Davvero si può chiudere la manifattura delle porcellane italiane per eccellenza?
Purtroppo non è raro, di questi tempi nel nostro Paese, sentir parlare della chiusura di aziende, di fallimenti, di cassa integrazione. Si presume addirittura che 5 aziende italiane su 6 chiuderanno i battenti entro il 2013.
Una grande e celebre azienda, come la Manifattura di Doccia, la Richard Ginori, è già stata dichiarata fallita lo scorso 7 gennaio. E non si tratta di un’azienda qualsiasi, ma di una realtà economica che affonda le sue radici nella storia.
La Manifattura Ginori fu fondata nel 1737 dal marchese Carlo Ginori a Doccia, presso Sesto Fiorentino, ed era già allora modernissima. Come afferma Cristina Acidini, Soprintendente al Polo Museale Fiorentino, la fabbrica fu impiantata in singolare e certo non programmata coincidenza con l’anno della morte di Gian Gastone de’ Medici, ultimo granduca della sua stirpe, quasi a segnare l’inaugurazione simbolica di una nuova era che, sotto i Lorena e specialmente sotto Pietro Leopoldo, avrebbe visto affermarsi in Toscana la crescita imprenditoriale e tecnologica. Se i Medici dal tempo del principe Francesco, in pieno XVI secolo, erano riusciti a produrre una sperimentale pseudo-porcellana, sarebbe toccato ai Ginori importare in Toscana, nella scia delle più avanzate manifatture europee, la tecnica dell’autentica porcellana orientale.
Il cambiamento che l’avvento dell’impero napoleonico portò nel governo della Toscana ebbe i suoi riflessi nelle discipline artistiche fin dal regno di Etruria (1801-1807) con Luisa di Borbone Parma, ma soprattutto negli anni della presenza di Elisa Baciocchi, la quale, sorella di Napoleone, dapprima principessa di Lucca e Piombino dal 1805 al 1809 e poi granduchessa di Toscana dal 1809 al 1814, promosse un rinnovato interesse per le arti di cui da tempo si sentiva la mancanza.
Il suo mecenatismo non soltanto richiamò a Firenze scultori, pittori e musicisti, ma sostenne anche le industrie artigiane toscane, incentivando la lavorazione della seta, della mobilia e della porcellana. In questo rinnovato fervore artistico, la Manifattura di Doccia occupò un posto di rilievo, accogliendo importanti influssi francesi sia nella ricerca delle forme che nei moduli decorativi. In particolare, la Manifattura, sotto l’illuminata direzione di Carlo Leopoldo Ginori Lisci (1792-1838) fu partecipe di importanti innovazioni tecniche e stilistiche provenienti dalla Francia, creando una tipologia decorativa che rimase in voga fino a tutto il terzo decennio del XIX secolo.
L’influenza dello stile impero francese continuò con il ritorno a Firenze di Ferdinando III di Asburgo Lorena che, rientrato dal suo esilio a Würzburg, ebbe modo di integrare le raccolte granducali con le porcellane di Sèvres donategli da Napoleone Bonaparte. L’arrivo di queste importanti donazioni di porcellana influenzò molto lo sviluppo artistico della manifattura Ginori che, durante la prima Restaurazione lorenese, non solo copiò alcuni di questi modelli, ma perfezionò la sua produzione grazie all’intenso scambio con le manifatture francesi, in particolare con Sèvres diretta da Alexandre Brongniart.
Artisti stranieri, come Jean David, Joseph de Germain e Abraham Constantin, abilissimi nella riproduzione su porcellana delle opere delle antiche Gallerie Fiorentine e chiamati a formare giovani pittori della manifattura come Giuseppe Baldassini e Giovanni Fanciullacci, contribuirono a un ulteriore innalzamento della qualità della manifattura.
