Il due pezzi, the bikini: a view as common on the world’s beaches as sunscreen and flip flops. More or less revealing, in a variety of styles and colors, it remains the most popular swimsuit style for women. Once upon a time, more or less rigorously worn only by perfectly-shaped, model-like young girls, today it is embraced by all, young and old, skinny and chubby, an unexpected symbol of body acceptance and equality.
Most of us are familiar with its inception, or at least, with the story behind its name: up to the 1930s, swimsuits for women were very covering and very “one-piece,” and while the trend of separates developed we were still light years away from the revealing styles we wear today. We’d have to wait until 1946 to see the first “modern” two-pieces on our beaches. That year, two French stylists, Louis Reard and Jacob Heim revolutionized swimsuits forever introducing the first real two-piece bathing suits. For the times, they were so revealing and “explosive” that they were christened Bikini, just like the small atoll of the Marshall Islands where the US, during a technical trial, had just exploded atomic bombs.
But what if I told you that the bikini is much more ancient and it was en vogue already among Roman women more than 2000 years ago?
Let us take an ideal journey together to Sicily and, more precisely to Piazza Armerina, a town of 20,000 in the Enna province. A couple of miles from its historical center, we find the Villa del Casale, once the holiday residence of Maximianus Erculius, co-ruler of the Empire with Diocletian (284-305 AD). In the room known as “the room of the ten girls,” a beautifully preserved mosaic depicts a group of young women practicing a variety of sports wearing briefs and bandeau-style bikini tops: some of them play with a ball, others run after one another, others still stretch while musicians play for them. There is very little doubt these sporty ancestors of ours wore two-pieces very close in style to modern bikinis, but they wouldn’t wear them, like us today, to go to the beach…
To make things a bit clearer, we should start with underwear because, just like today, Roman “bikinis” were related in shape to common, everyday undergarments. Indeed, both men and women of ancient Rome would wear subligacula under their clothes, just like we wear briefs today: they consisted of a triangle of fabric with two side strings to tie it up at the waist. Women would also wear a strophium, a bandeau used to support and cover the breasts, without squeezing them too much. But in Rome, large breasts weren’t considered beautiful nor attractive, as they were often associated with old age, reason for which many younger ladies opted for the mammillare, a strophium that compressed breast tissue reducing its appearance under clothes.
That’s all good and interesting, but what’s the deal with the girls of Piazza Armerina and their bikinis? We all know the Romans were very fond of their terme, public baths where citizens could relax, take care of their bodies, and socialize. Both women and men were allowed, but basic rules of decency were to be followed, especially by women, who would cover up their breasts with the fascia pectoralis and their “lower regions” with the subligaculum. Basically, they had versions of their underwear they could show in public… a bit like today’s bikinis.
But “bikinis” in Rome were also worn on other occasions. The girls of Villa del Casale, as we said, are all practicing physical activities, so their two-pieces didn’t only need to cover up their bodies but also allow freedom of movement. About this, we should open a parenthesis: Roman women didn’t practice sport commonly and female athletes were often frowned upon, because physical activity, especially when too vigorous, was believed to cause fertility issues. Therefore, seeing women engaging in physical activities like those of Villa del Casale wasn’t common at all.
It is likely, however, that the fascia pectoralis and the subligaculum were used during practice in dance or sports schools, and that’s why historians think that the girls of Piazza Armerina may be professional dancers performing, and their “bikinis” stage costumes.
And what about the sea, sunbathing and swimming? Did Roman women enjoy the beach in their bikinis, just like we do? Actually, no. Sunbathing wasn’t to become popular for another 2000 years, on the contrary, sun-kissed skin was considered a clear indicator a woman belonged to a lower social class, one where she had to work outside. So, there was no lounging by the sea. And when it came to swimming, both women and men would do it naked, covered only by the cool emerald beauty of the Mediterranean.
Did the Romans invent the bikini so? Well, they had something very similar, but they didn’t use it for the same things we use it today. The two-piece bathing suits of the Piazza Armerina girls are perhaps more akin to the technical two-pieces professional runners wear when training and competing, or to the revealing, glitzy costumes of 1940s Moulin Rouge starlets.
Il due pezzi, il bikini: una visione tanto comune sulle spiagge del mondo quanto la crema solare e le infradito. Più o meno sgambato, in una varietà di stili e colori, rimane il costume da bagno più popolare tra le donne. Un tempo, più o meno rigorosamente indossato solo da ragazze perfettamente in forma e simili a modelle, oggi è abbracciato da tutte, giovani e meno giovani, magre e paffute, un simbolo inaspettato di accettazione del corpo e di uguaglianza.
