Asolo, comune veneto di 9.450 abitanti della provincia di Treviso. 

  Panoramica del centro collinare di Asolo

  Panoramica del centro collinare di Asolo

 
Chiamata “la città dai cento orizzonti”, fa parte dei borghi più belli d’Italia. Si estende sul punto di transizione tra la pianura veneta e l’area che anticipa le prealpi bellunesi e si arrocca tra le colline, affacciandosi sulla pianura. Il toponimo, in latino Acelum, è attestato sin dal I secolo d.C. Gli studiosi vi hanno ravvisato la radice indoeuropea ak, ovvero “luogo aguzzo”, in riferimento alla natura collinare o al colle su cui sorge la rocca. Asolo fu abitata già nel paleolitico medio (300.000-35.000 anni fa), periodo a cui risalgono i resti di mammuth e reperti in selce. In epoca romana, crebbe d’importanza divenendo municipium.
 
Di questo periodo restano terme, un acquedotto, un foro e un teatro. Poi fu cristianizzata e divenne sede vescovile consolidando la sua importanza strategica con la costruzione dell’imponente rocca (XII secolo) sul monte Ricco, dove sono stati individuati i resti di un edificio di culto risalente al VII-VIII secolo. Il periodo di massimo splendore fu sotto la Serenissima: Venezia favorì, attraverso sgravi fiscali, il popolamento della zona. A partire dal Seicento, tuttavia, incominciò un grave declino. La crisi economica derivò da alcuni eventi catastrofici, come una serie di carestie e soprattutto il terremoto del 1695. Nel 1742 Asolo ottenne il titolo di città.
 
Alla vigilia della caduta di Venezia, il territorio fu teatro degli scontri fra i francesi di Napoleone e gli austriaci. L’11 marzo 1797, Bonaparte soggiornò per una notte in città e raggiunse la cima del monte San Martino per osservare l’armata imperiale che si trovava al di là del Piave. Nel 1815 la zona diviene definitivamente austriaca, parte del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1866 Asolo passa, come tutto il Veneto, al Regno d’Italia. Dopo questo avvenimento, l’amenità del luogo attira un gran numero di intellettuali, soprattutto stranieri, tra i quali Robert Browning, Eugene Benson, Henry James, Freya Stark e Eleonora Duse.
 
Bagno a Ripoli, comune toscano di 25.767 abitanti della provincia di Firenze. 

 Pieve di San Donnino a Bagno a Ripoli  

 Pieve di San Donnino a Bagno a Ripoli  

 
Sorto probabilmente come villaggio etrusco con il nome di Marm, si trasformò intorno al III secolo in luogo di commerci. A Bagno a Ripoli sono state recentemente ritrovate vestigia di ville romane e terme. Successivamente chiamato Quarto (la distanza in miglia da Firenze), il luogo prese il nome odierno che ricorda altre famose località termali romane come Aix-les-Bains in Francia o Baden Baden in Germania.
Il toponimo Ripulae ricorda invece le opere di difesa idraulica erette per difendersi dagli esondamenti dell’Arno. Nel XIII secolo fu sede della Lega di Ripoli, una delle 72 federazioni di comunità in cui era diviso il contado fiorentino. Il Palio di Bagno a Ripoli, istituito nel 1980, è nato per rievocare la grande cavalcata dei giovani coscritti della antica Lega di Ripoli in occasione della festa della Pentecoste e l’impegno dei ripolesi a sostegno della libertà comunale di Firenze durante il Medioevo e il Rinascimento, periodi storici ricchi di suggestioni e a cui rimanda la tradizionale sfilata in costume che si svolge poco prima dell’inizio della Giostra della Stella.
 
Il corteo, composto da oltre 200 figuranti, attraversa le strade principali del paese, ostentando le bandiere di contrada e il palio. La sfilata è allietata da musici che accompagnano il passo dei figuranti, e da un gruppo di sbandieratori. I ricchi e sfarzosi costumi del corteo sono stati realizzati dalle mani delle sarte di contrada, che seguendo fedelmente disegni rinascimentali, hanno realizzato dei veri capolavori. In questi ultimi anni, visto il successo raccolto dalla manifestazione, si è aggiunta una giostra, vero cuore della festa, disputata da quattro cavalieri rappresentanti le quattro contrade (Alfiere, Cavallo, Mulino e Torre) che, con il proprio “destriero” lanciato al galoppo, devono centrare con la spada un foro situato al centro di una stella (da cui il nome della Giostra), sorretta da un leone rampante. Tra le costruzioni più antiche merita menzione la Pieve di San Donnino, dell’ VIII secolo e restaurata nel 1930.
 
Cargeghe, comune sardo di 629 abitanti della provincia di Sassari. 

 Case con murales sulla piazza di Cargeghe  

 Case con murales sulla piazza di Cargeghe  

 
I numerosi nuraghi presenti sul suo territorio (Pedras serradas, Cherchizzos, Santa Maria, Madra de sa Giua e alcune domus de janas), testimoniano origini antiche anche se non ci sono molte tracce di civiltà. Le maggiori vestigia dell’epoca romana si possono ritrovare nell’antica strada di “Sos Bajolos”, che parte da “mandra ‘e corte” nell’abitato per raggiungere il Comune di Ossi. Di epoca romanica la chiesa campestre di Nostra Signora di Contra, a circa un chilometro dal paese. Ancora frequentata, soprattutto in occasione dell’annuale festa della Natività di Maria (8 settembre), è una delle chiese più piccole della Sardegna, risale all’XI sec.
 
Il nome di Cargeghe deriverebbe da kar, città, e chag, allegra, festiva. In tempi più recenti, partendo da una delle grafie più antiche del nome, Carjèghe, lo si assimila al termine che in logudorese indica la ciliegia: cariàsgia o cariasa. Cargeghe significherebbe, dunque, “sito ricco di ciliegi”. Per gli amanti della natura non può mancare una visita al monumento naturale di Giorrè: il caratteristico promontorio calcareo che sovrasta il territorio con il suo inconfondibile profilo. Nelle sue grotte, da cui si può sentire il fluire di corsi d’acqua sotterranei e si possono ritrovare i segni di una presenza già dall’epoca preistorica.
 
Dalla cima, dove è posta una grande croce in ferro, nelle giornate con cielo chiaro e pulito, l’orizzonte si allarga sino al mare. Un paesaggio che nel 1977 fu set del film “Padre padrone” diretto dai fratelli Taviani e tratto dal romanzo autobiografico di Gavino Ledda (poi premiato al 30° Festival di Cannes con la Palma d’oro come miglior film) e che lo era già stato per il film “Proibito”, tratto dal racconto “La Madre” di G. Deledda, e diretto nel 1954 da Mario Monicelli. Il quindici luglio di ogni anno Cargeghe celebra l’anniversario del martirio dei Santi Quirico e Giulitta, santi patroni, avvenuto durante la persecuzione dei cristiani in Asia Minore in seguito al quarto editto emanato nel 303 dall’imperatore Diocleziano.
 

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