Naples has her sfogliatella, the North plays with the Teutonic idea of krapfen, but Rome… Rome has the maritozzo. You look at it and it’s perfect: golden and shiny, sliced in a half, its creamy filling perfectly levelled all at the same height by expert hands. All you want to do is bite into it, really. In its simplicity, it’s perhaps the most decadent sweet concoction one can think of.
How can you miss it, when walking around the Eternal City or stopping somewhere for a caffè? Rome’s maritozzo is ubiquitous and beloved, so much so there’s even poetry written about it: in Romanesco dialect, of course, because that’s what maritozzo is, Roman to the core, honest, delicious and without excuses: te guardo ‘mbambolato e con amore, says Ignazio Sifone in his Ode al Maritozzo, and how could you not? It’s perfect and beautiful, a golden, buttery sweet loaf, sliced in a half and filled with the whiteness of cream and custard or many, many other delicacies.
In itself, maritozzo is simple: a leavened pastry made with flour, yeast, water, sugar, eggs, milk and butter, usually filled with – we said — whipped cream or custard. However, there are as many variations of it as there are days in the year: during Lent, you’ll find it filled with pinenuts and raisins; some like it covered in chocolate while the more adventurous love it with savory fillings such as burrata, tomatoes, pesto and even baccalà. While as traditional and Roman as ever it can get, maritozzo doesn’t dislike modernity and, aware of the many different people of the world, it has also become vegan and gluten free.
Maritozzo is a treat for every moment of the day: you can have it for breakfast with your cappuccino or espresso or as a decadent morning break, but even for lunch, if that’s what strikes your fancy. There is no limit to your imagination with maritozzi, really.
Let’s talk history now. According to some, maritozzi’s oldest ancestors were made in ancient Rome, when caring wives would bake loaves of bread with honey and raisins for their husbands, who would carry them along to the fields where they worked; it seems that the first actual maritozzi were inspired by this recipe, as the presence of raisins seems to attest. Indeed, tradition says that ancient Roman maritozzi, larger and made with raisins, continued to be popular during the Middle Ages, and that they were a staple of farmers’ lunches around the region of Lazio.
In more recent times, maritozzo became the only treat Romans would concede themselves during Lent, but er Santo Maritozzo – so it was called – was smaller than usual and made with raisins, pine nuts and candied orange peel.
As interesting as its history can be, maritozzo’s most curious feat is certainly its name. Tradition says that, once upon a time, maritozzi were a special gift men would give their betrothed on the first Friday of March (it was the equivalent of today’s Saint Valentine’s day): often, hidden inside their luscious cream, there was a little gift, symbol of love and dedication. Traditionally, the pastry was decorated with two sugar hearts or two joined hands. Another legend says that it was women that gifted maritozzi to men: girls ready to marry would bake and gift a maritozzo to the most handsome bachelor in the village, who would pick the best pastry and marry the person who baked it. In both cases, the etymology of the name is clear: maritozzo comes from marito, husband, of which it is a diminutive of sort.
While typical of Rome, maritozzi are also made in other areas of Lazio where, not surprisingly in a country with such a lively language, they get different names: in Carbognano they are called maritelli, in Vetralla panmariti and in Vignanello panpariti.
While traditionally Roman, maritozzi are made in other regions, too, but they are not quite the same as the ones we’ve been talking about. In Le Marche, maritozzi are small bread loaves filled with raisins, only made during the fall, when they are eaten abundantly with mulled wine and chestnuts. Puglia and Sicily also have their own maritozzi: they are shaped like plaits, dusted with castor sugar and they are very similar, in flavor and consistency, to pain brioche.
Then, of course, we have maritozzi salati, or savory maritozzi, which are popular in Rome: shape-wise, they are similar to their sweet cousins, but they are made with less sugar, so that their flavor is more neutral and doesn’t overpower whichever filling one decides to use. They have become a bit of a staple of Rome’s street food and you should definitely try them, the next time you’re visiting the capital.
If undecided between having a sweet maritozzo or a savory one, just do like the Romans do: have one with every coffee and enjoy them all!
Napoli ha la sua sfogliatella, il Nord gioca con l’idea teutonica dei krapfen, ma Roma… Roma ha il maritozzo. Lo guardi ed è perfetto: dorato e lucido, tagliato a metà, il suo ripieno cremoso perfettamente livellato alla stessa altezza da mani esperte. Tutto quello che vorresti fare è solamente morderlo. Nella sua semplicità, è forse il dolce più goloso che si possa immaginare.
