La Romagna, soprattutto nella parte collinare e pedemontana delle Provincie di Forlì-Cesena e Ravenna (compresa Faenza), vanta una gloriosa tradizione vitivinicola, grazie alla posizione favorevole tra Appennino e pianura, composizione e varietà dei terreni e vitigni acclimatati da secoli.
Vino, Romagna e California, hanno molti punti in comune, uno di questi è rappresentato dal “Master of Sangiovese”, un corso per esperti del settore organizzato dalla North American Sommelier Association (Nasa), con sede a Los Angeles, che nel suo staff annovera Diego Meraviglia (Gold-Pin Sommelier e Master Tester) attuale Wine Director del ristorante Neapolis di Pasadena e Giammario Villa, Wine Selection presso la Golden State Wine Company.
Recentemente, durante la nona edizione di “Vini ad Arte”, svoltasi presso il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, Villa ha tenuto un seminario dedicato al “Sangiovese nel mercato del Nord America”.
Tra gli eventi organizzati dall’Associazione dei sommelier per il 2014, segnaliamo l’Italian Wine Specialist Certification, che si terrà alla Wine House di Los Angeles il prossimo 6 luglio.
Nell’ottobre 2013 i vini romagnoli sono stati protagonisti a Los Angeles, Boston e Chicago, in un “dinner-educational” organizzato dal Consorzio Vini di Romagna, occasione in cui il presidente Giordano Zinzani ha confermato l’importanza del mercato americano per la nostra produzione.
I vini romagnoli hanno una storia che si perde nella notte dei tempi. Dei cinque che possiamo definire classici, due vitigni (Sangiovese e Trebbiano) sono i più diffusi nel territorio nazionale, padri maggioritari di molti vini, anche di grande pregio. Gli altri tre sono: Albana, Pagadebit e Cagnina.
Le prime notizie riguardanti il Sangiovese (a bacca rossa) risalgono al lontano ‘600; quando durante un banchetto tenuto nel monastero dei frati cappuccini in Santarcangelo di Romagna, alla presenza di Papa Leone XII, fu servito questo vino prodotto dagli stessi monaci. Ne fu chiesto il nome e un monaco disse che quel vino rosso si chiamava “Sanguis di Jovis” – Sangue di Giove (Sanjovese). Col passare degli anni, il Sangiovese assunse a simbolo della terra di Romagna, pur essendo diffuso in quasi tutto il territorio nazionale ed è il vitigno tradizionalmente più importante dell’areale toscano.
L’Albana è un vitigno cosiddetto “a bacca bianca” (foglia grande e pentagonale, buccia di colore giallo intenso) ed è coltivato nelle provincie di Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna. L’origine di quello che è definito il “biondo nettare di Romagna” sembra risalire ai tempi dei romani. Se ne trova traccia negli scritti di quell’epoca che riferiscono di Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio.
Molto più probabilmente il suo nome deriva dalla qualità dell’uva chiara, che è considerata la migliore delle uve bianche, da cui “Albus” (bianco per eccellenza) – Albana. Il paese di riferimento di questo vino è Bertinoro, arroccato su una piccola collina tra Forlì e Cesena. Dal 2011 è nata la nuova denominazione Romagna Albana (certificato Docg, denominazione di origine controllata e garantita).
Il Pagadebit è un vino a “bacca bianca”, composto per l’85% dal vitigno Bombino Bianco, che resiste a qualsiasi condizione climatica. Il suo nome deriva dal fatto che i contadini, grazie alla sua resistenza riuscivano sempre a pagare i debiti contratti nell’annata vitivinicola. Una volta era usanza stipulare contratti sulla parola, detti appunto Pagadebit.
Il Trebbiano fa parte di una delle famiglie di vitigni a bacca bianca, tra i più diffusi in Italia, presente nell’uvaggio di moltissimi vini Doc, denominazione di origine controllata. L’origine, in Romagna risale ai periodi Etrusco e Romano, dove i colonizzatori impiantarono vitigni dopo la bonifica e l’appoderamento delle terre. Col passare degli anni, dall’antico ceppo di Trebbiano ne è nata una famiglia coltivata anche negli Usa, in California. Un buon Trebbiano di Romagna si sposa con tutti i formaggi freschi molli della sua zona (Robiola, Raviggiolo, Casatella e Squacherone).
La Cagnina è un vino a “bacca rossa” di antica coltivazione, particolarmente dolce e amabile, pronto da bere subito dopo la vendemmia, che si ottiene per almeno l’85% dalle uve del vitigno “Refosco” localmente denominato “Terrano”.
Di questo vino se ne parla sin dall’epoca bizantina durante la quale fu importato dalla Dalmazia e dall’Istria, in occasione dell’acquisto di pietra calcarea per la costruzione dei monumenti storici di Ravenna.
Le prime notizie di questo caratteristico vino risalgono al XIII secolo e si riferiscono alla vite e al vino friulano (barbatelle di Terrano d’Istria o del Carso, sinonimi di Refosco d’Istria o del Carso).
La prima tappa del tour americano, cui hanno partecipato, oltre al Consorzio anche nove aziende agricole, si è svolta a Boston il 25 e 26 ottobre scorso, in occasione del “Wine-Riot”, un appuntamento rivolto ai consumatori finali per avvicinare al mondo del vino anche inesperti e curiosi.
I vini di Romagna sono poi “volati” a Chicago e a Los Angeles, dove sono stati organizzati due workshop cui hanno partecipato circa 300 operatori dell’importazione e della distribuzione nord-americana.
A Los Angeles si è svolta anche una degustazione per operatori della ristorazione creata su misura dall’associazione sommelier locale nel noto ristorante “Terroni”, dove i vini sono stati abbinati ad alcune preparazioni gastronomiche romagnole e locali.
Nel 2013 l’Emilia-Romagna è risultata la quinta regione italiana per volume d’affari nell’esportazione di vino.