Albera Ligure, comune piemontese con 328 abitanti della provincia di Alessandria in val Borbera.

La storia del paese, così come la gastronomia, gli usi e costumi, balli e musiche (strumento principe di questa zona è il piffero appenninico che accompagnato dalla fisarmonica, e un tempo dalla müsa, la cornamusa appenninica, guida le danze e anima le feste) si alternano tra Piemonte e Liguria. Le prime notizie del borgo, anche se probabilmente di origini liguri, risalgono al medioevo. Circa mille anni fa, attorno al IX secolo, venne fondata, sulle vestigia di un insediamento romano un’abbazia benedettina, dove trovarono rifugio i contadini messi in fuga dalle invasioni barbariche. Nella frazione Figino si possono ancora osservare i resti di una torre antica, forse un osservatorio per segnalare l’avvicinarsi dei Saraceni provenienti dalla Liguria e dal mare.

Con i beni dell’Abbazia, poi decaduta nel XIII secolo, venne creato un feudo signorile ed un’immunità ecclesiastica con a capo un prevosto sotto la diretta protezione papale. All’epoca della fondazione di Alessandria nel 1168 il comune di Albera viene menzionato tra quelli che aderirono alla lotta contro Federico Barbarossa. Verso la metà del XV secolo, il borgo passò sotto la dominazione dei Feudi imperiali liguri ed amministrato da varie famiglie nobili genovesi e tortonesi fino all’abolizione dei feudi imperiali nel luglio 1797. Nel 1861 ritornò ad essere compreso nella provincia di Alessandria.

Nel 1929, secondo ordini del partito fascista, il paese fu aggregato al comune di Rocchetta Ligure ma riacquistò l’indipendenza amministrativa, dopo la II Guerra Mondiale, nel 1947. La manifestazione più importante è la Festa del Pane in località Molino ad acqua di Santamaria, il cui forno, fin dal 1700, ha prodotto prelilibate forme di pane. La festa è organizzata dal Comune la domenica successiva a Ferragosto. Patrono del paese è San Giovanni Battista la cui ricorrenza cade il 24 giugno.

Bagnolo in Piano è un comune di 9.065 abitanti della provincia di Reggio Emilia in Emilia-Romagna.

 Il comune reggiano di Bagnolo in Piano

 Il comune reggiano di Bagnolo in Piano

 
Secondo la tradizione, il toponimo Bagnolo sarebbe derivato da uno dei numerosi corsi d’acqua – il Flumen Baniolus – che attraversavano la piana che in origine altro non era se non un’estesa depressione (la Padusa) poi consolidatasi grazie ai detriti portati a valle dai fiumi. Al 946 si fa risalire la nascita della Bagnolo medievale: il vescovo di Reggio Emilia, Adelardo, assegna la chiesa di Santa Mustiola, posta presso il Castello di Bagnolo, all’illuminazione dell’altare dei martiri Grisante e Daria. Attorno al 1144 si hanno le prime notizie sulla Pieve di Bagnolo, poi denominata Pieve Rossa. Il 1335 segna una data importante: i Gonzaga assumono il dominio che durerà quasi 4 secoli. Nel 1354 Feltrino Gonzaga, inviso al popolo, riedificò la rocca utilizzando pietre ricavate dagli edifici che le sue milizie avevano abbattuto durante la campagna di conquista.
 
Bagnolo affrontò tempi bui all’epoca della guerra di successione spagnola quando (1702) le truppe francesi saccheggiarono il borgo e distrussero la rocca. Estintasi la casata dei Gonzaga nel 1728, il feudo passò nelle mani dell’imperatore Carlo IV che poi lo trasferì al duca d’Este nel 1737. Successivamente agli eventi connessi con la Rivoluzione francese e l’impero napoleonico, il Comune venne ricostituito com’è attualmente con decreto di Luigi Carlo Farini del 4 dicembre 1859. Durante la Seconda Guerra Mondiale Bagnolo in Piano, così come buona parte d’Italia, patì a lungo le sofferenze legate al conflitto.
 
Il 14 febbraio 1945, sotto il Torrazzo (l’unica parte restante dell’antico castello, distrutto per rappresaglia dall’esercito francese di Luigi XIV durante la guerra di successione spagnola), furono fucilati dalla Brigata nera, allo scopo di fiaccare la numerosa resistenza locale, dieci cittadini bagnolesi. Il 3 marzo dello stesso anno, in località San Michele della Fossa, furono giustiziati otto detenuti del carcere di Reggio in rappresaglia della morte di quattro soldati tedeschi.
 
Caivano, comune campano di 37.451 abitanti della provincia di Napoli.

  Il castello di Caivano già citato in un documento del 1432

  Il castello di Caivano già citato in un documento del 1432

 
Il nome del paese ha origine gentilizia cioè deriva dal nome della famiglia latina Calvius. Ritrovamenti archeologici fanno risalire ad epoca osca i primi insediamenti abitativi. Furono gli Etruschi, nel VI secolo a.C., che effettuando bonifica del paludoso territorio di Caivano, ne resero possibile l’abitabilità. Nel IV secolo a.C. si insediarono i Sanniti. L’attuale territorio di Caivano era parte di quello facente capo alla antica città di Atella, distante circa 8 km dall’attuale Caivano. Con la dominazione romana il territorio fu suddiviso in grandi latifondi patrizi, da cui l’altro possibile significato del nome: “fundus Calvanium” cioè proprietà della famiglia Calvanium. Solo nel XII secolo, con l’aumento della popolazione inizia a circolare come “Caivanum”. Con l’invasione longobarda la zona appartenne al principato di Benevento.
 
Il territorio fu oggetto di centuriazione sia all’epoca dei Gracchi che in età augustea. La centuriazione più antica sembra aver influenzato la collocazione delle chiese e della torre del castello mentre per l’altra non vi sono tracce evidenti. Con l’avvento dei Normanni, la cui esistenza è attestata da documenti scritti a partire dal X secolo, divenne un casale del Ducato di Napoli. Alfonso d’Aragona occupò Caivano, per conquistare il regno di Napoli circondato da mura, dovette assediare per ben tre mesi il forte castello, ottenendone alla fine la resa a patti. Il castello di Caivano è anche menzionato in un documento del 1432 in cui si parla della consegna delle fortificazioni di Capua.
 
Nel Cinquecento, come risulta anche da una testimonianza in lingua spagnola, l’abitato era composto da tre nuclei: Caivano, il Borgo Lupario e il borgo S. Giovanni. Fino al XVI secolo Caivano fu il più popoloso dei centri ricadenti sul territorio dell’antica Atella, per cedere poi il passo a Frattamaggiore. Con la costituzione murattiana dei comuni, a Caivano furono aggregati i casali di Pascarola e Casolla Valenzano e il territorio di S. Arcangelo, ormai casale disabitato.
 

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