Soffice pascolo di zoccoli. Dialoghi silenziosi immersi nel bianco. Maestosità dolomitiche. Sulla neve poco distante, chiassosi “branchi umani” sfrecciano lungo le piste da sci. A tu per tu con la natura nel cuore dell’Alta Pusteria, in Alto Adige, sui Prati della Croda Rossa (a 1924 metri), insieme a un branco di docili renne.

Attraversato tutto il Comelico bellunese e superato anche Passo Monte Croce (1636 metri sul livello del mare) sul confine tra Veneto e Trentino-Alto Adige, entro nella Provincia autonoma di Bolzano. Dopo pochi minuti lungo la Strada Statale 52 Carnica, poco prima di raggiungere la piccola frazione di Moso (Moos in tedesco), svolto a sinistra per poi abbandonare le quattro ruote e salire in quota con la pratica cabinovia, risparmiandomi un dislivello di 600 metri. Affascinante d’estate, improbabile d’inverno. 

Qualche brivido a ogni passaggio di pilone (in scala molto ridotta ma davvero simile a un vuoto d’aria d’aereo) mi fa guadagnare l’amicizia di un turista transalpino che gentilmente mi offre un corroborante pezzo di cioccolata. Si continua a salire passando dai 1300 metri circa della Val di Sesto agli oltre 1900 del Rifugio della Croda Rossa. Sotto e davanti a me intanto, solo bosco e montagne traboccanti di neve.
Oggi paradisi turistici e oasi di pace, un tempo teatri di guerra. La Strada degli Alpini comincia proprio da queste parti. Durante la I Guerra Mondiale, italiani e austriaci si combatterono senza esclusione di colpi.
Smonto finalmente sotto la Croda Rossa ancora un po’ contratto ma è solo un attimo passeggero. La vista di un branco di renne mi sbalza in una dimensione parallela. Pascolano placide. Alcune se ne stanno sedute a riposare sulla neve fra lo sguardo esterrefatto dei più piccini.

Incuriosito da queste magnifiche bestie della famiglia dei Cervidi, inizio a girare intorno provando a chiamarle e catturare così la loro attenzione. Alcuni esemplari sono bianchi, altri più castani e altri ancora misti. C’è chi sonnecchia, chi si fa carezzare e chi si va a sgranchire gli zoccoli. A differenza del cervo, anche le femmine di questa specie possiedono corna, più correttamente chiamate “palchi”.
Dopo una serie infinita di non so quanti scatti, qualcuna di loro ricambia lo sguardo e mi fissa. Chissà a cosa starà pensando. Sarà lusingata o penserà “Ecco il solito turista rompiscatole”?

Procedo defilato e avanzo a fatica su di un ampio spazio, incontrando qualche renna in libera uscita. Forse adesso sembriamo più simili di quanto non lo fossimo all’inizio. Nessuno di noi ha “quelle strane e lunghe cose ai piedi” con cui gli umani scivolano sulla neve. Passa una slitta trainata da una renna con un paio di bambini che sorridono festanti. Faccio qualche metro ancora e vedo un altro esemplare bianco-maculato. Solo. A pochi metri dal bosco. Si accorge della mia presenza. Restiamo a fissarci per almeno un paio di minuti abbondanti. Occhiate d’intesa e rispetto, poi ognuno riprende il suo cammino.

Io scelgo quello della cucina sudtirolese, al calduccio nel Rifugio della Croda Rossa. Un trionfo di sapori scandito da soffici canederli, spezzatino con polenta, strudel di mele e torta al grano saraceno.
Spazzolata anche l’ultima briciola di dolce, la strada del ritorno mi chiama a gran voce. Niente modernità questa volta ma un’immersione sincera e incontrastata nel soffice manto di Madre Natura. Bastano pochi secondi e ora i miei passi si fanno raminghi narratori. Superata una prima parte di salita, il resto è tutta discesa. Morbide curve glaciali rivestono il bosco. La neve sul sentiero è dura (volendo si potrebbe anche sciare ma non c’è quasi nessuno). C’è silenzio. Solo io e il bosco. Un po’ viaggio Londoniano alla Il richiamo della foresta (1903). Un po’ il mondo selvaggio di Jim Jarmusch nel poetico Dead Man (1995). Un po’ la Seanpenniana solitudine esploratrice di Into the Wild (2007). Qui, adesso, sono il padrone incontrastato di un mondo che concerne solo la bellezza di ciò che è naturale.

Due esserini alla ricerca di cibo s’intrufolano nel mio campo visivo. Li osservo scomparire in una minuscola tana in mezzo al nulla. Altre orme di animali si riconoscono sulla neve più fresca.
Il cielo cambia di continuo. Minuti d’azzurro. Nuvoloni grigio-biancastri. Cade qualche fiocco. Proseguo senza regole. Lento. Immobile. Di corsa. Sospeso. Fragili stalattiti imprimono delicata potenza all’aere circostante.
Passo Monte Croce si avvicina sempre di più. Avrei voglia di costruirmi un igloo e restare qui tutta la notte. E chi vi dice che non l’abbia fatto per davvero?


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