The Beati Paoli are, perhaps, the most mysterious citizens of Palermo, so mysterious we don’t even know if they existed. For more than five centuries, their name and the legend surrounding it has permeated the streets of Sicily’s capital, with some believing not only that they existed, but that they were the archetype of the island’s infamous mafia. Others, however, relegate them to the realm of pure literature and lore.
Where is the truth? And why the fascination with this secretive organization, rooted in the baroque past of beautiful Palermo?
Real or not, the city embraced the Beati Paoli with warmth, as shown by the large amount of streets and shops bearing their name around town. But who were they and, most importantly, did they even exist?
Their first attestation dates to the 18th century, when the Marquis of Villabianca publishes the Opuscoli Palermitani, or the Palermitan Pamphlets. Here, the nobleman collected oral tales he had learnt as a child about a secret sect that worked to protect the weak against injustice. Indeed, the Marquis – full name, Francesco Maria Emanuele Gaetani – was adamant the Beati Paoli was a sect founded in 1180, that had been acting in secret since. Its name, he continued, was inspired by its members’ devotion to San Francis of Paola, while the adjective beati (blessed) was added because of their habit to wander from church to church dressed like monks. During the night, however, the Beati Paoli would cover their heads with dark hoods and, when needed, become vengeful: indeed, they were also known locally as the vendicosi.
But who were they? Well, tradition says the group was largely formed by men from the lower classes who, masked and hidden by darkness, would take revenge against the injustice perpetrated by the rich against the poor and the weak of the city.
As all sects and secret societies, the Beati Paoli had a secret meeting place, which could become, when needed, also a tribunal to decide about the fate of their enemies. According to tradition, they used to gather under the Mercato del Capo, in Palermo, in what used to be an ancient Punic necropolis that developed, with galleries and secret tunnels, between the church of Santa Maria di Gesù – locally known as Chiesa Santa Maruzza dei Canceddi, and located in what is today known as Piazza dei Beati Paoli — and the Grotta of Vicolo degli Orfani. It is believed that the church’s crypt held the door to a hidden passage that led directly to the secret chambers of the Beati Paoli’s see, the Grotta, likely a room in Palazzo Baldi-Blandano.
For the most curious among us, part of the Beati Paoli’s secret enclave can be accessed and visited today through a small door in Vicolo degli Orfani.
It’s all very mysterious, isn’t it? And it couldn’t really be otherwise, because historical information about the sect is very little. The Beati Paoli reached true popularity at the beginning of the 20th century, thanks to the work of Sicilian writer and journalist Luigi Natoli who, under the name pen of William Galt, had his novel I Beati Paoli published in 239 installments in the Giornale di Sicilia between the 6th of May 1909 and the 2nd of January 1910. Natoli’s narrative, inspired of course by the legendary adventures of the secret sect, mixes together fiction and reality, presenting among its characters also historical figures. Natoli was also particularly careful in reconstructing in detail the society around his protagonists, basing his descriptions on historical treatises like Antonio Mongitore’s Diario Palermitano and Giovanni Evangelista di Biasi’s Storia dei Viceré di Sicilia. His novel was so popular that, in 1947, it became also a movie, I Cavalieri dalle Maschere Nere (The black masks’ knights), directed by Pino Mercanti, a famous Italian screenwriter and director of those years.
Because of their mysterious nature and the lack of factual information we have about them, it shouldn’t surprise that even more legends developed around the already legendary Beati Paoli. One of the most notorious wants them as the ancestors of the Sicilian Mafia, a theory in part based on the fact that, after the killing of New York police lieutenant Joe Petrosino in Palermo (1909), it emerged that Mafia members had begun meeting in secret in the very same spot tradition wanted the Beati Paoli to meet centuries earlier. It was infamous Cosa Nostra boss Tommaso Buscetta who, some seventy years later, fed the fire of curiosity when stating that “Mafia (…) goes way back… first, there were the Beati Paoli (…): we sworn the same oath, we have the same duties.”
In spite of Buscetta’s words, no historical link between the sect and organized crime has ever been discovered, adding an extra layer of mystery to the already mysterious life of the Beati Paoli of Palermo.
I Beati Paoli sono, forse, i cittadini più misteriosi di Palermo, così misteriosi che non si sa nemmeno se siano esistiti. Per più di cinque secoli, il loro nome e la leggenda che li circonda hanno permeato le strade del capoluogo della Sicilia. Alcuni credono non solo che siano esistiti, ma che siano stati l’archetipo della famigerata mafia dell’isola. Altri, invece, li relegano nel regno della pura letteratura e della tradizione.
Dov’è la verità? E da dove viene il fascino di questa organizzazione segreta, radicata nel passato barocco della bella Palermo?
