Erbè, comune veneto di 1.853 abitanti della provincia di Verona. 

  La Chiesa di S.Maria Novella di Erbedello a Erbè

  La Chiesa di S.Maria Novella di Erbedello a Erbè

 
Le origini di Erbè risalgono ad epoca altomedievale. In un testamento del 28 maggio 846, l’abitato di Erbè risulta menzionato come “vicus”: il che fa presupporre l’esistenza di un agglomerato consistente. Ma ci sono anche testimonianze preistoriche scoperte di recente. Si rifanno a due civiltà non molto lontane. La prima agli insediamenti palafitticoli del basso lago di Garda, dell’età del bronzo, con reperti occasionali fatti di ceramiche, ossa di animali e focolari. Forse non erano resti di popolazioni stanziali locali. Di questi insediamenti ne furono trovate tracce nel XIX secolo nella località Tremolina.
 
Il secondo insediamento, più importante, venne fatto a Castion. Un abitato simile a quelli trovati ad Este ed appartenenti alla civiltà degli antichi Veneti. Erbè fu abitato stabilmente dai longobardi, che stabilirono una minima entità amministrativa, il vicus. Probabilmente si sostituirono ai discendenti degli antichi Veneti nel controllo della zona. Da zona autonoma divenne feudo monastico nell’823, quando re Berengario I assegnò le terre all’abbazia benedettina di San Zeno. Per le dispute di confine con Mantova fu costruito un castello per difesa intorno all’anno 1000. Il feudo monastico ebbe il massimo splendore nel 1668 e durò fino al 1797 anno in cui Napoleone lo abolì incorporando parte dei domini dell’Abbazia che in parte finirono nel demanio austriaco.
 
Importante monumento è la Chiesa di Santa Maria Novella di Erbedello del IX secolo. Sorge all’interno del Parco dei due Tioni. La prima edificazione è probabilmente del IX secolo. La chiesa contiene affreschi fatti nel tempo come ex voto con una dedica particolare alla Madonna a cui è dedicata la chiesa. Due i principali eventi di comunità: la prima domenica di ottobre si tiene la Sagra della Madonna del Rosario o “Festa de l’Anara”, preceduta dalla Sagra di San Giovanni Battista che si tiene la terza o quarta domenica di giugno.
 
Fiesole, comune toscano di 14.341 abitanti della provincia di Firenze, è un’ambita meta turistica per la bellezza del paesaggio e per le sue ricchezze storiche e culturali. 

  Il teatro romano di Fiesole

  Il teatro romano di Fiesole

 
Dal IV secolo a.C. risulta una delle più importanti città etrusche alle pendici meridionali dell’Appennino Tosco-Emiliano. Fu alleata di Roma fin dal III secolo a.C. Nel 90 a.C. la città si ribellò durante la guerra sociale e fu occupata da una colonia di veterani di Silla. Nacque così ufficialmente Faesulae romana, centro della regione, che aveva un campidoglio, un foro, dei templi e un impianto termale. Oltre al Teatro, perfettamente conservato, si trovano i resti di una necropoli e di altri edifici di epoca tardo-imperiale. L’acropoli si trovava sulla sommità della collina, dove oggi si trova il convento di San Francesco.
 
La città godette di relativa prosperità fino alle invasioni barbariche. Durante la dominazione longobarda la città iniziò a subire un declino sempre più evidente, coincidente con la crescita dell’influenza economica e politica di Firenze. Fiesole divenne un luogo prediletto per la creazione di ville suburbane fin dall’edificazione della villa Medici, una delle prime in assoluto a sfruttare appieno le prerogative della magnifica vista panoramica, teorizzate da Leon Battista Alberti.
 
I Medici profusero notevoli ricchezze anche nella ricostruzione della Badia fiesolana. Dalla fine del Settecento Fiesole fu uno dei luoghi di soggiorno preferiti dagli stranieri in Italia, che acquistarono le ville già della nobiltà fiorentina, ristrutturandole e dotandole di meravigliosi giardini. Oltre a un innumerevole numero di stranieri di passaggio, la cittadina ospitò anche una nutrita comunità di cittadini nordeuropei e americani. Tra questi vanno ricordati William Spence, che visse proprio a villa Medici ospitandovi una nutrita colonia di preraffaelliti inglesi, il pittore Arnold Böcklin, che morì alla villa Bellagio, o John Temple Leader, che ricreò il sogno di un medioevo romantico al castello di Vincigliata. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu teatro dell’episodio dei Martiri di Fiesole. 
 
Genoni, comune sardo di 903 abitanti della provincia di Oristano, nella regione del Sarcidano. 

  Il nuraghe Biriu a Genoni

  Il nuraghe Biriu a Genoni

 
Il paese è dominato dal piccolo pianoro del colle di Santu Antine che si eleva sino all’altitudine di 590 metri. Sul territorio comunale sono presenti numerosi elementi d’interesse dal punto di vista naturalistico, paesaggistico ed archeologico. In località Duidduru sono stati rinvenuti fossili e formazioni geologiche risalenti al primo ciclo sedimentario del Miocene, quando la zona era occupata da fondali marini di scarsa profondità in un clima tropicale. Il sito è stato aperto al pubblico come Geopaleosito ed organizzato per le visite. I fossili ed i ritrovamenti più importanti sono stati estratti ed esposti nel Paleo Archeo Centro, situato ai piedi del colle di Santu Antine.
 
Il toponimo, pronunciato Jaròi in sardo, non è di origine certa ma la leggenda vuole che il nome derivi dalla Dea Giunone alla quale sembra fosse dedicato un tempio di epoca romana costruito sulla sommità del colle di Santu Antine. L’origine antichissima del paese è attestata dai numerosi siti archeologici presenti nel territorio. In epoca preistorica la presenza antropica è rilevata nei siti di Is Piuncheddas e Is Piuncas Mannas ma è nel nuragico che il territorio risulta massicciamente antropizzato. La posizione sopraelevata del colle di Santu Antine, su cui è adagiato il centro urbano di Genoni, ha sicuramente invitato le popolazioni, sin dai tempi più remoti, a stabilirsi in quest’area.
 
Numerosi reperti Punici, Romani e molto probabilmente anche Vandali, testimoniano che queste popolazioni scelsero di abitare sia la Giara che il colle di Santu Antine. Sempre sulla sommità del colle di Santu Antine da segnalare le mura di una fortezza punica, le rovine di una chiesa romana dedicata a Sant’Elena e San Costantino ed un pozzo costruito in età nuragica profondo 39 metri (il più profondo in Sardegna) all’interno del quale sono stati rinvenuti interessanti reperti tra i quali un raro esemplare di argano meccanico per il sollevamento dell’acqua risalente alla dominazione Romana. 
 
 
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