Hollywood è rimasta incantata da “La grande bellezza” di Roma, dell’Italia e di Paolo Sorrentino.
 
Il regista dice che non se lo aspettava, ma conquistando il Golden Globe come miglior film straniero ha fatto un passo decisivo verso la candidatura agli Oscar. Il nostro Paese non ne vinceva uno dal 1989, quando se lo aggiudicò il mondo poetico di “Nuovo Cinema Paradiso” del siciliano Giuseppe Tornatore. 
 
Forse il cinema italiano può tornare a credere con fiducia nelle sue potenzialità, riscattarsi.
“Grazie Italia – ha detto lo sceneggiatore e attore napoletano Sorrentino – Questo è davvero un Paese pazzo, ma bellissimo”. 
 
Il ritratto che “La grande bellezza” offre del Belpaese, decadente e frivolo, con una umanità mondana e superficiale, che si muove sullo sfondo delle incantevoli piazze e fontane, delle vie del centro e dei ponti sul lungo Tevere, offre un contrasto stridente tra il passato nobile e il presente mediocre.
 
Il New York Times ha parlato del film in termini molto lusinghieri definendolo “una metafora del declino italiano”. 
 
Un ritratto pungente della società e un santuario di incanto monumentale: proprio il contrasto stridente dà il senso al film. Un film che racconta anche di quanta differenza ci possa essere tra quel che si pensa sia l’Italia e quel che è.
 
Un po’ com’è il sogno americano. L’idea che ciascuno ha di un mondo lontano che sarebbe capace di assecondare le proprie ambizioni e migliorare le condizioni di vita, ma che spesso non è altro che un sogno letterario, che magari si infrange contro una realtà ben diversa.
 
Un mito che può farsi umano, come in un’intervista ai divi hollywoodiani, ma che incontrandoli li ridimensiona o li racconta per quello che sono stati . 
 
Il racconto e la realtà. Un’occasione di riflessione che L’Italo Americano propone in questo numero del giornale.
 
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