Dopo il primo ministro orgogliosamente nero della storia della Repubblica italiana, per la prima volta c’è un governo al 50% composto da donne. Nell’esecutivo anche una futura mamma: ha giurato fedeltà alla Costituzione con il pancione all’ottavo mese.
Se vuole essere un segnale di cambiamento, un invito alle pari opportunità in un Paese dove sono ancora estremamente alti i licenziamenti e le non assunzioni causa gravidanza e altrettanto inaccettabilmente dispari gli stipendi per cui, a parità di capacità e incarichi, le donne sono penalizzate e prendono meno, senza dimenticare che sono sempre troppo poche le donne che raggiungono posizioni di vertice nelle varie professioni (tanto da chiedere quote rosa), lo sia.
Non solo. Diventi, anche questa, una priorità di governo e una riforma da mettere in atto subito.
L’Istituto Nazionale di Statistica per la prima volta ha diffuso le stime sulla capacità di generare reddito dei cittadini. Detto altrimenti, il “capitale umano” di ogni italiano vale 342mila euro. Ma anche in questo caso le differenze tra i due sessi ci sono e pesano: alle italiane è stato attribuito un valore di 231 mila euro, il 49% meno rispetto agli uomini.
Ma non è eticamente inaccettabile dire che le donne valgono la metà? Il differenziale si spiega proprio con le differenze di remunerazione tra uomini e donne, col minor numero di signore che lavorano e col minor numero di anni lavorati dalle donne nell’arco della vita. Senza contare che l’impegno domestico non vale.
Se viceversa si tenesse presente il lavoro svolto a casa, le donne produrrebbero un valore procapite di 431mila euro: ben il 12,3% in più rispetto ai maschi. La statistica, in realtà, si è dimenticata di fare un’altra somma ovvero quella che riguarda le tante donne che fanno le due cose: oltre alla carriera si occupano di casa e figli.
Il divario c’è ma anche dalle Olimpiadi arrivano importanti segnali “rosa”: su 8 medaglie è stata Arianna Fontana a portarne a casa tre.