Crolla il raccolto di castagne nel 2016 con tagli che raggiungono il 90% in Campania, la prima regione produttrice, ma al minimo storico è anche la produzione di novello con appena 2 milioni di bottiglie mentre ci sono pochi funghi ed i tartufi e il prezzo dell’olio è schizzato del 54% rispetto allo scorso anno a seguito del taglio dei raccolti di oltre 1/3.
E’ il bilancio dall’annata agraria che è stata sconvolta da un andamento climatico anomalo con pesanti effetti sui tipici prodotti autunnali e sulla spesa degli italiani.
La produzione nazionale di castagne rimarrà quest’anno inferiore ai 20 milioni di chili, appena il 30% di quella di dieci anni fa, soprattutto per effetto del clima ed in alcune aree del cinipide galligeno, il parassita cinese che fa seccare gli alberi ed ha provocato soprattutto nei boschi del Mezzogiorno una vera strage. In queste condizioni il consiglio è quello di frequentare le feste e le sagre dedicate a castagne e marroni molto popolari in tutta la penisola ma anche di acquistare direttamente dai produttori o i prodotti certificati mentre è bene diffidare dalle proposte che offrono le caldarroste congelate durante tutto l’anno.
Più difficile sarà anche l’abbinamento con il tradizionale vino novello la cui produzione scesa in Italia al minimo storico di 2 milioni di bottiglie per le scelte produttive fatte dalle principali cantine sarà disponibile per i prossimi mesi.
Per effetto del clima la stagione in molte zone è stata avara anche per agli appassionati di porcini, finferli, trombette, chiodini e le altre numerose specialità che nascono negli oltre 10 milioni di ettari di bosco che coprono un terzo del territorio nazionale mentre i prezzi del tartufo hanno raggiunto i 350 euro all’etto al borsino del tartufo di Alba, punto di riferimento a livello nazionale. Il pregiato il Tuber magnatum Pico si sviluppa in terreni che devono restare freschi e umidi sia nelle fasi di germinazione che in quella di maturazione. Dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria sono numerosi i territori che però continuano ad essere battuti dai ricercatori. La ricerca dei tartufi, praticata già dai Sumeri, svolge una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta una importante integrazione di reddito per le comunità locali, con effetti positivi sugli afflussi turistici.
Sui livelli minimi è stata quest’anno anche la produzione di olio di oliva per effetto del crollo del 38% rispetto allo scorso anno per un totale di appena 298 milioni di chili, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Unaprol che rilevano un prezzi alla borsa merci di Bari, la più rappresentativa a livello nazionale, in significativo aumento con un balzo del 54% rispetto allo scorso anno.
L’andamento produttivo nazionale si riflette sulla produzione a livello mondiale dove si prevede una storica carestia dei raccolti per effetto del crollo della produzione anche in Grecia con circa 240 milioni di chili (-20%) ed in Tunisia dove non si supereranno i 110 milioni di chili (-21%) mentre in Spagna, che si conferma leader mondiale, si stimano circa 1400 milioni di chili, in linea con l’anno scorso.
Con la carenza di olio nostrano aumentano i rischi di frode ed inganni in una situazione in cui l’Italia si classifica come il maggior importatore mondiale per un quantitativo stimato nel 2016 superiore a 500 milioni di chili.
Gli oli di importazione vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri.
Sotto accusa è la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009.
Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente.
In attesa che vengano strette le maglie larghe della legislazione per non cadere nella trappola del mercato per approfittare dell’ottima annata Made in Italy, il consiglio è quello di guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli.