No! Not another article about Italy and pasta, I hear you crying. Worry not, this time we’re going to tackle the “pasta issue” from an entirely different angle. Many angles in fact, as we’ll find out some little known historical, culinary and scientific – yes, scientific – curiosities about our nation’s most versatile kitchen staple.
In truth, pasta can be rather mysterious. Take its origins for example: Italian children, yours truly included, was told in school that one of the many wonders Marco Polo brought back from China was spaghetti. In my own little child’s imagination, Polo returned to Venice with a plate of pasta al pomodoro like the one my grandma would make, an idea I would find quite amusing indeed. Then you come of age and all your childhood’s certainties crumble, including that about Marco Polo and spaghetti coming from China; Italian cuisine historians, you read, are pretty adamant pasta is a native food of Italy, very likely of Sicily, where it became popular in the early Middle Ages thanks to the Arabs. And where is the truth? Well, where it often is, in the middle. It is very likely that long, string like varieties of pasta were enjoyed both in China and Southern Italy, where the tradition developed independently.
But you know what? Things are even more complicated than that, because if we really want to be precise and extend the concept of pasta to include “all” pasta and not only spaghetti like types, then the Greeks and the Romans may have a thing or two to say about it, too. Rome had a penchant for the lagana, a sheet of thin dough made with flour, water and herbs, then fried. If that term, lagana, reminds you of our very own lasagne, you’re right: to many food historians, the Roman fried pasta sheet is its ancestor.
And if we’re quick to associated pasta with the beautiful city of Naples, where it turned into a local treasure in the 16th century (sans tomato sauce though: that was added only in the 1800s), we often forget that another queen of the seas, Genoa, had been producing dried pasta since the 13th century. The Genoese were the best seamen on Earth and they knew a thing or two about how to live and eat on a ship: dried pasta never spoils and can be eaten with anything, the perfect grub when you have no opportunity to get fresh food off land for months. Genoa, early home of pasta in Italy: not so surprising, then, that the most iconic pasta sauce along with pummarola is pesto alla Genovese.
History loves pasta, but science does, too. In a recent article published on the online version of Italian history monthly Focus Storia, chemistry expert Dario Bressanini stated we’ve been cooking it wrong. Now, how to cook pasta properly could be the topic of a 300 page long doctoral dissertation, as there are millions of different opinions. Around the world, that is. In Italy, pasta is cooked one way: we wait for the water boiling, add salt – better if coarse – then the pasta, stir and drain it when it’s al dente. Bressanini, however, disagrees: he says water doesn’t need to be boiling, and that pasta starts cooking when the water reaches about 80 degree Celsius (or 176 F), 8 minutes after you put it in the pan. At that stage, you add salt and pasta, cover the pan with a lid and wait for the water to boil; when it does, turn off the gas, wait seven minutes and voilà, pasta is ready.
It may be scientific, but I don’t know how I feel about that.
More interesting, and useful for us all, may be finding out how to recognize a good pasta from a dodgy one that turns into glue as soon as it touches the water. According to nutritional science, we should look for three specific parameters: quantity of proteins, trafilatura (the wire-drawing of pasta) and the temperature it is dried at. The first two can be easily checked on the pasta’s packet, where we should look for a percentage of proteins upwards of 10.5% for regular pasta and 11.5% for wholewheat pasta. When it comes to trafilatura, brass wire-drawn pasta is to be always preferred: if it’s made that way, you can rest assured the packet is likely to mention it. Finding out about drying temperatures is not as simple, but essential to understand how nutritious our noodles really are. Last thing, check the water where you boil it: the clearer it is, the better the pasta.
History and science have a bit of a soft spot for pasta, it’s clear, but not everyone does or did. Arthur Schopenhauer, immense Romantic philosopher, called it the “food of those who gave up,” but it was the Partito Fascista Italiano to declare war on pasta (among other things). Mussolini thought pasta made people sleepy and lazy and was supported by the Tommaso Marinetti, the father of Italian Futurism, the artistic and literary current that exalted technology and strength as signs of the ever evolving nature of Mankind. Marinetti accused pasta to have mollified Italians, putting at risk the purity of their nature and their nobility. Now, you may be happy to know that Marinetti and his Futurist friends did suggest some culinary alternatives to the nation’s favorite lunch in their Manifesto della Cucina Futurista, where we are told food has to be matched with music and scents, cutlery is useless and dishes had improbable names like carneplastico, aeroporto piccante and rombi in ascesa.
Pasta, as popular as it is, still has a story or two to tell. Love it or hate it, it remains the best.
No! Non un altro articolo sull’Italia e la pasta, vi sento urlare. Non preo-ccupatevi, questa volta andremo ad affrontare il “problema della pasta” da un angolo completamente diverso. Da molti angoli, in realtà, visto che scopriremo alcune poco note curiosità storiche, culinarie e scientifiche – sì, scientifiche – sul più versatile alimento base della cucina della nostra nazione.
