Chi crede che “pizza, spaghetti e mandolino” sia il motto che meglio rappresenta l’Italia si sbaglia. Pochi, forse, sanno che alcuni tra i più grandi inventori, artisti, scultori, storici, letterati e uomini dai più alti intenti, provengono proprio dallo stivale d’Europa. Sì, l’Italia è un Paese di talenti, personalità d’ingegno e con grande capacità di ricrearsi, ricominciare continuamente. E gli italiani all’estero, solitamente, portano con sé grande volontà, impegno, tradizione e qualità. Ed è quello che ha fatto Antonio Dell’Orco, sarto e scrittore milanese trapiantato a Los Angeles da quarantasei anni.
 
Cosa l’ha spinta a trasferirsi negli Stati Uniti?
“Mia sorella si era già stabilita a Washington D.C. e tutte le volte che la sentivo non faceva altro che dirmi di andare da lei, che saremmo potuti stare insieme e aiutarci a vicenda. Così, nel 1964 all’età di 27 anni, ho deciso di raggiungerla. I primi nove mesi non sono stati facili e non mi piaceva molto l’ambiente della città, quindi nel febbraio del ‘64 presi un bus per Los Angeles”.
 
E qui ha fatto la sua fortuna? 

  Tony Dell’Orco con il suo libro “Passion or Compassion”

  Tony Dell’Orco con il suo libro “Passion or Compassion”

“Ricordo di essere arrivato a Los Angeles alle 7 di mattina e, dopo avere dato un’occhiata alle Yellow Pages, ho trovato una sartoria romana. Tre ore dopo stavo già lavorando. A Milano avevo iniziato a lavorare all’età di 13 anni e a 27 avevo già una certa esperienza…”
 
E diciamocelo, i sarti italiani sono i più apprezzati al mondo.
“Certo, l’artigianato italiano è molto richiesto perché è sinonimo di qualità. È un lavoro faticoso, che richiede molti sacrifici, ma mi piace”.
 
Le è mai capitato di cucire abiti per qualche star del cinema?
“Ho avuto la fortuna di fare abiti sia per gli Universal Studios che per la Warner Bros. Ho moltissime foto qui in negozio con alcuni attori famosi; ricordo ancora gli abiti per Ray Romano, Dustin Hoffman, John Wayne, Jerry Lewis e molti altri ancora. Cucire mi piace, ma adesso sto coltivando anche un’altra mia passione, la scrittura”.
 
A proposito di scrittura, lei ha appena pubblicato un libro, “Passion or Compassion”.
“Si. È ambientato sul lago di Braies, tra Bolzano e Belluno, una zona che visitavo spesso in moto con mio fratello. Mi è rimasta nel cuore. La storia racconta di due famiglie che si sostengono a vicenda durante la Seconda Guerra Mondiale, riscoprendo l’amore e la fede”.
 
Si tratta di una storia vera?
“Molto di quello che ho scritto è reale. Mio padre ha combattuto nella Prima Guerra Mondiale e nel libro ho riportato alcune sue testimonianze, ricordi ed esperienze. Credo che ‘Passion or Compassion’ potrebbe essere un bel film, chissà se riuscirò a convincere uno dei producers che conosco…”
 
Una passione per la scrittura che sta diventando un lavoro?
“Quello per la scrittura è un amore che ho sempre coltivato, non lo definirei un lavoro. Ma sono contento per i risultati che ho raggiunto e per quelli che ancora devo raggiungere”.
 
Questo significa che ha altri progetti in cantiere?
“Sto lavorando su diverse cose: il prossimo mese dovrebbero essere pubblicate quattro storie per ragazzi, invece l’anno prossimo è prevista la pubblicazione di due miei libri; ‘The Patriot’ che racconta la storia mia e di mia moglie da quando ci siamo trasferiti in California, e ‘La figlia delle tre religioni: cristiana, ebraica, musulmana’, che riguarda Israele”.
 
Una domanda per veri Italo-Americani, lei scrive in inglese?
“Devo ammettere che scrivere in italiano è molto più semplice per me, ma in questo modo faccio un doppio lavoro perché dopo mi tocca tradurre!”.
 
E l’ultima curiosità, tornerebbe in Italia?
“L’Italia non è più il Paese che ho lasciato. Ci sono tornato 46 anni fa per sposare mia moglie e poi trasferirci qui a Los Angeles. Ora come ora la risposta è no, non tornerei indietro per nulla al mondo”.
 

Receive more stories like this in your inbox