A leg of prosciutto (Photo: Rosshelen/Dreamstime)

Prosciutto crudo, known simply as “prosciutto” or “Parma ham” in English-speaking countries, is one of our Made in Italy’s most renowned products. Who doesn’t know it or hasn’t tried it in a sandwich, on a pizza or layered delicately on a plate, for a perfect snack with fresh bread and some parmigiano?

Prosciutto crudo is produced in several areas of Italy, including Tuscany and the Cuneo province of Piemonte, but there are only two parts of the country that are synonym with it: Parma, in Emilia Romagna, and San Daniele, in Friuli Venezia-Giulia. Both products hold a DOP denomination (Denominazione di Origine Protetta), which means every step of their production must take place in a specific geographical area – most of the province of Parma for the first, the commune of San Daniele for the second. Both have a long history of quality steeped tradition. Yet, there are some differences worth noting, too.

Checking prosciutto is maturing well! (Photo: Dreamstime Agency/Dreamstime)

Let’s start with their history. Mentions of curing procedures used to preserve meat are available in ancient sources from Roman times. Cato the Elder – we are in the 2nd century BC – for instance, had described a preserving method for pig legs very similar to the one used, still today, to make prosciutto. About a century later, in 37 BC, Varro offered, in his De Rustica a recipe to season, cure and dry pig legs the way commonly used in the Po plains, including the area we know today as the Parma province.

Legends say that, after Hannibal had vanquished the Romans along the river Trebbia (which flows in Liguria and Emilia Romagna), locals showed their respects by offering him salted and cured pig legs, which he greatly enjoyed. 

Just like the Pianura Padana, the area around San Daniele in Friuli is historically connected with the production of meat products: according to the prosciutto di San Daniele official website, archeological research carried out in the village shows that pork was commonly consumed in the area already in proto-historic times, between the 11th and the 8th century BC, with some signs that curing and preserving of meat was also carried out. However, it is only in the 11th century, with the rise in relevance of San Daniele as a market town, that the art of meat curing seems to take hold in the area more strongly. With the Renaissance, prosciutto consumption – and therefore its production – was already well established in the area, as attested in Geremia Simenoni’s De Conservanda Sanitate, dating 1453. We also know that San Daniele prosciutto was gifted to the bishops gathered in Trento for the 1563 Council, and that Napoleon had a penchant for this flavorsome Friulan cold cut.

Besides their long and glorious history and their DOP denomination, prosciutto di Parma and San Daniele also share the “raw material” they are produced with: pig hind legs, but here differences begin showing. First of all, the size of the leg, which is usually around 10 kg (20 lbs) for prosciutto di Parma, and around 12 (24 lbs) for San Daniele. The way the legs are cured is also different: while San Daniele prosciutto is seasoned only with dry sea salt all-over, the Parma recipe calls for damp sea salt for the skin and dry for the meat. Both recipes are clear on one point though: besides meat and pure sea salt, nothing else can be added.

Drying time lasts for a minimum of 13 months for San Daniele, while it is slightly shorter for Parma, which is left out to dry for seven months and then hung in the dark for another five to reach complete maturation. We are talking, here too, of minimum times. There are factors to consider when discussing the important stagionatura process, namely the size of the prosciutto – the bigger it is, the longer it’ll take to dry – and the climate of the regions where San Daniele and prosciutto di Parma are produced: San Daniele prosciutto matures in a dry, semi-Alpine climate, so it tends to be slightly drier and, in general, more mature than Parma when aged the same time. Prosciutto di Parma, on the other hand, matures in the Pianura Padana, where the air is more humid, so it takes a tad longer to dry, and tends to have a softer slice.

When it comes to the area of production, prosciutto di Parma, as we mentioned, is made almost in the entire homonymous province, while San Daniele can only be produced in the area of the San Daniele commune; it’s not surprising, then, that we can count about 150 prosciutto di Parma DOP producers but only 28 for San Daniele. Both products have, however, their own Consortium, which safeguards their quality.

You may like to know that the two products are distinguishable also at the counter, because of their slightly different shape: prosciutto di Parma is more rounded, while San Daniele looks more “elongated,” because of the habit to press it during the curing period. And what about the taste? They are, of course, both delicious: flavorsome, complex and satisfying to the palate, Parma is considered “sweeter” while San Daniele more “mature.”

Il prosciutto crudo, conosciuto semplicemente come “prosciutto” o “Parma ham” nei paesi anglosassoni, è uno dei prodotti più rinomati del nostro Made in Italy. Chi non lo conosce o non l’ha mai provato in un panino, su una pizza o delicatamente affettato su un piatto, per uno spuntino perfetto con pane fresco e un po’ di parmigiano?

