Nurturing young people’s talent. Luciano Pavarotti is not only considered the most famous Italian tenor but one of the ten greatest of all time. He had it all: bright, clear high notes, impeccable phrasing, clean timbre, and unmatched expressivity.
His merits are undeniable, because he brought opera to a global audience, making millions of people passionate about what was considered a “niche” genre: too far from pop and rock music, too “old” for a generation used to rap, trap, and hip hop. He believed in musical crossover and genre contamination – a sacrilege in the eyes of many – and got closer to people who didn’t know opera, that sublime encounter between music, singing, and theatricality considered quintessentially Italian.
When talking about the Modenese maestro, we shouldn’t neglect his faith in culture and art as instruments to build a better world and, perhaps more importantly, his faith in young people, whom he always encouraged artistically.
“I want to reach as many people as possible with the message of music and opera, “ he would say, adding that “opera should belong to everyone.” Perhaps even more representative and revealing of his generosity, which often surprised those around him, is this phrase: “Voice is like a wildflower: it can grow everywhere. You need to look in every place, even between stones.”
Because talent can’t always be nurtured; it can’t always blossom and fill the stage with its beauty. Often, talent doesn’t have the strength to emerge, it doesn’t have the financial means to grow bigger nor the opportunity to express itself. And losing talent, it’s a sacrifice for all. Because you become poorer, and we all lose a piece of Beauty.
On the website of the foundation that bears his name, we can read that “Not many people know, perhaps, that Maestro Pavarotti gave free lessons to students he believed to be talented. He loved teaching: he would say that sharing his experience and passion with young people was a way to be thankful for the immense gift he had received, his voice. It was also a means to perpetuate his deeply-set and all-encompassing love for music.”
This is a lesson we should keep in mind, regardless of the figure of Pavarotti who, deservedly but perhaps a tad late, finally see his own star – number 2730 – shine on the Hollywood Walk of Fame. Here, since 1960, artists that made cinema, TV, music, and radio great are honored. Our Tenorissimo is the fifteenth Italian to receive a star, and the fifth opera singer after Enrico Caruso, Renata Tebaldi, Beniamino Gigli and, in 2010, Andrea Bocelli.
Investing in young talents should be imperative in all sectors. New ideas, original thought, different perspectives, and new horizons. Often, younger people have the creativity, authenticity, the unusual touch that inexperience gives and is essential to look and move forward. They still have that revolutionary energy which, once we gain experience, we tend to lose or find difficult to handle. Keeping up with the young, being in line with them, and supporting them with the knowledge we’ve already acquired isn’t only a good teacher’s duty. Everyone, in their professional field or relationships, should believe in the loyal alliance between generations to keep growing together and to merge competencies, balancing them off, mutually enhancing them.
The Fondazione Luciano Pavarotti picked up the baton and has been following in the Maestro’s steps, offering opportunities and visibility to young operatic talents, trying to make music education accessible to all and more “democratic.”
This is it: democratizing talent, that is, giving everybody the possibility to develop their abilities in whichever field they shine – not only in music or the arts, fields the word “talent” is usually associated with – is something we should support more. It would give space to the “misunderstood,” help them develop their qualities, make the most of their ingenuity and it would offer advantages to everyone. Whether one excels in physics or music, in medicine or dancing, in economics or acting, in law or singing, their talent should always be supported (sought between stones, to say it with Pavarotti): we’d all enjoy better societies.
Coltivare il talento dei giovani. Luciano Pavarotti non è solo considerato il più famoso tenore italiano e tra i dieci più grandi di sempre per la voce squillante negli acuti, il fraseggio chiaro e impeccabile, il timbro limpido, dotato di sensibilità e forza espressiva. Ha meriti indiscutibili se ha portato l’opera ad un pubblico mondiale, ha fatto appassionare milioni di persone a un genere che sembrava di nicchia, troppo lontano dal pop e dal rock e persino troppo “vecchio” per un popolo di giovani che ascolta rap, trap, hip hop, puntando sulla contaminazione (un sacrilegio per molti), facendo il primo passo per avvicinarsi a chi non conosceva la lirica, quella sublime combinazione di musica, canto e teatralità considerata italiana per antonomasia.
