Si sono da poco conclusi i lavori di completamento del restauro degli affreschi quattrocenteschi del Refettorio monastico all’interno della Badia di San Michele Arcangelo a Passignano, in provincia di Firenze. L’intervento conclude il ciclo di lavori già iniziato più di 10 anni fa dalla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Firenze, Prato e Pistoia ed è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione non profit americana Friends of Florence insieme all’impresa vitivinicola Marchesi Antinori.
 
“Siamo oltremodo felici di vedere finalmente completarsi il progetto di restauro del magnifico affresco del Ghirlandaio a Badia a Passignano e di aver avuto la possibilità di portare il nostro apporto a questa nuova meritevole iniziativa dei Friends of Florence” sottolinea Piero Antinori. “Il connubio tra arte e vino è vincente anche per il contenuto culturale del vino. In questo caso esiste anche uno stretto legame tra Antinori e la Badia di Passignano che ci ha indotto a contribuire al restauro del magnifico affresco del Ghirlandaio, che ridarà nuova vita e grande attrattiva a tutto il comprensorio”. 
 
Marchesi Antinori continua così il suo impegno a sostegno dell’arte in tutte le sue forme, attività a cui la famiglia Antinori si dedica fin dal 1385 parallelamente alla produzione vinicola. Oltre al contributo per il restauro degli affreschi di Badia a Passignano, la famiglia Antinori nel 2016 renderà possibile il restauro della lunetta di Giovanni della Robbia che fu commissionata da un antenato della famiglia e che fu acquistata nel 1898 dal collezionista d’arte americano A. Augustus Healy come regalo per il Brooklyn Institute. 
 
La lunetta farà parte della mostra ‘Della Robbia: Sculpting with Color in Renaissance Florence’ in programma dal 9 agosto al 4 dicembre 2016 al Museum of Fine Arts di Boston e dal 29 gennaio al 4 giugno 2017 al National Gallery of Art, Washington, DC. 
 
La Sala del Cenacolo è stata salvaguardata per consegnarla ai visitatori che potranno immergersi nella cultura e nella spiritualità di questo luogo. 
L’intervento sostenuto da Marchesi Antinori e dalla Fondazione Friends of Florence ha completato il progetto di restauro finalizzato a riportare la sala del Refettorio alla sua bellezza originaria: grazie a questo si è concluso il restauro dell’affresco di Domenico Ghirlandaio, delle due scene realizzate da Bernardo Rosselli, del pulpito, degli ulteriori elementi lapidei e degli intonaci antichi.
 
Il lavoro svolto sull’Ultima Cena ha portato a integrare le molte e diffuse lacune, valorizzando la qualità pittorica dell’opera che, in modo particolare per quanto riguarda le figure del Cristo e degli apostoli, può essere ricondotta al diretto intervento di Domenico Ghirlandaio, come peraltro attesta la documentazione archivistica che per l’occasione si è tornati a consultare e a interpretare in ragione dei dati raccolti grazie alla visione ravvicinata del lavoro e alle ulteriori analisi scientifiche realizzate. Le indagini ingegneristiche condotte da Nicolino Messuti di Istemi (analisi igrometrica, riflettografica all’infrarosso e in fluorescenza ai raggi X) hanno accompagnato l’intervento dei restauratori dell’impresa Cellini, assicurando la completa rimozione delle ridipinture e ripristinando quindi l’autenticità di quanto oggi si propone ai visitatori e agli studiosi. 
 
Ugualmente fondamentale è stato l’apporto dato ai direttori dei lavori Giorgio Elio Pappagallo e Claudio Paolini dalla consulenza e dell’assidua presenza in cantiere di Sabino Giovannoni, attivo presso i laboratori di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure e con un’importante esperienza nel restauro di affreschi quattrocenteschi.
Nel corso dei lavori si è tra l’altro evidenziato come la bottega del Ghirlandaio già a questa data (siamo nel 1476) avesse definito una modalità operativa (a partire dai variati sistemi di riporto dei disegni preparatori sulla parete) e più in generale un’organizzazione del cantiere pienamente rispondente a quanto ben documentato per i più tardi affreschi di Santa Maria Novella.
 
La sala del Refettorio fu realizzata nel periodo di massimo splendore del monastero quando, essendo succedutisi quali abati due personalità di grande prestigio e potere (Francesco Altoviti tra il 1440 e il 1455 e Isidoro del Sera tra il 1455 e il 1485), il complesso subì una radicale trasformazione con lavori per lo più riconducibili alla direzione del “maestro di murare” Jacopo di Stefano Rosselli. 
Nell’ambito della seconda fase di questi lavori fu realizzato anche il nuovo refettorio dei monaci, una sala che si sviluppa su un lato del chiostro, coperta con volte a botte lunettate poggianti su capitelli in pietra serena, di grande ampiezza.
 
Fu sempre l’abate del Sera che incaricò nel 1476 Domenico del Ghirlandaio di realizzare l’affresco de L’Ultima Cena, sopra al quale erano state dipinte nel 1474, da Bernardo Rosselli, due scene raffiguranti La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre e Caino che uccide Abele. 
Dopo le soppressioni del 1866 che non risparmiarono neppure questo complesso, il monastero fu acquistato dai conti Dzieduszycki che lo ristrutturarono profondamente, trasformandolo nel loro castello. Fra i lavori di sistemazione ci fu anche il riassetto del refettorio che divenne un vero e proprio salone di rappresentanza. Arricchito attorno al 1890 da un grande camino esso fu messo in comunicazione con il chiostro antistante mediante l’apertura di due porte sul lato sinistro. 
 
L’intera sala fu poi decorata con riquadri geometrici e stemmi di gusto trecentesco, che la trasformarono in un ambiente suggestivo ma d’invenzione. 
“Purtoppo in questa occasione – sottolineano i direttori dei lavori – l’affresco di Domenico Ghirlandaio fu oggetto di pesanti ridipinture che celarono alla vista numerosi particolari fondamentali per comprendere l’altissima qualità dell’opera. Nel corso del cantiere aperto nel 2002, oltre a liberare la parete di fondo da queste ridipinture, furono riscoperte al di sotto delle decorazioni ottocentesche che interessavano le altre tre pareti della sala, ulteriori pitture ad affresco (ben documentate dalle carte d’archivio) eseguite da Benedetto e Cesare Veli nel 1598, raffigurante santi e beati vallombrosani. Il ritrovamento portò così alla decisione di eliminare le trasformazioni tardo ottecentesche per riportare la sala alla sua dimensione quattro cinquecentesca”.
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