Ottimo soldato e buon capitano, ma politico mediocre, fu spesso una pedina nel gioco dei pretendenti e dei favoriti del regno di Napoli. Attraverso i suoi matrimoni seppe incrementare e consolidare la fortuna che s’era creata con le armi; ebbe numerosi figli, di cui molti naturali poi legittimati. Figlio naturale fu il grande Francesco, futuro duca di Milano, natogli da Lucia Terziani.
Muzio Attendolo Sforza nacque a Cotignola il 28 maggio 1369 in Romagna, da Giovanni Attendolo ed Elisa Petracini. Passò alla storia con questo nome ma, ai suoi tempi, veniva chiamato Muzzo, da Giacomuzzo. Furono i cronisti posteriori che, per nobilitarne la stirpe, arrivata al potere, trasformarono il popolare soprannome nel romano, nobile Muzio.
Si narra che una sera del 1382 il giovane Giacomo, mentre stava zappando un campo, vide passare dei soldati della compagnia di Boldrino da Panicale alla ricerca di nuove leve. Attratto dall’idea scagliò la zappa in alto, se essa fosse tornata a terra sarebbe rimasto se invece si fosse impiantata in un albero avrebbe seguito la compagnia.
La zappa si impigliò in una quercia, Giacomo rubò un cavallo al padre e seguì i soldati. Iniziò così la sua carriera militare vera e propria come capitano di ventura di Alberico da Barbiano che gli diede il soprannome Sforza per la sua capacità di rovesciare le situazioni a suo favore e in riferimento al vigore fisico. Si raccontava infatti che fosse in grado di piegare un ferro di cavallo con la sola forza delle mani.
Si pose al seguito del re Ladislao, in guerra contro il pontefice poi si fermò nel napoletano e alla morte del sovrano nell’ agosto del 1414 rimase a servizio dell’erede Giovanna II. Nel 1417 il Papa chiese a Giovanna II l’invio di truppe per resistere a Braccio da Montone e Muzio Attendolo ne fece parte insieme al figlio Francesco. Nel 1418 fu nominato gonfaloniere della Chiesa e assunse il comando delle truppe pontificie.
La sua avventurosa esistenza si concluse il 4 gennaio 1423, quando Giovanna diede allo Sforza l’incarico di andare a soccorrere la città dell’Aquila che stava subendo l’assedio di Braccio da Montone.
Muzio, nel tentativo di guadare il fiume mentre un suo paggio rischiava di affogare, spinse il suo cavallo nel fiume per salvarlo, ma essendosi le gambe posteriori del destriero affondate nella melma fangosa, egli fu rovesciato dalla sella. Il cavallo allora libero del peso giunse alla riva e il capitano sotto la pesante armatura, affondò nel fiume. Nessuno ritrovò il suo cadavere. Vi sono due dipinti in Abruzzo che ritraggono la scena dell’annegamento di Muzio Attendolo Sforza.
Il primo è un disegno che ritrae il luogo nel quale annegò il condottiero di ventura Muzio Attendolo Sforza all’inizio del 1424 e fa parte della serie di bozzetti realizzati nel corso dell’Ottocento da Consalvo Carelli riguardante paesaggi e monumenti abruzzesi.
Si compone di tre parti: sullo sfondo alcune case ed un ponte sul fiume in lontananza, una torre cilindrica su una lingua di terra più vicina e, quasi in primo piano, due donne in costume che sostano presso il fiume dopo aver appoggiato un recipiente per l’acqua su un blocco di pietra. Attualmente è conservato presso la Pinacoteca Civica “Vincenzo Bindi” di Giulianova.
Il secondo è un dipinto a olio su tela di Gennaro Della Monica conservato presso la Pinacoteca d’arte “Costantino Barbella” di Chieti. Il pittore ha inteso rappresentare il singolare episodio conferendogli un tono romantico, accentuato dalla colorazione cupa e dalle luci crepuscolari.