After Cascia and Todi, the journey to re-discover the customs and traditions of Umbria and its local saints stops in another astonishing medieval town, Gubbio. Nestled at the feet of Mount Ingino, in the northern part of the region, our third and final destination boasts very ancient origins that go back to time immemorial: it seems that the hilly area surrounding modern Gubbio was inhabited already in the Bronze Age, while in pre-Roman times the place had become an important center known by the ancient Umbrian people as Ikuvium.
The town’s early history is nowadays embodied by the precious Iguvine Tablets: found here in 1444 and still housed in Gubbio’s Civic Museum, these are seven bronze tablets containing religious inscriptions in the Osco-Umbrian language (spoken by the ancient peoples of Italy), of which they constitute the most important surviving text. Due to Gubbio’s millennial history, however, you may find here traces from virtually every other era of the past: for example, the ancient Roman archaeological site just outside the city walls, including the ruins of a large theater and a mausoleum. Alternatively, there is also the town’s medieval historical center, with its wonderful uphill lanes and gray stone buildings, its Renaissance-style Ducal Palace (built for Federico da Montefeltro, Duke of Urbino), and the famous Palazzo dei Consoli (Consuls Palace) overlooking the Piazza Grande main square, a real “balcony” from which to enjoy an amazing view over the rooftops and the valley below.
Gubbio is really a summary of Umbrian traditions and Italy’s long history. All in all, the town is probably best known as the setting for a popular episode from the life of Saint Francis: his legendary taming of the wicked Wolf of Gubbio, first told in the anonymous 14th century anthology of anecdotes titled I Fioretti di San Francesco (The Little Flowers of St. Francis). The presence of the Saint from Assisi can still be seen almost everywhere in the town, but his memory is tied to two places in particular: the Chiesa della Vittorina, around which Francis eventually tamed the Wolf, and the Chiesa di San Francesco, erected after the Saint’s death in the same area where the animal used to live (what is more, the Wolf is said to be buried right here).
As it was the case with Todi, anyway, the people of Gubbio do not pay special devotion to just one saint: in fact, they have an even greater respect for St. Ubaldo (Ubald), the local patron saint. Born into the noble Baldassini family around the year 1085, upon his father’s death the young Ubaldo was soon inclined to religion by his own uncle. After his studies in the Monastery of San Secondo, he then renounced his worldly goods and became priest, prior of the Gubbio Cathedral, and finally Bishop of Gubbio.
In the course of his humble life, Ubaldo always worked for the benefit of his fellow citizens: he helped to reconstruct the city after a fire, and he even negotiated with the Holy Roman Emperor Frederick I Barbarossa to prevent him from attacking the city. It is not surprising that so many pilgrims began to pay him homage soon after he died, all the more so upon his canonization in 1192, when the Saint’s body was found incorrupt and was moved from the Cathedral to a small sanctuary on the top of Mount Ingino, later to become the Basilica di Sant’Ubaldo (XVI century).
Today, you can reach the peacefulness of this isolated shrine in just six minutes by taking the cable car connecting the town to the “Colle Eletto dal Beato Ubaldo” (Blest Ubaldo’s Chosen Hill), as the Mount was dubbed by none other than Dante in his Divine Comedy. Consider that this is also the same slope on which the lightning illumination called “the biggest Christmas tree in the world”, yet another hallmark of Gubbio, is installed every winter! Whatever the season, though, you might want to reach the top of the hill and enjoy the breath-taking panorama, or else take a look inside the Basilica to admire the multicolored stained glass windows representing scenes from Ubaldo’s life, as well as the high marble altar with the glass and bronze coffin containing the Saint’s remains.
Also kept in the Basilica are the three big wooden structures known as Ceri (Candles), which are brought down to the Palazzo dei Consoli every year on the first Sunday of May, only to be brought back to the Colle Eletto on May 15 with a peculiar uphill run in honor of the Saint. This is how the people of Gubbio have celebrated the world-famous feast called Corsa dei Ceri since Ubaldo’s death in 1160 (curiously enough, the same feast is also celebrated in Jessup, Pennsylvania by the local Italian American community).
In other words, because of its history, folklore, religion, and landscape, Gubbio stands out as one of the most exemplary Umbrian locations. When the official symbol of the whole Umbria region was to be decided in 1973, a stylized version of the Tre Ceri of Saint Ubaldo Day was chosen: just further evidence that the town of Gubbio – in which our journey comes to an end – is arguably the ultimate summary of this land of saints and traditions.
Dopo Cascia e Todi, il viaggio alla riscoperta dei costumi e delle tradizioni dell’Umbria e dei suoi santi locali si ferma in un’altra sorprendente città medievale: Gubbio. Annidata ai piedi del Monte Ingino, nella parte settentrionale della regione, la nostra terza e ultima destinazione vanta origini molto antiche che risalgono a tempi immemorabili: sembra che l’area collinare che circonda la moderna Gubbio fosse già abitata nell’Età del Bronzo, mentre in epoca pre-Romana il posto fosse diventato un importante centro conosciuto dagli antichi popoli umbri come Ikuvium.