La maggior parte di noi conosce la sua nascita, o almeno la storia che sta dietro al suo nome: fino agli anni ’30, i costumi da bagno per le donne erano molto coprenti e molto “interi”, e mentre si sviluppava la tendenza dei costumi a due pezzi eravamo ancora lontani anni luce dai modelli rivelatori che indossiamo oggi. Bisognerà aspettare il 1946 per vedere i primi due pezzi “moderni” sulle nostre spiagge. Quell’anno, due stilisti francesi, Louis Reard e Jacob Heim, rivoluzionarono per sempre i costumi da bagno introducendo il primo vero costume da bagno a due pezzi. Per i tempi, erano così audaci ed “esplosivi” che furono battezzati Bikini, proprio come il piccolo atollo delle Isole Marshall dove gli Stati Uniti, durante una prova tecnica, avevano appena fatto esplodere le bombe atomiche.
Ma se vi dicessi che il bikini è molto più antico ed era già in voga tra le donne romane più di 2000 anni fa?
Facciamo insieme un viaggio ideale in Sicilia e più precisamente a Piazza Armerina, cittadina di 20.000 abitanti in provincia di Enna. A un paio di chilometri dal suo centro storico, troviamo la Villa del Casale, un tempo residenza di villeggiatura di Massimiano Erculio, co-reggente dell’Impero con Diocleziano (284-305 d.C.). Nella sala detta “delle dieci ragazze“, un mosaico splendidamente conservato raffigura un gruppo di giovani donne che praticano diversi sport indossando slip e bikini a fascia: alcune giocano con una palla, altre si rincorrono, altre ancora si stiracchiano mentre dei musicisti suonano per loro. Non c’è dubbio che queste nostre antenate sportive indossassero due pezzi molto simili ai moderni bikini, ma non li indossavano, come noi oggi, per andare in spiaggia…
Per fare un po’ di chiarezza, dovremmo iniziare dalla biancheria intima perché, proprio come oggi, i “bikini” romani erano legati nella forma ai comuni indumenti intimi di tutti i giorni. Infatti, sia gli uomini che le donne dell’antica Roma indossavano i subligacula sotto i vestiti, proprio come noi oggi indossiamo gli slip: consistevano in un triangolo di tessuto con due lacci laterali per legarlo in vita. Le donne indossavano anche uno strophium, una fascia che serviva a sostenere e coprire il seno, senza stringerlo troppo. A Roma, però, il seno grande non era considerato bello né attraente, in quanto spesso associato alla vecchiaia, motivo per cui molte donne più giovani optavano per il mammillare, uno strophium che comprimeva il tessuto mammario riducendone l’aspetto sotto i vestiti.
Tutto questo è bello e interessante, ma cosa c’entrano le ragazze di Piazza Armerina con i loro bikini? Sappiamo tutti che i Romani erano molto affezionati alle loro terme, bagni pubblici dove i cittadini potevano rilassarsi, prendersi cura del corpo e socializzare. Erano ammessi sia le donne che gli uomini, ma dovevano seguire le regole fondamentali del pudore, soprattutto le donne, che coprivano i seni con la fascia pectoralis e le “regioni inferiori” con il subligaculum. In pratica, avevano delle versioni della loro biancheria intima che potevano mostrare in pubblico… un po’ come i bikini di oggi.
Ma i “bikini” a Roma venivano indossati anche in altre occasioni. Le ragazze della Villa del Casale, come abbiamo detto, praticano tutte attività fisiche, quindi i loro due pezzi non dovevano solo coprire il corpo ma anche permettere libertà di movimento. A questo proposito, dobbiamo aprire una parentesi: le donne romane non praticavano sport comunemente e le atlete erano spesso disapprovate, perché si riteneva che l’attività fisica, soprattutto se troppo vigorosa, causasse problemi di fertilità. Pertanto, vedere donne impegnate in attività fisiche come quelle della Villa del Casale non era affatto comune.
È probabile, però, che la fascia pectoralis e il subligaculum venissero utilizzati durante gli allenamenti nelle scuole di danza o di sport, ed è per questo che gli storici pensano che le ragazze di Piazza Armerina possano essere ballerine professioniste che si esibiscono, e i loro “bikini” costumi di scena.
E che dire del mare, dei bagni di sole e delle nuotate? Le donne romane si godevano la spiaggia in bikini, proprio come facciamo noi? In realtà no. L’abbronzatura non sarebbe diventata popolare per altri 2000 anni, anzi, la pelle baciata dal sole era considerata un chiaro indicatore dell’appartenenza della donna a una classe sociale inferiore, quella in cui doveva lavorare all’aperto. Quindi, non c’era la possibilità di oziare in riva al mare. E quando si trattava di nuotare, sia le donne che gli uomini lo facevano nudi, coperti solo dalla fresca bellezza smeraldina del Mediterraneo.
Sono stati i Romani a inventare il bikini? Beh, avevano qualcosa di molto simile, ma non lo usavano per le stesse cose per cui lo usiamo noi oggi. I costumi da bagno a due pezzi delle ragazze di Piazza Armerina sono forse più simili ai due pezzi tecnici che i corridori professionisti indossano quando si allenano e gareggiano, o ai costumi rivelatori e sfarzosi delle star del Moulin Rouge degli anni Quaranta.
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