Lo scrittore e cultural planner Claudio Calveri: “Un narratore napoletano è diverso dagli altri” (Ph Orna Wachman da Pixabay)
Abbiamo incontrato e intervistato per i lettori de L’Italo-Americano  Claudio Calveri autore del libro Città distratta, ed. Homo Scrivens. La scrittura di Claudio è raffinata, colta e senza fronzoli. Città distratta è un libro che ti rapisce dalla prima pagina, mostrandoti scene vivide e forti. Calveri è un grande conoscitore della città di Napoli, ha scavato in profondità e ricostruito con sapienza la complessa molteplicità dei rapporti umani e dei costumi senza scadere nei soliti stereotipi.
Il protagonista l’ispettore de Marinis, dopo essere emigrato per necessità lavorative, ritorna a Napoli, dalla quale tutti sembrano voler fuggire.
Napoli è davvero una città distratta o è riottosa?
Bella domanda, direi riottosa senz’altro.
 Il protagonista del libro di Calveri è un emigrato che decide di tornare nella città natale, dalla quale tutti sembrano voler fuggire.
Da cosa deriva l’usanza tutta partenopea di accollare appellativi secondo la fisiognomica o il ruolo che la persona assume nella società, descritta magistralmente nel libro?
Credo che sia proprio un’abitudine invalsa. È come se a Napoli non bastasse mai la faccia che uno ha, bisogna incollargliene un’altra. Per me è anche un meccanismo affettivo che personalmente mi piace e soprattutto mi diverte, perché non lo fa una persona sola, ma lo fanno tutti. Nei giorni scorsi ho letto un manifesto funebre: la cosa meravigliosa che mi ha colpito,  sotto al nome e cognome del defunto c’era anche “il conosciuto come”.
È un nostro modo di essere, di sentire le persone. Affibbiare un soprannome a qualcuno vuol dire fondamentalmente entrare completamente in comunione con quella persona.
Quale personaggio della letteratura o della fantasia le somiglia? 
Penso di aver preso io più che altro qualcosa dai libri che ho letto, anche inconsapevolmente.
Mi è sempre piaciuto pensare di avere qualcosa di Benjamin Malaussène, il capro espiatorio, ma penso che sia più un vezzo letterario.
Che letture preferisce? 
In generale non ho preferenze, leggo un po’ di tutto, sono un curioso. Di libri preferiti non ne ho in verità, a parte il primo Benni (Bar Sport e La compagnia dei celestini) e il ciclo dei Malaussene di Pennac.
Ora cosa sta leggendo?
I migliori anni della nostra vita di Ferrero, la storia della casa editrice Einaudi in forma di romanzo familiare, e Crash di J.G.Ballard.
Qual è il suo rapporto con la letteratura espressa dalla città di Napoli? 
La letteratura prodotta a Napoli è qualcosa di preponderante. Le voci della città sono fortissime, quando riescono a parlare nella maniera giusta, hanno qualcosa di veramente rilevante da dire e sono molto interessanti da ascoltare. Mi piacciono molto i narratori napoletani e credo che si possa parlare di una sorta di tipologia, il narratore napoletano è un narratore diverso dagli altri.
Come si colloca in questa letteratura?
Personalmente non ritengo ancora di potermi inserire nella letteratura napoletana, saranno le persone a scegliere un domani se quello che scrivo può essere degno di essere inserito nella letteratura. Io dico sempre che la letteratura non ha nessun bisogno di noi, ma siamo noi ad aver un gran bisogno della letteratura. Quindi bisogna vedere se veniamo ammessi nel “club”.
L’uso di fb ed altri social network, può favorire la diffusione delle notizie relative a uno scrittore o inficiarne la privacy?
Assolutamente sì. Io ci lavoro coi social media. Si deve imparare a usarli bene e, come tutte le cose, possono essere controproducenti, però per esempio ci sono dei fenomeni letterari non di primissima fascia, ma interessanti come tanti blogger che sono arrivati sulla carta stampata proprio grazie alla loro presenza  sui social network.
Molti dicevano che i social sono la morte della scrittura e della lettura, mentre per molti sono stati un nuovo inizio. Io per esempio lavoro a DeRev la piattaforma di raccolta fondi e un giovane blogger, Luca Auanasgheps Fiorentino, che scrive molto sui social network, è riuscito a ristampare il suo libro usandoci per il Crowdfunding.
Fondamentalmente ci sono nuovi sbocchi, ma bisogna essere tanto bravi da usarli.
Quali altre iniziative porterà avanti per la città di Napoli per la sua valorizzazione culturale?
L’idea è di passare adesso a qualcosa di concreto ed operativo. Stiamo lavorando all’idea di un’agenzia letteraria 2.0, che lavori fondamentalmente sul digitale. Nel momento in cui le librerie chiudono, noi vogliamo dare la possibilità agli autori di conquistare un loro pubblico. Ma non sarà un’editoria a pagamento. Insieme a me in quest’avventura ci saranno: Diego Nuzzo scrittore, organizzatore di eventi culturali di livello nazionale e architetto, e poi ci sarà Paolo Brun che è ex direttore generale marketing della Rizzoli e Corriere della Sera ed è una realtà che sarà a cavallo tra Napoli e Milano.
L’AUTORE – Claudio Calveri, è scrittore e cultural planner. Vincitore del premio Troisi per la scrittura umoristica, e di altri premi letterari, ha pubblicato per Comix ed altri editori, libri di narrativa e saggistica, in italiano e in inglese.
Ha curato il progetto editoriale Le città visibili, con il patrocinio della commissione nazionale italiana Unesco e di tutte le città della Letteratura Unesco del mondo. Dal 2012 è promotore della candidatura di Napoli a città della letteratura Unesco ed è co-fondatore di Creactivitas, il primo laboratorio di creatività in Italia.

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