato quasi un’ora.
 
Essendo nativo di Reggio Calabria, quanto di personale c’è in questo film?
Alcune cose che accadono nel film sono successe anche alla mia famiglia. Sono cresciuto proprio nel quartiere dove è stato girato il film, il quartiere di Gebbione, dove era molto difficile vivere, soprattuto negli anni ’90.
Anche se i fatti non li ho vissuti in prima persona, li ho assorbiti personalmente e ho voluto testimoniare quello che è un modo di resistere quotidiano in una realtà così difficile.
 
Come è stato accolto il film in Italia, dopo l’interesse ricevuto all’estero?
Questo film, oltre a essere un low budget, è una co-produzione francese e in Italia fare un film del genere è molto difficile. È stato possibile farlo perché la sceneggiatura era già stata selezionata ai laboratori di Cannes e di Berlino, ed è stata scritta in due mesi durante un atelier in Francia.
Quindi sono stato appoggiato prima all’estero che in Italia, e per un momento ho rischiato anche di usare il francese come lingua, ma poi abbiamo deciso di girare lo stesso con i pochi soldi che avevamo.
 
Inoltre il Festival di Toronto è stato il primo che ha selezionato il film e l’ha voluto, mi ha sorpreso che il festival più lontano rispetto all’Italia (in concomitanza con Venezia) volesse investire su un’opera prima italiana.
Quando siamo tornati al Festival di Roma abbiamo avuto però una grandissima accoglienza con una proiezione all’Auditorium di Roma pienissimo con oltre duemila persone.
Poi, quando siamo usciti al cinema, abbiamo deciso di fare l’anteprima nazionale a Reggio Calabria, e lì l’accoglienza del pubblico è stata calorosissima, come un po’ in tutto il sud Italia.
 
Data questa tua esperienza, diresti che la Francia supporta più il cinema indipendente rispetto all’Italia?
Direi che il cinema indipendente italiano è un cinema indipendente europeo. Nel senso che molto spesso si hanno delle co-produzioni fra due o tre paesi, anche i film indipendenti francesi sono co-prodotti con altri paesi. Questo è ciò che accade attualmente ed è una bella cosa che anche l’Italia riesca a fare film europei, internazionali e non solo domestici.
Detto questo, occorre anche aggiungere che Francia o Germania hanno un’industria del cinema che rischia di più sul cinema indipendente, di conseguenza anche su quello italiano.
Si sta creando non solo un’industria europea, ma una vera e propria cinematografia europea.
 
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