“L’Epifania, tutte le feste porta via”. In Italia, una volta passata la ricorrenza religiosa del 6 gennaio, si usa dire così. Il popolare proverbio annuncia il ritorno alla ferialità lavorativa, dopo la pausa natalizia e i festeggiamenti di capodanno, con una coda di buone intenzioni per il nuovo anno che ci apprestiamo a vivere.
E tra i molti propositi che L’Italo-Americano si propone per il 2014, oltre a diffondere la cultura e la lingua italiana e a contribuire al consolidamento e alla crescita della comunità italiana nella West Coast, c’è anche la difesa dell’identità italiana.
Intesa tanto come tutela della produzione di qualità e di origine geografica controllata, quanto come luoghi unici e tesori inestimabili che rendono il Paese ineguagliabile per varietà patrimoniale.
Il problema è che, promozione turistica o enogastronomica a parte, troppo frequentemente non ci si rende conto che poca attenzione in più basterebbe a salvaguardarci, da consumatori e acquirenti di prodotti spacciati per italiani, dal comprare imitazioni o falsificazioni che usano il nome di specialità nazionali, ma che di italiano non hanno proprio nulla: nè il nome nè la qualità nè la lavorazione. Prodotti falsi che invadono il mercato sfruttando prezzi più bassi, che rubano terreno e mercato con nomi che echeggiano specialità tipiche.
Succede cioè che, anche per le marche alimentari, ci sono firme false ed etichette illusorie che fanno vendere come un Armani o un Valentino, un vestito confezionato in Cina o come prosciutto di Parma un salume che in realtà arriva dall’Uruguay.
L’unica difesa è la conoscenza.
Sapere cosa rende unico il patrimonio italiano e sceglierlo. La qualità ha un prezzo superiore? Forse sì, ma ci si guadagna in qualità. Allo stesso modo sapere che l’Italia primeggia per tesori artistici non basta. Bisogna conoscerli e farli conoscere. Se restano dentro un museo non trasmettono cultura, ma restano muti reperti.