È passato più di un secolo da quando Germano di San Stani-slao, rettore della Basilica dei Ss. Giovanni e Paolo al Celio, incominciò a cercare la sepoltura dei due santi cui è dedicata la basilica. San Giovanni e Paolo furono ufficiali della corte imperiale, subirono il martirio e furono sepolti nella loro casa sul Celio nel IV secolo dopo Cristo, all’epoca dell’imperatore Giuliano l’Apostata. Qualcosa di ben diverso di una semplice sepoltura venne alla luce.
Era il 1887, il padre passionista si trovò in una serie di vasti ambienti sotterranei, alcuni con pareti affrescate. Interventi condotti successivamente, nel 1913-14 e nel 1951, hanno riportato alla luce un intero complesso archeologico, una serie di trasformazioni e stratificazioni edilizie avvenute fra il II secolo e la fine del IV d.c., concluse con la costruzione della basilica soprastante, voluta dal senatore Pammachio, ultimo proprietario della domus dei Santissimi Giovanni e Paolo. Questo complesso residenziale dal 2002 è aperto alle visite del pubblico.
Ho visitato questo luogo insieme ad un gruppo guidato da un’esperta archeologa dell’Art Club di Roma. Per raggiungere l’ingresso delle case romane, bisogna entrare nell’area archeologica del Celio, accanto al Colosseo, una zona di ampi spazi verdi, quieta e silenziosa. L’ingresso delle domus si trova nel Clivo di Scauro, uno straordinario esempio di coesistenza di stili architettonici classici, medievali e moderni, che termina nel piazzale antistante la basilica.
Subito dopo l’ingresso, si trova la pianta del complesso, necessaria per orientarsi nel luogo in cui ci si trova. Un intrigo di fabbricati: case, botteghe, negozi, strade, mura decorate, mura di fondamento della basilica soprastante, terme, ambienti di preghiera e sepolture. Tutto insieme costituisce un sorprendente labirinto sotterraneo, croce e delizia di archeologi, fonte inesauribile di ipotesi, interpretazioni, discussioni.
Il visitatore di un giorno, appassionato de “la grande bellezza” di Roma, eterna, misteriosa e impenetrabile, è stupito dall’aspetto più rilevante di questo intrico di tempo e spazio: la contiguità delle manifestazioni del passaggio dalla cultura pagana a quella cristiana.
Ecco su una parete vicina all’ingresso una delle prime immagini della crocifissione del Cristo, visto dal basso in alto, il corpo appare come una semplice colonna scura con le braccia aperte, il capo appena inclinato circondato da un’aureola dorata. Molto simile l’immagine, poco più in là, dell’Orante, cioè dell’uomo in preghiera.
Subito dopo, ecco decorazioni di un vivace color rosso pompeiano, con fregi geometrici o ispirati alla natura, flora, fauna e trascorrere delle stagioni. Ricordo soltanto, ad esempio delle tante decorazioni di cultura pagana, la Stanza dei Geni, con figure di giovani nudi ed alati, i Geni, collegate da ghirlande di fiori e frutti, uccelli descritti con cura, putti che vendemmiano.
Per seguire questo percorso si cammina su pavimenti di mosaici diversi per qualità e fattura. Alcuni di essi sono composti da tessere policrome raffinate e minute ordinate in disegni geometrici, che dovevano essere lo chic della buona borghesia dell’epoca. Si calpestano anche grossi lastroni in pietra nelle stradine che separavano i palazzi.
Tra le informazioni ricevute nel corso di questa visita, una mi ha colpita in particolare, come esempio della presenza degli antenati della Roma repubblicana o imperiale nella vita quotidiana odierna.
Ho scoperto una forma di continuità con la Roma pagana nel tipo di progettazione e costruzione delle case del Celio, per proprietari o affittuari. I tecnici di allora realizzavano in mattoni palazzine di cinque piani con botteghe e piccoli laboratori a piano terra. Abito in un fabbricato di quattro piani in cemento armato, con ambienti commerciali a piano terra. Nihil novi sub solem: nulla di nuovo sotto il sole.