In provincia di Ancona, al confine tra Fabriano e Sassoferrato, si trova  l’azienda agricola dei fratelli Sbaffi, Francesco, Lorenzo, Luigi, Edoardo. Musica e vino, entrambi di tradizione, sono i fili conduttori della loro vita: è Girolamo Sbaffi, vissuto alla fine dell’800 ad aver inaugurato una vera e propria  dinastia di enologi musicisti. Ogni fratello apporta il proprio contributo all’azienda, alcuni sono più enologi, altri più musicisti, dipende anche dalle fasi di vita. 
Qui si producono lo “Spumante Castellare” e il “Castellare Rosè”, il primo ricavato da uve Chardonnay, il secondo da Sangiovese e Cabernet Sauvignon, dove “Castellare” identifica il terroir: così si chiama il monte che sovrasta l’azienda.
 
 Questo è il primo anno di commercializzazione – la vendemmia è 2011 – dopo  il battesimo all’Expo con una settimana di degustazioni. Una produzione di nicchia, interessante per qualità e per il metodo adottato: questi Spumanti vengono realizzati seguendo le nozioni raccolte dal medico, nonché monaco benedettino, Francesco Scacchi di Fabriano. 
Nel 1622 esce il suo libro in latino, il “De Salubri Potu Dissertatio” ripubblicato in tempi ben più recenti da una Fondazione bancaria. Oltre ad occuparsi dei benefici che un uso moderato del vino può portare alla salute, spiega le proprietà dei vini frizzanti e descrive la tecnica con cui al tempo venivano realizzati, dedicando un intero capitolo all’argomento. 
 
Abbiamo detto nel 1622, quindi circa 50 anni prima che un altro monaco benedettino, questa volta in Francia, Pierre Pérignon, legasse il suo nome all’invenzione dello Champagne. 
Ora questa piccola produzione inserisce elementi di novità sulla storia della spumentizzazione. È bene però sottolineare una differenza con il “metodo classico”: per la fase di rifermentazione che avviene in bottiglia, con il “metodo Scacchi” viene aggiunto il mosto e non zucchero di canna. Un particolare che arricchisce naturalità ad un percorso incentrato sulla assoluta attenzione al territorio, senza intervento di elementi esterni. L’altra caratteristica è che ai lieviti endogeni si offre la possibilità di lavorare a lungo per far sì che gli aromi si depositino piano piano. 
Insomma uno spumante che non ha fretta, che dopo la vinificazione sta in grotta per tre anni. 
 
Un invecchiamento molto spinto se si pensa che il cosiddetto “metodo classico” si stappa anche dopo 18 mesi, il risultato è una differenza che si nota anche a prima vista: le bollicine sono piccole-piccole e l’effervescenza più delicata, più morbida; fragranza e aroma varietale vengono esaltati. Come si capisce c’è un’immobilizzazione di capitale e un lavoro maggiore, la stessa gestione del “remuage”, il supporto dove stazionano le bottiglie per la rotazione e scuotimento, è più impegnativa, si fa bottiglia per bottiglia, un’operazione di “meditazione quasi un ritmo, una melodia”. 
 
Per il 2020, è prevista la prossima sfida dei fratelli Sbaffi: uno Spumante ottenuto da uve di Petrignone, vitigno autoctono e parente stretto del Trebbiano, sempre naturalmente con il metodo Scacchi. Intanto a condurre una visita guidata promozionale sono i fratelli Francesco e Lorenzo, il primo insegnante e direttore dell’azienda agricola didattica all’Istituto agrario di Fabriano, il secondo direttore d’orchestra. 
Alla visita partecipa Pierce Carson, esperto di vino e giornalista del “Napa Valley Register”, attratto da questa sperimentazione e produzione, oltre che amico di quest’area: Sassoferrato ha dato i natali alla famiglia di Robert Mondavi, una delle figure più importanti nella storia del vino non solo d’America e Carson ha scritto molto su questo personaggio di cui anche qui si va naturalmente fieri. 
A promuovere l’incontro Rita Ballanti, che è la responsabile dell’Associazione per l’emigrazione “SassoferratoMia”, molto più che un’organizzazione per i contatti con i concittadini sparsi nel mondo: è una struttura che favorisce le relazioni tra le Marche e i Paesi di destinazione dell’emigrazione facendone un punto di forza. 

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