Nel quarantennale dell’apertura del Museo delle Porcellane di Palazzo Pitti, il Polo Museale Fiorentino ha allestito fino al 23 giugno prossimo, nello splendido Museo degli Argenti a Firenze, la mostra “Lusso ed eleganza. La porcellana francese a Palazzo Pitti e la Manifattura Ginori (1800-1830)”, in cui si possono ammirare per la prima volta quasi tutte le sorprendenti placche di-pinte dal ginevrino Abraham Constantin (1785-1855). Su queste lastre di porcellana l’artista propose copie di opere di antichi e pregevoli maestri quali Raffaello, Tiziano, Carlo Dolci, Andrea del Sarto, Ludovico Cigoli.
In mostra vi sono circa 150 opere, 20 delle quali inedite, prestate da musei di tutta Europa, come la serie di piatti destinati al Kedivé d’Egitto e commissionati alla Ginori negli anni 1822-1824 dal granduca Leopoldo II per ringraziare il Kedivé per il suo dono di una giraffa, tutt’ora conservata alla Specola di Firenze; la teiera e il vassoio donati da Napoleone a Elisa Bonaparte nel 1813, oggi riuniti; il tavolo del Re Ludovico I di Borbone, re di Etruria, inviato da Napoleone per la nuova coppia regnante che al suo arrivo a Firenze trovò la Reggia di Pa-lazzo Pitti, disadorna e carente di arredi, suppellettili e stoviglie.
È senza dubbio una mostra ce-lebrativa della Manifattura di Doccia, l’unico contributo che il mondo dell’arte può offrire, in questo momento di grave crisi.
La prima sala, di Giovanni da San Giovanni, come ci ricorda Maria Sframeli, Direttrice del Museo degli Argenti, è la stessa che aveva accolto, il 3 ottobre 1809, il pranzo offerto in occasione della premiazione dell’Ac-cademia, cui parteciparono Ca-nova, Benvenuti e i giovani premiati, che non poterono però essere serviti nei magnifici piatti blu e oro di Sèvres che giunsero in dono solo l’anno dopo.
Dopo gli anni d’oro del XVIII secolo, la Ginori, fusa dal 1896 con la Richard, ha conosciuto tempi difficili: nel 1970 l’azienda diventa una controllata della Finanziaria Sviluppo di Michele Sindona, che nel 1973 la cede alla Liquigas. Si fonde poi con la Pozzi ed infine diventa parte del gruppo assicurativo Sai.
Si succedono vari altri passaggi, anche la Bormioli Rocco & Figli entra a far parte per breve tempo della società. Nell’ottobre 2007 la Manifattura viene rilevata dalla Starfin Spa di Roberto Villa, ma varie vicissitudini porteranno alla sospenzione dell’attività nell’agosto 2012.
Dal 2003 si è costituita l’Associazione Amici di Doccia, presieduta da Lionardo Lorenzo Ginori Lisci: senza fini di lucro essa ha cercato di creare un centro di ricerca sull’antica porcellana della Manifattura di Doccia, per approfondirne gli studi e promuoverne la conoscenza in Italia e all’estero, tramite mostre, incontri e scambi culturali tra musei ed associazioni affini. Il suo intento è quello di creare un filo diretto tra i soci dando vita ad una rete di conoscenze che arricchisca l’approfondimento dei molteplici aspetti della produzione di Doccia.
È notizia del 18 marzo il fatto che l’asta per la vendita della Manifattura, che presenta un disavanzo di 30 milioni di Euro è andata sfortunatamente deserta. Si addensano nubi oscure sul futuro dell’azienda e sui suoi 314 dipendenti.
La base d’asta ammontava a 14, 2 milioni di Euro, ma ora sarà necessario bandire un nuovo incanto con una base inferiore. I sindacati sono insorti, affermando che la base era troppo alta e la questione del terreno e dell’affitto, che scade fra 3 anni, scoraggiano le offerte di eventuali acquirenti. I lavoratori hanno esposto sotto la pioggia battente lenzuoli bianchi con centinaia di firme di solidarietà. Il salvataggio dell’azienda rappresenta una priorità assoluta per il Tribunale e per il curatore fallimentare Andrea Spignoli. L’allungamento dei tempi della vendita porterà alla perdita di quote di mercato e all’impoverimento del marchio.
I lavoratori chiedono di riaccendere il forno principale e di riprendere al più presto la produzione. “La Ginori deve vivere!”.