Abbiamo già parlato ampiamente del Lazio, trascurando però una realtà culturale veramente interessante: l’Abbazia di Casamari, che è situata nel territorio di Veroli. È sorta nel 1035 sui resti dell’antica città romana di “Cereate Marianae” per merito di quattro sacerdoti, che formarono sul posto una comunità religiosa sotto la regola di San Benedetto. Nel 1151 passò ai cistercensi che la ricostruirono interamente in forme gotiche borgognone e ne fecero un fiorentissimo centro culturale. Decadde verso il 1430, per rifiorire con l’accettazione della regola trappista nel 1717.   Nel 1864 fu eretta in congregazione autonoma, che nel 1988 contava 19  case religiose con 220 monaci. Sul fianco meridionale della chiesa si apre un chiostro, intorno al quale si trovano gli edifici conventuali: la sala capitolare, il refettorio, le abitazioni dei monaci.
 
La chiesa, iniziata nel 1203 e consacrata da Onorio III nel 1217, ha la facciata preceduta da un atrio a tre arcate e presenta contrafforti, terminazione a timpano e una rosa. Ricchissimo è il portale mediano. 
L’interno è tipicamente borgognone e cistercense sia nell’assenza assoluta di decorazione, sia nella pianta a T con quattro cappelle quadrate sui transetti e presbiterio rettangolare, sia nell’alzato verticale, pilastri a fascio, archi acuti, volte a crociera. L’alta torre-lanterna non sorge sull’incrocio, ma in posizione anomala, sull’ultima campata. Il chiostro, quadrato, ha colonnine e capitelli assai ricchi e variati. Splendido esempio d’architettura gotica primitiva è la sala capitolare, a tre navi su pilastri polistili e volte a crociera costolonate.  Non può mancare una visita al museo archeologico in cui sono sistemati in sale appositamente allestite all’interno del monastero, numerosi reperti archeologici, quali: cippi marmorei, pezzi di pavimento a mosaico, decorazioni in stucco, monete romane, ex-voto in terracotta, tronchi di statue, vasi fittili, unguentari ed altri oggetti; rinvenuti quasi tutti in loco e le tele che, negli ultimi quattro secoli, erano state collocate nella chiesa ed in altri locali. 
 
Non lontano da Casamari, a Fiuggi, si è svolto anche quest’anno, dal 25 al 29 luglio,  il Fiuggi Family Festival, giunto alla sua V edizione. “La Fille du Puisatier”, di Daniel Auteil, ha trionfato tra i film in concorso. “In quest’opera l’arte cinematografica, utilizzata con sapienza, raffinatezza ed eleganza in ogni suo aspetto – dall’impianto produttivo al disegno perfettamente compiuto dei personaggi, interpretati superbamente dall’intero cast di attori, dalla pregevole scelta dello stile visivo e fotografico alle ambientazioni- è messa al servizio della proposta di tematiche profonde e coinvolgenti”. 
 
Questa la motivazione della giuria presieduta quest’anno dal regista Fernando Muraca che motiva così la scelta di premiare l’opera del 2011 del regista francese come migliore tra i film presentati in concorso. “Il film racconta con un notevole equilibrio tra poesia, ironia, intensità come, nonostante difficoltà e debolezze di ciascuno, sia possibile volersi bene con sincerità, e come l’amore per la vita vinca anche sulle difficoltà della guerra, delle distanze economiche, dei pregiudizi sociali”. Al centro del film di Auteil, Patricia, figlia di uno scavatore di pozzi, si innamora dell’aviatore Jacques Mazel, ma questi è costretto a partire in guerra senza sapere che la giovane donna è incinta. La giuria ha inoltre decretato due menzioni speciali, rispettivamente al film October Baby, dei fratelli Andrew e Jon Erwin, per “il coraggio e la passione con cui affronta un argomento così controverso, quale è l’accoglienza della vita alla nascita.
 
Tipica espressione della cultura pro-life statunitense, le vicende di Hannah restituiscono allo spettatore, e soprattutto ai giovani,  la bellezza e la speranza della vita, che anche quando è difficile, fragile o incerta, rimane ‘una cosa meravigliosa’. La seconda menzione è andata al film 33 Postcards di Pauline Chang, con Guy Pearce, una coproduzione Australia/Cina del 2011 presentata al Festival in anteprima europea, “per la coraggiosa intraprendenza produttiva che ha dimostrato, dialogando e collaborando con l’industria cinematografica  della Repubblica Popolare Cinese, nella proficua ricerca di un possibile percorso condiviso di progettazione, con spiccata sensibilità etica”. 
Ai due film è stato inoltre attribuito in ex-aequo il Golden Spike Award del Social World Film Festival.

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