La Columbia Britannica – provincia dell’estremo ovest canadese – copre per un decimo la superficie totale del Canada e si estende per circa tre volte l’Italia. Territorio naturale bellissimo, coperto da foreste, fiumi e laghi, è delimitata ad oriente dalla compatta catena delle Montagne Rocciose e ad occidente dall’oceano Pacifico in un alternarsi costiero fatto di insenature, penisole ed isole, con la più importante, Vancouver Island (tre volte il Veneto), sede della capitale Victoria.
A nord, la tundra e territori di Yukon e North West con le distese di ghiacci polari. A sud la linea di confine con gli stati americani di Washington, Idaho e Montana. La B.C. fa parte della Confederazione canadese dal 1871, anche se la “colonizzazione” aveva avuto inizio in precedenza, tra il 1858 e il 1868, periodo della corsa all’oro del fiume Fraser. L’arrivo – trent’anni dopo – della ferrovia transcontinentale ne aveva determinato crescita e destino.
Vancouver, la metropoli degli attuali due milioni di abitanti, alla sua fondazione nel 1886 non era che un piccolo villaggio di pionieri. Un filo ideale lega qui – a diecimila chilometri dall’Italia – quei primi coraggiosi uomini ai successivi immigrati e alle generazioni dei discendenti. Le antiche società di mutuo soccorso, nate essenzialmente per ragioni di solidarietà, non facevano e – dove tuttora esistono – non fanno distinzione di provenienza paesana o regionale nell’ammissione dei propri soci. Un criterio ritenuto valido da molti, soprattutto giovani oriundi che non accettano di far parte di categorie ristrette: per loro sono prioritari gli impegni di solidarietà sociale e la riscoperta di tradizioni e valori culturali.
È vero che di giovani attivamente coinvolti ce ne sono pochi, ma ci sono, ed è consolante constatare come sappiano mantenere un affettuoso rispetto per i fondatori delle originarie associazioni, pronti a portarne avanti gli ideali adeguandoli ai tempi e alle esigenze. Parlano inglese questi giovani nuovi, anche se non mancano tra loro i coraggiosi che si cimentano in un faticoso eppure espressivo italiano, con infiltrazioni di pittoresco italiese e simpatiche cadenze dialettali, a seconda della provenienza di genitori e nonni che li hanno accuditi durante l’infanzia.
Sono giovani dinamici, disinvolti, educati. Sono in possesso di specializzazioni varie. Tutti hanno compiuto gli studi superiori e molti di essi l’università. Tra loro parecchi i professionisti. Non sappiamo quanti si siano persi per strada (sicuramente, nella media, ci saranno) ma l’impressione generale è che le famiglie italiane, anche le più modeste e forse soprattutto queste, abbiano impegnato ogni loro risorsa nella riuscita culturale e sociale di figli e nipoti, riscattando in tal modo un lungo passato di tribolazioni, sacrifici, rinunce, spesso di povertà e immeritata ignoranza.
Da Trail a Nanaimo e Port Alberni
Quanto sopra ha ancor più valore per i nati nei centri periferici. Da Trail, per esempio, cittadina industriale per la metà popolata da oriundi (i primi italiani, Isacco e Caterina Giorgetti, vi arrivarono nel 1895) sono usciti architetti famosi, specialisti in medicina, educatori di giovani, campioni sportivi, brillanti avvocati, saggi amministratori, illuminati politici. Trail ha avuto diversi sindaci italiani, uno dei quali è stato Sandy Santori, già ministro nel governo provinciale.
L’attivissima Società di Mutuo Soccorso “Cristoforo Colombo” (dagli attuali 600 soci) nacque nel 1905, assorbì trent’anni dopo la veterana delle associazioni, la “Giordano Bruno” di Rossland, fondata nel 1899 da Angelo Maura, dando anche vita alla parallela Lega Femminile (altre 500 socie attive). Ma a Trail – sede tra l’altro di un piccolo Italian Heritage Museum oltre che di scuola di lingua italiana – operano pure la Società Italo Canadese e la Società Sorelle Italo-Canadese. Realtà naturalmente inserite nel contesto multiculturale, spesso ne costituiscono il motore trainante, fattore senza dubbio più facile da realizzarsi nei centri periferici che non nella vastissima e dispersiva metropoli.
Altro esempio potrebbe essere quello di Nanaimo (ci spostiamo nell’isola di Vancouver) dove la ultracentenaria “Felice Cavallotti Lodge” opera dal 1900, avviata dai primissimi immigrati della zona, i minatori di carbone della Dunsmuir. E come Trail, amministrata fra il 1930 e il 1937 da Bruno Le Rose – primo sindaco italiano eletto in British Columbia – così Nanaimo già negli anni cinquanta aveva espresso il primo cittadino designando Pietro Maffeo, un altro italiano. All’associazione italocanadese di Nanaimo aderiscono oggi circa 200 soci.
Da menzionare inoltre è la Italian Canadian Society di Port Alberni, nel cuore dell’isola di Vancouver, pacifico ambiente in cui vivono 250 famiglie italiane. Più a sud, nella capitale Victoria, operano meritoriamente la Italo-Canadian Cultural Society oltre che, dal 1955, il Centro Italiano di Assistenza. Da sempre vi si svolgono eventi sociali, culturali e ricreativi. Ben seguiti anche qui i corsi di lingua italiana.
