When we think about the quintessential Renaissance artist, thoughts – quite rightly – go almost immediately to Leonardo or Michelangelo, and only those with a passion for and some knowledge of art history would mention Benvenuto Cellini. But the Florentine goldsmith is as much a complete artist in his essence and work, as his more famous, above-mentioned colleagues.
Cellini was born in 1500, the second child of a musician and music instruments builder, Giovanni. Giovanni wanted a music career for him, but gold and silver were young Benvenuto’s real passion and so, he became a goldsmith. He worked, throughout his career, in Florence, Siena, Bologna, Rome, Ferrara, and France, but what makes him a real example of pure Renaissance artistic flair is how he mastered more than one art: he wasn’t only a goldsmith, but also a musician, a sculptor, and a writer. In fact, people are likely more familiar with his Autobiography and his famous treatise On the Goldsmith’s Art, than they are with his visual and plastic arts’ pieces.
Benvenuto was every inch the stereotypical tormented artist: restless, rowdy, and often in trouble with the law, having to leave a place to escape justice wasn’t all that strange for him. But, oh boy: he was talented. And Cosimo I De’ Medici, Duke of Florence and, later, Grand Duke of Tuscany, knew it well if it’s true that he made him a court sculptor: it was under Cosimo I’s patronage that Cellini conceived, designed and created what may well be his most iconic piece, the Perseus with the Head of Medusa, today in Piazza della Signoria’s Loggia dei Lanzi.
The Perseus is a thing of beauty, almost classical in its aesthetic balance, but filled with opulent details and quirks, like the self-portrait Cellini shaped on the back of the hero’s head, using his helmet and hair to create the illusion of a face. But The Perseus is not only beautiful, but it also has a pretty amazing story, a story that Cellini himself reveals in his autobiography. Cellini had very clear ideas about how to make The Perseus: he wanted to use bronze, which hadn’t been used to make sculptures for some time when he received the commission (1545), and for a very specific reason. He likened the pouring of molten bronze into the statue’s cast to the flowing of blood into a body: a symbol of life and vitality. And there was more because to meet fully this symbolism, the whole statue had to be made in one piece, in one cast, contrarily to what was usually done, that is, casting each section of the statue separately and then joining them together at a later stage.
The undertaking demonstrated to be incredibly difficult: while preparing the metal to pour into the cast, Cellini noticed immediately that the molten bronze – an alloy of copper and tin – was too thick, which meant the whole lot was unusable. If he wanted to save the day, Cellini explained, he had to think quick, and that’s exactly what he did: he ran to his kitchen, picked all the tin pans and dishes he had, and even used some coming directly from the kitchens of Palazzo Vecchio. The extra tin made the bronze more fluid, enabling him to pour it without problems into the cast.
Truth is no one believed Cellini could make the whole Perseus in one go and, considering the size of the statue – it stands at over 5 meters (16 and a half feet) – and Perseus’ posture, with his arms wide open and lifted towards the sky, failure could have been truly just around the corner for the goldsmith. Eventually, however, only part of the statue’s right foot and calf had to be recast, even if Cellini himself wrote he only had to rework Perseus’ toes. While neither restoration nor research managed to confirm or debunk Cellini’s words, it appears that some parts of the statue, namely the Medusa’s head, have a much higher content of tin than the rest.
During the Second World War, as happened to many other works of art, The Perseus was removed from its location and kept hidden. When it returned to Piazza della Signoria, in the early 1950s, restorers analyzed its composition and discovered Cellini may have used some 100 pieces of tin crockery and pans to achieve the right fluidity and save the sculpture: legends say that Cellini even asked Cosimo I for a refund, as he had to melt off all of his kitchen utensils!
The Perseus underwent major restoration work in 1996 when both the statue and its pedestal were moved into the Uffizi. Once fully restored, the piece returned to Piazza della Signoria, even though the pedestal we see today there is a copy of the original.
Last but not least, we should mention that Cellini’s Perseus made it into pop culture, too: we can see a “version” of it at the beginning of an episode from the 24th season of The Simpsons, where Cellini’s hero has the not-so-heroic features of Mr. Burns’ sidekick, Smithers.
Quando si pensa all’artista rinascimentale per antonomasia, il pensiero va – giustamente – quasi subito a Leonardo o a Michelangelo, e solo chi è appassionato e conosce un po’ di storia dell’arte potrebbe citare Benvenuto Cellini. Ma l’orafo fiorentino è un artista completo nella sua essenza e nella sua opera, tanto quanto i suoi colleghi più famosi.