La storia iniziale della città è oggi custodita dalle preziose Tavole Igubine: trovate qui nel 1444 e ancora conservate nel Museo Civico di Gubbio, queste sette tavole di bronzo contengono iscrizioni religione nella lingua osco-umbra (parlata dalle antiche popolazioni italiche), di cui costituiscono i più importanti testi sopravvissuti. Vista la storia millenaria di Gubbio, comunque, si possono virtualmente trovare tracce di tutte le altre ere del passato: per esempio, i siti archeologici degli antichi Romani appena fuori dalle mura cittadine, includono le rovine di un grande teatro e di un mausoleo. In alternativa, c’è anche il centro storico cittadino di epoca medievale con le meravigliose file di palazzi in salita in pietra grigia, il suo palazzo ducale in stile rinascimentale (costruito da Federico da Montefeltro, duca di Urbino) e il famoso Palazzo dei Consoli che si affaccia sulla Piazza Grande, una vera “balconata” da cui si gode una sorprendente vista sui tetti e la valle sottostante.
Gubbio è davvero la somma delle tradizioni umbre e della lunga storia dell’Italia. Nel complesso, la città è probabilmente meglio conosciuta come il luogo di un popolare episodio della vita di San Francesco: il suo leggendario addomesticamento del cattivo Lupo di Gubbio, per la prima volta raccontato da un’anonima antologia del 14° secolo intitolata I Fioretti di San Francesco. La presenza del Santo di Assisi può essere ritrovata quasi ovunque in città ma la sua memoria è legata a due posti in particolare: la Chiesa della Vittorina, attorno a cui Francesco pare addomesticò il lupo e la Chiesa di San Francesco, eretta dopo la morte del Santo nella stessa area dove l’animale era solito vivere (c’è di più: si dice che il lupo sia sepolto proprio qui).
Come nel caso di Todi, comunque, la gente di Gubbio non ha particolare devozione per un solo santo: infatti hanno anche grande rispetto per San Ubaldo, il locale santo patrono. Nato nella nobile famiglia Baldassini attorno all’anno 1085, dopo la morte di suo padre il giovane Ubaldo fu presto indirizzato alla religione dallo zio. Dopo gli studi nel monastero di San Secondo, rinunciò ai suoi beni terreni e divenne prete, priore della cattedrale di Gubbio e alla fine arcivescovo di Gubbio.
Nel corso della sua umile vita, Ubaldo lavorò sempre a beneficio dei suoi concittadini: aiutò a ricostruire la città dopo un incendio e negoziò anche con Federico Barbarossa imperatore del Sacro Romano Impero per evitare che attaccasse la città. Non sorprende che tanti pellegrini abbiano iniziato a tributargli onori subito dopo la morte, e anche di più quando fu canonizzato nel 1192, quando il corpo del santo fu trovato incorrotto e fu spostato dalla cattedrale a un piccolo santuario in cima al Monte Ingino, successivamente diventato la Basilica di Sant’Ubaldo (XVI secolo).
Oggi si può raggiungere la pace di questo isolato santuario in appena sei minuti prendendo la funivia che collega la città al “Colle Eletto dal Beato Ubaldo” come il monte fu chiamato niente meno che da Dante nella sua Divina Commedia. Si consideri che questo è lo stesso pendio su cui l’istallazione luminosa chiamata “il più grande albero di Natale del mondo”, un altro segno distintivo di Gubbio, è collocata ogni inverno! Qualunque sia la stagione comunque, bisognerebbe raggiungere la cima della collina per godere di un panorama che toglie il fiato o magari per dare uno sguardo dentro la Basilica e ammirare le vetrate multicolori che rappresentano le scene di vita di Ubaldo o anche l’altare maggiore in marmo con la teca di bronzo e vetro che contiene le spoglie del santo.
Sempre conservati nella Basilica ci sono tre grandi strutture di legno conosciute come Ceri che sono portati giù a Palazzo dei Consoli ogni anno la prima domenica di Maggio solo per essere riportati al Colle Eletto il 15 Maggio con una caratteristica corsa su per la collina in onore del Santo. Questo è il modo in cui la gente di Gubbio celebra la famosa festa chiamata la Corsa dei Ceri dal 1160, anno della morte di Ubaldo (piuttosto curiosamente la stessa festa è celebrata a Jessup, Pennsylvania, dalla locale comunità italo-americana).
In altre parole, per la sua storia, folklore, religione e paesaggi, Gubbio spicca come una delle località esemplari dell’Umbria. Quando il simbolo ufficiale dell’intera regione umbra fu deciso del 1973 fu scelta una versione stilizzata dei tre Ceri del giorno di sant’Ubaldo: un’ulteriore evidenza di come la città di Gubbio – dove termina il nostro viaggio – è evidentemente la somma finale di questa terra di santi e tradizioni.
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