Come si può non vederlo, quando si passeggia per la Città Eterna o ci si ferma da qualche parte per un caffè? Il maritozzo a Roma è onnipresente e amato, tanto che c’è persino una poesia scritta su di esso: in dialetto romanesco, ovviamente, perché il maritozzo è così, romano fino al midollo, onesto, delizioso e senza scuse: te guardo ‘mbambolato e con amore, dice Ignazio Sifone nella sua Ode al Maritozzo, e come non farlo? È perfetto e bello, una pagnotta dolce dorata e burrosa, tagliata a metà e riempita con il candore della panna e della crema pasticcera o di tante, tante altre delizie.
In sé, il maritozzo è semplice: una pasta lievitata fatta con farina, lievito, acqua, zucchero, uova, latte e burro, solitamente riempita con – abbiamo detto – panna montata o crema pasticcera. Tuttavia, ne esistono tante varianti quanti sono i giorni dell’anno: durante la Quaresima, lo troverete ripieno di pinoli e uva passa; ad alcuni piace ricoperto di cioccolato mentre i più avventurosi lo amano con ripieni salati come burrata, pomodori, pesto e persino baccalà. Pur essendo tradizionale e romano, come sempre il maritozzo non disdegna la modernità e, consapevole dei diversi popoli del mondo, è diventato anche vegano e senza glutine.
Il maritozzo è una delizia per ogni momento della giornata: puoi mangiarlo a colazione con il tuo cappuccino o espresso o come una ricca pausa mattutina, ma anche per il pranzo, se è quello che ti va. Davvero non c’è limite all’immaginazione con i maritozzi.
Ora parliamo della storia. Secondo alcuni, i più antichi antenati dei maritozzi erano fatti già nell’antica Roma, quando mogli premurose preparavano pagnotte di pane con miele e uva passa per i loro mariti, che le portavano con sé nei campi dove lavoravano; sembra che i primi maritozzi attuali siano stati ispirati da questa ricetta, come sembra attestare la presenza dell’uva passa. Infatti, la tradizione dice che gli antichi maritozzi romani, più grandi e fatti con l’uvetta, continuarono ad essere popolari durante il Medioevo, e che erano un punto fermo nei pranzi dei contadini in tutta la regione del Lazio.
In tempi più recenti, il maritozzo divenne l’unico dolcetto che i romani si concedevano durante la Quaresima, ma er Santo Maritozzo – così veniva chiamato – era più piccolo del solito e fatto con uva passa, pinoli e scorza d’arancia candita.
Per quanto interessante possa essere la sua storia, l’aspetto più curioso del maritozzo è certamente il nome. La tradizione dice che, un tempo, i maritozzi erano un regalo speciale che gli uomini facevano alle loro promesse spose il primo venerdì di marzo (era l’equivalente dell’odierno San Valentino): spesso, nascosto all’interno della loro lussuosa crema, c’era un piccolo dono, simbolo di amore e dedizione. Tradizionalmente, il pasticcino veniva decorato con due cuori di zucchero o due mani unite. Un’altra leggenda dice che erano le donne a regalare maritozzi agli uomini: le ragazze pronte a sposarsi preparavano e regalavano un maritozzo allo scapolo più bello del paese, che sceglieva il dolce migliore e sposava colei che lo aveva preparato. In entrambi i casi, l’etimologia del nome è chiara: maritozzo deriva da marito, di cui è una specie di diminutivo.
Pur essendo tipici di Roma, i maritozzi si fanno anche in altre zone del Lazio dove, come avviene in un paese con una lingua così vivace, prendono nomi diversi: a Carbognano si chiamano maritelli, a Vetralla panmariti e a Vignanello panpariti.
Pur essendo tradizionalmente romani, i maritozzi si fanno anche in altre regioni, ma non sono proprio uguali a quelli di cui abbiamo parlato. Nelle Marche, i maritozzi sono piccole pagnotte di pane ripiene di uva passa, fatte solo durante l’autunno, quando si mangiano abbondantemente con vin brulé e castagne. Anche la Puglia e la Sicilia hanno i loro maritozzi: sono a forma di treccia, spolverati di zucchero semolato e sono molto simili, per sapore e consistenza, al pain brioche.
Poi, naturalmente, abbiamo i maritozzi salati, che sono popolari a Roma: la forma è simile ai cugini dolci, ma sono fatti con meno zucchero, in modo che il loro sapore sia più neutro e non sovrasti qualsiasi ripieno si decida di usare. Sono diventati un punto fermo dello street food romano e dovreste assolutamente provarli, la prossima volta che visiterete la capitale.
Se siete indecisi tra un maritozzo dolce o uno salato, fate come fanno i romani: prendetene uno diverso ad ogni caffè e godeteveli tutti!
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