Cellini nacque nel 1500, secondo figlio di un musicista e costruttore di strumenti musicali, Giovanni. Giovanni voleva per lui una carriera musicale, ma l’oro e l’argento erano la vera passione del giovane Benvenuto, che divenne orafo. Nel corso della sua carriera lavorò a Firenze, Siena, Bologna, Roma, Ferrara e in Francia, ma ciò che lo rende un vero esempio di puro estro artistico rinascimentale è la padronanza di più di un’arte: non fu solo orafo, ma anche musicista, scultore e scrittore. In effetti, è probabile che la gente conosca meglio la sua Autobiografia e il suo famoso trattato Sull’arte dell’orefice, piuttosto che le sue opere di arti visive e plastiche.
Benvenuto era in tutto e per tutto lo stereotipo dell’artista tormentato: irrequieto, chiassoso e spesso nei guai con la legge, il fatto di dover lasciare un luogo per sfuggire alla giustizia non era poi così strano per lui. Ma, oh ragazzi: aveva talento. E Cosimo I De’ Medici, duca di Firenze e poi granduca di Toscana, lo sapeva bene se è vero che lo fece scultore di corte: fu sotto il patrocinio di Cosimo I che Cellini concepì, disegnò e realizzò quella che forse è la sua opera più iconica, il Perseo con la testa di Medusa, oggi nella Loggia dei Lanzi di Piazza della Signoria.
Il Perseo è un oggetto di bellezza, quasi classico nel suo equilibrio estetico, ma pieno di dettagli opulenti e di stranezze, come l’autoritratto che Cellini ha modellato sulla nuca dell’eroe, usando l’elmo e i capelli per creare l’illusione di un volto. Ma Il Perseo non è solo bello, ma ha anche una storia piuttosto sorprendente, una storia che Cellini stesso rivela nella sua autobiografia. Cellini aveva le idee molto chiare su come realizzare il Perseo: voleva usare il bronzo, che non veniva più usato per fare sculture da tempo quando ricevette la commissione (1545), e per un motivo molto specifico. Egli paragonò la colata di bronzo fuso nel calco della statua allo scorrere del sangue in un corpo: un simbolo di vita e vitalità. E c’è di più, perché per rispondere pienamente a questo simbolismo, l’intera statua doveva essere realizzata in un unico pezzo, in un’unica fusione, contrariamente a quanto si faceva di solito, cioè fondendo ogni sezione della statua separatamente e unendole poi in un secondo momento.
L’impresa si rivelò incredibilmente difficile: mentre preparava il metallo da versare nel calco, Cellini si accorse subito che il bronzo fuso – una lega di rame e stagno – era troppo spesso, il che significava che l’intero lotto era inutilizzabile. Se voleva salvare la situazione, spiegò Cellini, bisognava pensare in fretta, ed è esattamente quello che fece: corse in cucina, prese tutte le pentole e i piatti di stagno che aveva, e ne utilizzò anche alcuni provenienti direttamente dalle cucine di Palazzo Vecchio. Lo stagno in più rendeva il bronzo più fluido, permettendogli di versarlo senza problemi nella colata.
In verità nessuno credeva che Cellini potesse realizzare l’intero Perseo in una sola volta e, considerando le dimensioni della statua – che supera i 5 metri – e la postura di Perseo, con le braccia spalancate e sollevate verso il cielo, il fallimento poteva essere davvero dietro l’angolo per l’orafo. Alla fine, però, fu necessario rifondere solo una parte del piede e del polpaccio destro della statua, anche se Cellini scrisse di aver dovuto rifare solo le dita dei piedi di Perseo. Sebbene né il restauro né la ricerca siano riusciti a confermare o smentire le parole di Cellini, sembra che alcune parti della statua, in particolare la testa della Medusa, abbiano un contenuto di stagno molto più elevato
rispetto al resto.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, come accadde a molte altre opere d’arte, il Perseo fu rimosso dalla sua sede e nascosto. Quando tornò in Piazza della Signoria, all’inizio degli anni Cinquanta, i restauratori ne analizzarono la composizione e scoprirono che Cellini potrebbe aver utilizzato un centinaio di stoviglie e tegami di latta per ottenere la giusta fluidità e salvare la scultura: le leggende dicono che Cellini chiese addirittura a Cosimo I un rimborso, visto che aveva dovuto fondere tutti i suoi utensili da cucina!
Il Perseo è stato sottoposto a un importante lavoro di restauro nel 1996, quando sia la statua che il suo piedistallo vennero trasferiti agli Uffizi. Una volta restaurata, l’opera è tornata in Piazza della Signoria, anche se il piedistallo che vediamo oggi è una copia dell’originale.
Infine, va ricordato che il Perseo di Cellini è entrato anche nella cultura pop: ne vediamo una “versione” all’inizio di un episodio della 24ª stagione dei Simpson, dove l’eroe di Cellini ha le fattezze non proprio eroiche del compagno del signor Burns, Smithers.
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