“La professione del ricercatore deve tornare alla sua tradizione di ricerca per l’amore di scoprire nuove verità, poiché in tutte le direzioni siamo circondati dall’ignoto e la vocazione dell’uomo di scienza è di spostare in avanti le frontiere della nostra conoscenza in tutte le direzioni, non solo in quelle che promettono più immediati compensi o applausi”.
Queste parole di Enrico Fermi, pronunciate durante un discorso nel 1947, rispecchiano alla perfezione lo spirito dello scienziato, ma anche dell’uomo inventore del primo reattore nucleare a fissione.
Nato a Roma il 29 settembre nel 1901, dall’ispettore capo al Ministero delle Comunicazioni Alberto Fermi e dall’insegnante di scuola elementare Ida De Gattis, fin dai primi anni di vita dimostra spiccata intelligenza e attitudine nello studio delle materie scientifiche tanto che, anche a causa della prematura morte del fratello in un incidente aereo, terminerà il liceo con un anno di anticipo.
Ed è proprio durante il liceo che Enrico Fermi entra in contatto con l’ingegnere Adolfo Amideo il quale lo indirizza verso la Scuola Normale di Pisa, tutt’ora una delle più prestigiose in Italia. Per accedervi, dopo un difficile concorso su temi fisici e matematici, Enrico, a soli diciassette anni ottiene il primo posto in graduatoria e la conseguente ammissione alla facoltà.
Nel 1921, colui che sarebbe presto diventato uno dei più grandi scienziati a livello mondiale, pubblica i suoi primi due lavori sulla rivista “Nuovo Cimento” dal titolo “Sulla dinamica di un sistema rigido di cariche elettriche in modo transitorio” e “Sull’elettrostatica di un campo gravitazionale uniforme e sul pe-so delle masse elettromagnetiche”.
Fermi si laurea a soli ventuno anni il 4 luglio del 1922 e tre giorni dopo, il 7 luglio, ottiene il diploma della Scuola Normale di Pisa. Inutile dire che, in entrambi i casi, raggiunge il massimo dei voti cum laude.
I mesi successivi alla laurea li trascorre tra Germania e Olanda, precisamente a Gottinga e Leida, dove, grazie all’interazione con altri fisici quali Max Born e Paul Ehrenfest (del quale dimostrò la non validità del principio da lui studiato), Albert Einstein, Lorentz, Samuel Goudsmit e Niko Tinberg, fa fruttare le sue conoscenze.
Nel 1927, anno in cui ottiene la cattedra di fisica teorica all’Università di Roma, dà il via al gruppo che poi fu noto con il nome di “I ragazzi di via Panisperna” (dal nome della via nella quale si trovavano i laboratori) al quale partecipano Franco Rasetti, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Ettore Majorana, Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar d’Agostino. Il gruppo prosegue con i suoi famosi esperimenti fino al 1933, quando Rasetti lascia l’Italia per il Canada e poi per gli Stati Uniti, Pontecorvo va in Francia e Segrè preferisce andare a insegnare a Palermo.
Appena un anno dopo, nel 1934, grazie a un’intuizione dell’ultimo minuto, mentre aspettava i suoi studenti in laboratorio per un esperimento, Enrico Fermi giunge alla scoperta che quattro anni dopo, nel 1938, gli fa vincere il Premio Nobel: l’esperimento consisteva nel bombardare con neutroni un bersaglio costituito da un campione di argento, inserendo tra la fonte ed il bersaglio un cuneo non di piombo come era stato fatto fino ad allora ma di paraffina (ecco l’intuizione!) allo scopo di distinguere i neutroni “assorbiti” da quelli “diffusi”.
La mattina del 20 ottobre nasce così la radioattività artificiale indotta dai neutroni: l’anticamera della bomba atomica.
Un mese dopo la consegna del Premio Nobel, attribuitogli per “l’identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti”, conscio dell’esperienza che il suo collega Rasetti stava facendo a Pasadena, in California, Fermi decide di trasferirsi a New York dove la Columbia University lo invita a tenere alcune lezioni, e dove prima verifica gli esperimenti di Hahn e Strassmann sulla fissione nucleare, con l’aiuto di Dunning e Booth, e dove poi comincia la costruzione della prima pila nucleare Chicago Pile-1.
A seguito della lettera di Ein-stein del 1939 al Presidente Usa Roosvelt nella quale, di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista, veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica, la Marina americana stabilisce un fondo di seimila dollari per la Columbia University, fondo che fu incrementato per il Progetto Manhattan e per il lavoro di Fermi.
A Chigago, nei giorni seguenti alla fine della guerra in Europa, Arthur Compton, collega di Fermi, nomina un comitato al fine di prendere decisioni sull’utilizzo della bomba atomica.
La decisione fu presa al massimo livello politico, ma Fermi e gli altri leader scientifici del Progetto Manhattan, svolsero un ruolo importante nel processo decisionale: due mesi prima, nel maggio del 1945, Truman aveva creato un’apposita commissione, nota come “Interim Committee” per affrontare la questione dell’eventuale uso della bomba ato-mica che era stata messa a punto nei laboratori di Los Alamos.
L’Interim Committee fu affiancato da una commissione scientifica composta da quattro scienziati di primo piano del Progetto Manhattan: Oppenheimer, Fermi, Lawrence e Compton, che avevano la responsabilità delicatissima di dare consigli tecnici sull’uso dell’arma nucleare contro il Giappone.
Con l’attacco nucleare, si conclude l’avventura americana di Fermi che, nel 1949 e poi nel 1954 già gravemente malato torna a Como, per tenere alcune lezioni.
Il fisico italiano naturalizzato statunitense e presidente della Società Americana di fisica, muore ad appena 53 anni il 29 novembre del 1954 a Chicago ed è sepolto all’Oak Woods Cemetery.