Un aspetto che non dovrebbe essere trascurato, quando si parla del maestro modenese è la fiducia nella cultura e nell’arte, per costruire un mondo migliore, e soprattutto nei giovani di cui sosteneva le doti musicali.
“Voglio raggiungere quante più persone possibile con il messaggio della musica e della meravigliosa opera” diceva, come anche: “L’opera dovrebbe essere patrimonio di tutti”. Ancora più suggestiva e rivelatrice della generosità che spesso sorprendeva chi lo conosceva, è questa frase: “La voce è come un fiore selvaggio: può crescere ovunque. Occorre cercare dappertutto, anche tra le pietre”.
Perché non sempre il talento può essere coltivato, riesce a germogliare e a inondare con la sua bellezza un palcoscenico. Quel talento spesso non ha le forze per emergere, i mezzi economici per irrobustirsi e le possibilità per esprimersi ma perderlo è un sacrificio per tutti. Perché ci si impoverisce, si finisce tutti per fare a meno di un pezzo di Bellezza.
“Forse non molti sanno che il Maestro Pavarotti – si legge sul sito della Fondazione che porta il suo nome – ha impartito lezioni, gratuitamente, a molti studenti che reputava promettenti. Egli amava insegnare: sosteneva che condividere la propria esperienza e passione con i giovani era il suo modo per ringraziare del grande dono che aveva ricevuto, la voce; era anche un mezzo per perpetuare il suo viscerale amore per la musica, trasmettendolo ad altre persone”.
E’ una lezione che dovremmo tenere a mente al di là di Pavarotti, che meritatamente (ma forse un po’ in ritardo) a 15 anni dalla scomparsa vede ora brillare la stella numero 2730 sulla Walk of Fame di Hollywood, che dal 1960 onora gli artisti che hanno fatto grande il cinema, la tv, la musica, la radio. Il “Tenorissimo” che con oltre 100 milioni di copie vendute nel mondo si stima fra i primissimi cantanti di ogni genere musicale e fra gli italiani di maggior successo a livello internazionale, ambasciatore del Bel Canto e della cultura tricolore nel mondo, è il quindicesimo italiano a ricevere una stella, il quinto fra i cantanti lirici dopo Enrico Caruso, Renata Tebaldi, Beniamino Gigli e nel 2010 Andrea Bocelli.
Investire nelle giovani promesse dovrebbe essere un imperativo in tutti i settori. Nuove idee, originali modi di pensare, prospettive diverse, orizzonti più lontani. Chi ha freschezza anagrafica spesso ha creatività, autenticità, quel tocco inedito che persino l’inesperienza regala, che è indispensabile per guardare avanti e andare oltre. Ha quella forza rivoluzionaria che chi ha esperienza, altrettanto spesso perde o fatica a sostenere. Ma riuscire a tenere il passo con i giovani, allinearsi, affiancarsi a loro e sostenerli con la sapienza già acquisita non è solo quello che un buon insegnante dovrebbe fare. Chiunque, nel proprio campo o nelle proprie relazioni, dovrebbe credere nella leale alleanza tra generazioni per continuare a crescere insieme, fondendo competenze diverse, compensandole, esaltandole a vicenda.
Raccogliendo il testimone, la Fondazione Luciano Pavarotti lavora nel solco tracciato dal maestro, offrendo opportunità e visibilità alle promesse della lirica cercando di rendere accessibile a tutti il percorso di studio e formazione per “democratizzare” l’educazione musicale.
Ecco, democratizzare i talenti ovvero dare a tutti la possibilità di far emergere le proprie capacità in qualsiasi settore si brilli, non solo la musica o l’arte a cui solitamente si associa la parola talento, è una bella ambizione che andrebbe maggiormente sostenuta. Darebbe spazio a molti “incompresi”, ne affinerebbe le qualità, metterebbe a frutto le genialità più diverse e offrirebbe vantaggi collettivi, sarebbe al servizio di tutti. Se ci sono capacità personali eccellenti nella fisica come nella musica, nella medicina come nella danza, nell’economia come nella recitazione, nella giurisprudenza come nel canto, andrebbero sempre sostenute (“cercate tra le pietre” come diceva Pavarotti): tutti avremmo società migliori in cui vivere.