Cultura montana. Boutique alla moda. Invoglianti pasticcerie. Crocevia culturale. Tradizione e fashion. Mosaico di antico e moderno. E poi ovviamente ci sono loro, le Dolomiti. Se la proteggono e la coccolano ogni dì. Benvenuti a Cortina d’Ampezzo (1224 metri sul livello del mare), la più rinomata meta sciistica del Veneto. Politici. Attori. Gente comune. Ci vengono tutti. I turisti di oggi condividono ogni singolo dettaglio sui social newtork ma nelle case c’è ancora quell’odore di Storia. Nella meraviglia dolomitica, Cortina è in prima fila. Un po’ come sedere al tavolo delle star alla serata degli Oscar.
Situata al centro della Valle d’Ampezzo, la cittadina bellunese giace soavemente incastonata tra il Cadore (a sud), la Val Pusteria (a nord), la Val d’Ansiei (a est) e l’Alto Agordino (a ovest). Dei 18 comuni che formano l’antica regione alpina dolomitica “Ladinia”, Cortina d’Ampezzo è il centro più importante. Arrivo nella città in una giornata quasi convinto di ritrovarmi in una “montuosa” piazza San Marco d’alta quota. Mi devo ricredere quasi subito. Cortina si presenta placida e cortese senza ostentazioni da pedigree d’alta montagna.
Nel 1956 si disputarono i primi Giochi Olimpici invernali. Quel momento fu fondamentale per la storia e il suo futuro. Il ritorno d’immagine fu notevole e da allora la sua fama crebbe in maniera esponenziale. Una località che dopo più di sessant’anni da quell’importante evento sportivo non ha mai smesso di essere un gigante. E già il pubblico appassionato sta scalpitando per godersi nel 2018 il super Gigante e la discesa libera femminile di Coppa del Mondo.
A darmi il benvenuto ci pensa una signora montagna, il Monte Faloria (2134 metri), raggiungibile in funivia. M’infilo in quella che è la strada più celebre di Cortina, Corso Italia, incominciando a “intravedere” qualcosa di più moderno. Ma è sempre la montagna a dettare le regole. E mentre cammino spedito verso la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, alle spalle dell’edificio religioso, mi appare in tutta la sua nivea bellezza il ribattezzato Re delle Dolomiti, il Monte Antelao (3264 metri), seconda cima più alta delle Dolomiti dopo la “regina” Marmolada (3343 metri).
Per citare i percorsi naturalistici, i rifugi o i comprensori sciistici, non basterebbe un intero articolo. Ogni soggetto avrebbe bisogno di un reportage approfondito. La montagna è lì, la modernità di funivie, seggiovie, cabinovie e “scarponi” fanno il resto.
A Cortina d’Ampezzo si respira sempre aria di Storia. Tra i monumenti più evocativi, quello in memoria di Antonio Cantore (1860-1915), generale, eroe di guerra, medaglia d’oro al valore militare e anima eroica degli Alpini. Alla luce del suo temperamento ferreo e coraggioso, e già comandante della 3° Brigata Alpini, fu voluto nella zona dolomitica dal generale Luigi Cadorna in persona, il capo di Stato maggiore che diresse con poteri quasi assoluti le operazioni del Regio Esercito nella prima guerra mondiale dall’entrata dell’Italia nel conflitto, maggio 1915, alla disfatta di Caporetto. Cantore fu il primo comandante italiano di alto grado a morire durante la Grande Guerra, e questo lo ha consegnato agli annali della storia e alla toponomastica di numerose città che gli hanno intitolate vie o piazze. Ancor più sentito, quello dedicato ad Angelo Dibona, ampezzano purosangue (1879-1956), alpino e guida alpina, considerato tra i migliori arrampicatori del XX secolo. Ben settanta vie ad alta quota portano il suo nome. Fra queste lo spigolo-nord della Cima Grande delle immortali Tre Cime di Lavaredo e la parete nord di Cima Una (2598 metri).
Storia antica e anche recente. Cortina d’Ampezzo e i suoi dintorni sono stati set naturale di celebri pellicole internazionali, tra le quali Cliffhanger – L’ultima sfida (1993, di Renny Harlin) con protagonista Sylvester Stallone la cui vicenda si svolge sopra le sue montagne anche se nel film vengono spacciate per le americane Montagne Rocciose. Altri celebri e indimenticabili film che hanno beneficiato della scenografia ampezzana: La Pantera Rosa (1963), di Blake Edwards) con David Niven e Peter Sellers; il poetico L’orso (1988, di Jean-Jacques Annaud), Ladyhawke (1985, di Richard Donner) con Rutger Hauer e Michelle Pfeiffer, il cult italianoVacanze di natale (1983, di Carlo Vanzina) e ancora molti altri. Si fa sempre più buio. Vedo uscire nuvole di fumo dai camini. Quanto ce ne sarebbe da farsi raccontare. Come i vecchi lupi di mare, gli anziani dalla barba scolpita dal vento guardano il mondo che si trasforma e cambia ogni giorno. Ma dalle loro parti, lassù, le montagne, quelle signore, restano sempre lì, insieme alle storie vissute e narrate sotto la propria anima di pietra e tutt’intorno Cortina D’Ampezzo.