Reale o no, la città ha accolto i Beati Paoli con calore, come dimostra la grande quantità di strade e negozi che portano il loro nome ovunque in città. Ma chi erano e, soprattutto, sono esistiti?
La loro prima attestazione risale al XVIII secolo, quando il marchese di Villabianca pubblica gli Opuscoli Palermitani. Qui, il nobile raccoglie i racconti orali che aveva appreso da bambino su una setta segreta che lavorava per proteggere i deboli dalle ingiustizie. In effetti, il marchese – nome completo, Francesco Maria Emanuele Gaetani – era convinto che i Beati Paoli fossero una setta fondata nel 1180, che da allora aveva agito in segreto. Il nome, continuava, era ispirato dalla devozione dei suoi membri a San Francesco di Paola, mentre l’aggettivo beati era stato aggiunto per la loro abitudine di vagare di chiesa in chiesa vestiti da frati. Di notte, però, i Beati Paoli si coprivano il capo con cappucci scuri e, all’occorrenza, diventavano vendicativi: infatti, erano conosciuti localmente anche come i vendicosi.
Ma chi erano? Beh, la tradizione dice che il gruppo era formato in gran parte da uomini delle classi più basse che, mascherati e nascosti dalle tenebre, si vendicavano delle ingiustizie perpetrate dai ricchi contro i poveri e i deboli della città.
Come tutte le sette e le società segrete, i Beati Paoli avevano un luogo di riunione segreto, che poteva diventare, quando necessario, un tribunale per decidere della sorte dei nemici. Secondo la tradizione, si riunivano sotto il Mercato del Capo, a Palermo, in quella che era un’antica necropoli punica che si sviluppava, con gallerie e cunicoli segreti, tra la chiesa di Santa Maria di Gesù – localmente conosciuta come Chiesa Santa Maruzza dei Canceddi, e situata in quella che oggi è conosciuta come Piazza dei Beati Paoli – e la Grotta di Vicolo degli Orfani. Si crede che la cripta della chiesa contenesse la porta di un passaggio nascosto che portava direttamente alle camere segrete della sede dei Beati Paoli, la Grotta, probabilmente una stanza del Palazzo Baldi-Blandano.
Per i più curiosi, una parte dell’enclave segreta dei Beati Paoli può essere raggiunta e visitata oggi attraverso una piccola porta in Vicolo degli Orfani.
È tutto molto misterioso, vero? E non potrebbe essere altrimenti, perché le informazioni storiche sulla setta sono molto scarse. I Beati Paoli raggiunsero la vera popolarità all’inizio del XX secolo, grazie all’opera dello scrittore e giornalista siciliano Luigi Natoli che, sotto il nome di William Galt, fece pubblicare il suo romanzo I Beati Paoli in 239 puntate sul Giornale di Sicilia tra il 6 maggio 1909 e il 2 gennaio 1910. La narrazione di Natoli, ispirata naturalmente alle leggendarie avventure della setta segreta, mescola insieme finzione e realtà, presentando tra i personaggi anche personaggi storici. Natoli fu anche particolarmente attento a ricostruire nei dettagli la società che circondava i suoi protagonisti, basandosi su trattati storici come il Diario Palermitano di Antonio Mongitore e la Storia dei Viceré di Sicilia di Giovanni Evangelista di Biasi. Il suo romanzo fu così popolare che, nel 1947, divenne anche un film, I Cavalieri dalle Maschere Nere, diretto da Pino Mercanti, famoso sceneggiatore e regista italiano di quegli anni.
A causa della loro natura misteriosa e della mancanza di informazioni fattuali che abbiamo su di loro, non dovrebbe sorprendere che si siano sviluppate più leggende intorno ai già leggendari Beati Paoli. Una delle più famose li vuole antenati della mafia siciliana, una teoria in parte basata sul fatto che, dopo l’uccisione del tenente di polizia di New York Joe Petrosino a Palermo (1909), emerse che i membri della mafia avevano iniziato a riunirsi in segreto proprio nello stesso luogo in cui, secondo la tradizione, si riunivano secoli prima i Beati Paoli. Fu il famigerato boss di Cosa Nostra Tommaso Buscetta che, circa settant’anni dopo, alimentò il fuoco della curiosità affermando che “la mafia (…) va molto indietro… prima c’erano i Beati Paoli (…): abbiamo fatto lo stesso giuramento, abbiamo gli stessi doveri”.
Nonostante le parole di Buscetta, nessun legame storico tra la setta e la criminalità organizzata è mai stato scoperto, aggiungendo un ulteriore strato di mistero alla già misteriosa vita dei Beati Paoli di Palermo.
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