Ceranesi, comune ligure di 4.035 abitanti nella provincia di Genova.
Nell’alta val Polcevera, a circa 18 chilometri dal capoluogo, include nel suo territorio vette montane: il Foscallo (988 metri), il monte Seiéu (958 metri), il monte Orditano (939 metri) e il monte Figogna (817 metri) alla cui sommità è ubicata Nostra Signora della Guardia (806 metri).
È il più importante santuario mariano della Liguria e uno dei più importanti d’Italia. Sulla terrazza antistante c’è un punto dal quale si può ammirare il panorama sulla sottostante città di Genova con un raggio che si apre sulle riviere di Ponente e di Levante. In antichità era un luogo strategico per l’osservazione di navi o di eserciti nemici in avvicinamento. La costruzione del Santuario è legata a un’apparizione mariana.
Secondo un atto notarile datato 1530 e conservato presso l’archivio storico della Curia Arcivescovile di Genova, la Madonna apparve al pastore Benedetto Pareto il 29 agosto 1490 (secondo alcuni studiosi, però, è più probabile che l’evento risalga al 1487). La Vergine chiese di costruire una cappella sul monte. Ma lungo la strada di casa, Benedetto venne dissuaso dalla moglie che temeva che il paese lo avrebbe deriso, non credendo al suo racconto. Inadempienza che gli costò poco dopo una caduta da un albero di fico.
Alcuni giorni dopo la Vergine guarì il pastore in gravi condizioni. Questo avvenimento lo convinse a parlare delle visioni e a cercare aiuto per costruire la cappella. Sempre secondo tradizione, la prima cappella fu costruita sul luogo stesso dell’apparizione. All’interno, in una nicchia si trova una statua di marmo della Madonna donata nel 1530. L’altare di marmo risale al 1632. Nel 1850 fu aggiunta anche la statua in marmo di Benedetto Pareto, inginocchiato ai piedi della Vergine.
Dogliola, 395 abitanti della provincia di Chieti in Abruzzo.
Il borgo fortificato comprende il centro storico con cerchia muraria e un palazzo fortificato. Il borgo risale al XIV secolo mentre il palazzo al XVI secolo. L’abitato ha uno schema urbano a pettine che si sviluppa su un crinale nell’alto Vastese. I primi documenti che parlano del paese risalgono al XII secolo.
A “Dëgliolë”, come si chiama in dialetto, nel giorno della festa di S. Rocco, i devoti al santo taumaturgo gli offrono doni. Una volta si dava il grano, anche perchè la festa cadeva in prossimità della mietitura. Secondo l’antica tradizione popolare, nei giorni della festa carri e trattori sono ancora oggi addobbati con tantissime spighe. Il momento solenne della festa avviene quando il parroco impartisce la Benedizione dei carri contenenti oltre al grano anche altri prodotti tipici della terra. Con questo gesto si ringrazia Dio per il raccolto e si chiede una migliore annata per la prossima stagione.
I prodotti benedetti, vengono portati per le vie del paese come se al loro passaggio propagassero i loro benefici all’intera comunità. Prima dell’avvento della tecnologia, i doni venivano portati con asini e muli. Oggi, purtroppo, questi animali da soma sono scomparsi. Ne è rimasto solo uno e la sua presenza nella sfilata sta a ricordare il tempo che passa.
Nel pomeriggio, i doni votivi vengono portati nuovamente in piazza e messi all’asta dove una folla di persone cerca di aumentare l’offerta in modo da portarsi a casa gustosi e tipici prodotti locali. Il ricavato dell’asta va a coprire le spese della celebrazione. La festa del grano a Dogliola è una manifestazione che accomuna tutte le generazioni e richiama turisti e gli emigrati che, negli anni passati, scelsero soprattutto Francia, Canada, Germania e Usa per cercar fortuna e lavoro.
Erchie, conta 8.989 abitanti nella provincia di Brindisi in Puglia.
Il suo territorio ha restituito reperti risalenti al neolitico: potrebbe essere stato un centro religioso legato al culto del dio Ercole, dal quale avrebbe ripreso il nome di Hercolanum (o Heracle). Dopo la conquista romana, perse d’importanza per la vicinanza di Mandurium (poi Manduria) e soprattutto di Tarentum (poi Taranto). Nel I secolo d.C. compare con il nome di Hercle. Verso il X secolo alcuni monaci basiliani crearono il santuario di Santa Lucia su un antico luogo di culto messapico, collocandolo in una grotta. Ai monaci si deve inoltre l’introduzione del culto di Santa Irene, oggi patrona della città.
Grandi festeggiamenti ci sono anche per San Giuseppe (19 marzo): lungo le strade che conducono al “Santuario di Santa Lucia”, sono allestiti tavoli imbanditi con pietanze locali. Questa consuetudine viene identificata con il termine dialettale “Mattra”: una cassa di legno dove si impastava la farina per preparare il pane che nella festa è simbolo di prosperità ed abbondanza. In antichità il pranzo era offerto, per devozione al santo, dai nobili e dai benestanti ai più poveri.
Nella Mattra, il piatto fondamentale era la “Tria” (pasta tipo le tagliatelle); ma sul banco vi erano anche pesce, cavolfiori, lampascioni e baccalà. In sostituzione dei dolci, troppo costosi per l’epoca, si serviva la pasta col miele e frutta secca. A mezzogiorno, San Giuseppe esce in processione e il parroco benedice le mattre. Al termine, uno o più spari danno inizio al pranzo.
È consuetudine modellare pezzi di pasta non lievitata a forma di uccello, con due semi di pepe al posto degli occhi e un filo rosso intorno al becco. Questi uccelli vengono fatti benedire e regalati ad amici e parenti. L’usanza dice di spezzarlo in 4 parti e lanciarle verso i 4 punti cardinali o i 4 lati della casa per calmare i temporali.