Da Victoria a Powell River
Al di qua dello stretto di Malaspina, com’è denominato il braccio d’acqua tra l’isola e l’incantevole Sunshine Coast (il cui nome parla di sole e di clima temperato), sorge Powell River, piccolo ma importante centro industriale sviluppatosi intorno ad una grossa cartiera. Antico accampamento di boscaioli, privo per anni di collegamenti stradali, Powell River ha visto arrivare intorno al 1909-1910 i primi operai italiani. È nota la storia di Ida Toigo, la giovane bellunese che viaggiò da sola fin qui per raggiungere Luigi Scarpolini, il promesso sposo conosciuto durante la guerra italo-austriaca. Nel 1919 era arrivata anche la friulana famiglia Culos, che anni dopo costruì a Cranberry la “Roman Villa” e realizzò una fattoria agricola per la produzione di latte.
Le cronache annotano nel 1926 l’apertura del “Joe’s Barber Shop” di Giuseppe Derton. E proprio da qui il trevisano Augusto Bosa dette avvio a quell’attività commerciale che – cresciuta negli anni e ampliatasi in ramificazioni familiari e affini – ha fatto diventare il nome Bosa sinonimo di un impero non solo commerciale ma edilizio-finanziario con sedi a Vancouver e diramazioni negli Stati Uniti. Powell River ha naturalmente il suo Italian Community Club, sorto nel 1937 quale derivazione della Italian Benevolent Society del 1924. L’ampia sede del Club costituisce motivo di richiamo non solo per gli italiani ma per l’intera popolazione.
Nella zona dei Kootenays
L’elegante Nelson, centro culturale e commerciale della regione dei Kootenays, e l’importante crocevia di Cranbrook, centro di servizi e trasporti, sono stati destinazione di molti operai italiani occupati nei lavori delle miniere e della ferrovia. Alla fine dell’ottocento qui si ricavavano abbondanti l’argento e il rame. L’arrivo della Canadian Pacific Railway vi è celebrato in un museo dove sono conservate le carrozze di lusso del “treno dei milionari” dell’epoca. Ambedue le cittadine, come le vicine Rossland e Trail, hanno un’antica storia di associazionismo italiano. A Nelson opera la Società Italo Canadese, a Cranbrook la Colombo Lodge. Ambedue dalla storia antica e gloriosa, hanno saputo assistere ed aggregare gli italiani, trasmettendo ai discendenti un senso profondo di italianità.
Ad ovest dei Kootenays, nella regione di grande richiamo turistico dell’Okanagan, la presenza italiana è prevalente nella città di Kelowna, sull’omonimo lago. La popolazione cittadina si aggira sui centomila abitanti. I primi insediamenti europei risalgono alla metà dell’ottocento con l’arrivo dei missionari Oblati. Tra i nomi dei pionieri italiani troviamo quello di Antonio Casorso. Famosi i vigneti e le imprese dei Capozzi. Kelowna è sede di un’agenzia consolare e del Canadian Italian Club dalle molteplici attività sociali.
Dall’Okanagan alla regione del Nord
A nord-ovest della bella valle dell’Okanagan con le sue distese di vigneti e frutteti c’è Kamloops: risalente al 1812, è la più importante città della regione centrale lungo l’autostrada TransCanada. Anche a Kamloops gli italiani hanno scritto la storia e continuano a farsi onore. Vi operano due associazioni: il Cristoforo Colombo Club e la Canadian Italian Ladies Society. Dal 1982 e per ben diciotto anni la diocesi di Kamloops è stata retta da uno scalabriniano, il vescovo Lorenzo Sabatini.
In questa rapida escursione della British Columbia, restano da visitare, seppure a volo d’uccello, due “principesche” città della regione settentrionale: Prince George e Prince Rupert. A Prince Rupert abitano molte famiglie italiane, per lo più aggregate intorno all’Italo-Canadian Club, e vi opera un’agenzia consolare retta dall’impresario di origine vicentina Gianmario Marogna. Prince George, a 778 chilometri da Vancouver, sorge dove nel 1807 Simon Fraser costruì Fort George, alla confluenza degli storici fiumi Nechako e Fraser. Ricca di storie di nativi, di cacciatori di pelli, esploratori e mercanti, premessa al successivo sviluppo dovuto a ben organizzati eserciti di boscaioli e lavoratori di segherie e cartiere, la cittadina – circa ottantamila abitanti – è diventata l’importante centro economico, sociale e culturale della Northern Region. Al suo Italian Club aderiscono un centinaio di famiglie.
Fin qui le sedi di associazioni e club italocanadesi. Ma di agglomerati di italiani – comprensivi anche di veneti – ce ne sono molti altri, così come centinaia di piccole località registrano la presenza di cittadini ed oriundi. L’anagrafe consolare ha elencato circa 14.500 cittadini italiani; il Census canadese ha rilevato oltre 126 mila residenti di origine italiana, più o meno il 3% dell’intera popolazione della British Columbia.