Il prosciutto crudo viene prodotto in diverse zone d’Italia, tra cui la Toscana e la provincia di Cuneo in Piemonte, ma sono solo due le zone del Paese che ne sono sinonimo: Parma, in Emilia Romagna, e San Daniele, in Friuli Venezia-Giulia. Entrambi i prodotti hanno una denominazione DOP (Denominazione di Origine Protetta), il che significa che ogni fase della loro produzione deve avvenire in una specifica area geografica – la maggior parte della provincia di Parma per il primo, il comune di San Daniele per il secondo. Entrambi hanno una lunga storia di tradizione e qualità. Tuttavia, ci sono anche alcune differenze che meritano di essere notate.

Cominciamo dalla storia. Le menzioni sulle procedure di stagionatura utilizzate per conservare la carne sono disponibili in fonti antiche di epoca romana. Catone il Vecchio – siamo nel II secolo a.C. – per esempio, aveva descritto un metodo di conservazione delle cosce di maiale molto simile a quello utilizzato, ancora oggi, per produrre il prosciutto. Circa un secolo dopo, nel 37 a.C., Varrone proponeva nel suo De Rustica una ricetta per stagionare, preparare ed essiccare le cosce di maiale nel modo comunemente usato nella Pianura padana, compresa la zona che oggi conosciamo come provincia di Parma.

Le leggende narrano che, dopo che Annibale ebbe sconfitto i Romani lungo il fiume Trebbia (che scorre in Liguria e in Emilia Romagna), gli abitanti del luogo gli mostrarono il loro rispetto offrendogli cosce di maiale salate e stagionate, che egli gradì molto.

Come la Pianura Padana, anche l’area di San Daniele in Friuli è storicamente legata alla produzione di prodotti a base di carne: secondo il sito ufficiale del prosciutto di San Daniele, le ricerche archeologiche condotte nel paese dimostrano che la carne di maiale era comunemente consumata nella zona già in epoca protostorica, tra l’XI e l’VIII secolo a.C., con alcuni indizi che indicano che veniva effettuata anche la stagionatura e la conservazione della carne. Tuttavia, è solo nell’XI secolo, con l’aumento dell’importanza di San Daniele come città mercato, che l’arte della stagionatura delle carni sembra affermarsi con maggiore forza nella zona. Con il Rinascimento, il consumo di prosciutto – e quindi la sua produzione – era già ben radicato nella zona, come testimonia il De Conservanda Sanitate di Geremia Simenoni, del 1453. Sappiamo anche che il prosciutto di San Daniele fu regalato ai vescovi riuniti a Trento per il Concilio del 1563 e che Napoleone aveva un debole per questo saporito salume friulano.

Oltre alla lunga e gloriosa storia e alla denominazione DOP, il prosciutto di Parma e il San Daniele condividono anche la “materia prima” con cui vengono prodotti: le cosce di maiale, ma qui cominciano a emergere le differenze. Innanzitutto la dimensione della coscia, che di solito si aggira intorno ai 10 kg per il prosciutto di Parma e ai 12 kg per il San Daniele. Anche il modo in cui le cosce vengono stagionate è diverso: mentre il prosciutto di San Daniele viene condito solo con sale marino secco su tutta la superficie, la ricetta di Parma prevede sale marino umido per la pelle e secco per la carne. Entrambe le ricette sono però chiare su un punto: oltre alla carne e al sale marino puro, non si può aggiungere nient’altro.

L’asciugatura dura almeno 13 mesi per il San Daniele, mentre è leggermente più breve per il Parma, che viene lasciato ad asciugare per sette mesi e poi appeso al buio per altri cinque mesi per raggiungere la completa maturazione. Anche in questo caso si parla di tempi minimi. Ci sono dei fattori da considerare quando si parla dell’importante processo di stagionatura, ovvero le dimensioni del prosciutto – più è grande, più tempo impiegherà ad asciugarsi – e il clima delle regioni in cui vengono prodotti il San Daniele e il prosciutto di Parma: il prosciutto di San Daniele matura in un clima secco e semi-alpino, quindi tende ad essere leggermente più asciutto e, in generale, più maturo del Parma quando viene stagionato nello stesso periodo. Il prosciutto di Parma, invece, matura nella Pianura Padana, dove l’aria è più umida, quindi impiega un po’ più di tempo ad asciugarsi e tende ad avere una fetta più morbida.

Per quanto riguarda la zona di produzione, il prosciutto di Parma, come abbiamo detto, viene prodotto quasi in tutta l’omonima provincia, mentre il San Daniele può essere prodotto solo nella zona del comune di San Daniele; non sorprende, quindi, che si possano contare circa 150 produttori di prosciutto di Parma DOP e solo 28 per il San Daniele. Entrambi i prodotti hanno comunque un proprio Consorzio che ne tutela la qualità.

Forse vi interesserà sapere che i due prodotti si distinguono anche al banco, per la loro forma leggermente diversa: il prosciutto di Parma è più tondeggiante, mentre il San Daniele ha un aspetto più “allungato”, a causa dell’abitudine di pressarlo durante il periodo di stagionatura. E per quanto riguarda il gusto? Naturalmente sono entrambi deliziosi: saporito, complesso e soddisfacente al palato, il Parma è considerato più “dolce” mentre il San Daniele più “stagionato”.


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