In verità, la pasta può essere piuttosto misteriosa. Prendete le sue origini ad esempio: ai bambini italiani, inclusi i vostri, è stato raccontato a scuola che una delle tante meraviglie che Marco Polo ha riportato dalla Cina erano gli spaghetti. Nella mia fantasia di bambina piccola, Polo tornò a Venezia con un piatto di pasta al pomodoro come quello che mia nonna faceva, un’idea che avrei trovato davvero divertente. Poi si cresce e tutte le certezze dell’infanzia si sbriciolano, tra cui quella di Marco Polo e degli spaghetti provenienti dalla Cina. Gli storici della cucina italiana, si legge, sono abbastanza irremovibili: la pasta è un alimento originario dell’Italia, molto probabilmente della Sicilia, dove è diventata popolare nel primo medioevo grazie agli arabi.
E dov’è la verità? Beh, dove è spesso, al centro. È molto probabile che varietà di pasta lunga come stringhe fossero apprezzate in Cina e nel sud dell’Italia, dove la tradizione si è sviluppata in modo indipendente. Ma sapete una cosa? Le cose sono ancora più complicate, perché se vogliamo essere precisi ed estendere il concetto di pasta per includere “tutti” i tipi di pasta e non solo gli spaghetti, allora anche i Greci e i Romani possono avere una cosa o due da dirci in merito. Roma aveva un debole per la lagana, un foglio di pasta sottile fatta di farina, acqua e erbe, poi fritta. Se quel termine, lagana, vi ricorda proprio le nostre lasagne, avete ragione: per molti storici del cibo, il foglio romano di pasta fritta è il suo antenato.
E se siamo pronti ad associare la pasta con la bellissima città di Napoli, dove si è trasformata in un tesoro locale nel XVI secolo (senza salsa di pomodoro, che è stata aggiunta solo nel 1800), spesso dimentichiamo che un’altra regina dei mari, Genova, produceva pasta secca fin dal XIII secolo. I genovesi erano i migliori marinai sulla Terra e sapevano qualcosa su come vivere e mangiare su una nave: la pasta secca non si rovina e può essere mangiata con qualsiasi cosa, il cibo perfetto quando non si ha la possibilità di avere cibo fresco, lontani da terra per mesi. Genova, prima casa della pasta in Italia: non è tanto sorprendente, quindi, che la salsa per la pasta più iconica insieme alla pummarola sia il pesto alla Genovese.
La storia ama la pasta, ma la ama anche la scienza. In un recente articolo pubblicato sulla versione online del mensile di storia italiana Focus Storia, l’esperto di chimica Dario Bressanini ha dichiarato che l’abbiamo cucinata nel modo sbagliato. Ora, come cucinare la pasta correttamente potrebbe essere l’argomento di una tesi di dottorato di 300 pagine, in quanto ci sono milioni di opinioni diverse.
Nel mondo è così. In Italia, la pasta si cuoce in un solo modo: si aspetta che l’acqua bolla, si aggiunge il sale – meglio se grosso – poi la pasta, si mescola e si scola quando è al dente. Bressanini, però, non è d’accordo: dice che non serve che l’acqua bolla, e che la pasta inizia la cottura quando l’acqua raggiunge circa 80 gradi Celsius (o 176 F), 8 minuti dopo averla messa in pentola. A quel punto, si aggiungono sale e pasta, si copre la pentola con un coperchio e si aspetta che l’acqua bolla; quando bolle, si spegne il gas, si aspettano sette minuti e voilà, la pasta è pronta.
Può essere scientifico, ma non so come sentirmi a riguardo.
Più interessante e utile per tutti noi, può essere scoprire come riconoscere una buona pasta da una dubbia che si trasforma in colla non appena tocca l’acqua. Secondo la scienza nutrizionale, dobbiamo cercare tre parametri specifici: la quantità di proteine, la trafilatura e la temperatura alla quale è asciugata. I primi due possono essere facilmente controllati sul pacchetto della pasta, dove dovremmo cercare una percentuale di proteine al di sopra del 10,5% per la pasta normale e l’11,5% per la pasta integrale. Quando si tratta di trafilatura, è sempre preferibile la pasta trafilata in ottone: se avviene in questo modo, state certi che il pacchetto lo menzionerà. Trovare le temperature di essiccazione non è così semplice, ma è essenziale per capire quanto nutrienti sono le nostre tagliatelle. Ultima cosa, controllate l’acqua in cui bollirete: più è chiara, migliore è la pasta.
La storia e la scienza hanno un po’ un debole per la pasta, è chiaro, ma non è o è stato così per tutti. Arthur Schopenhauer, immenso filosofo romantico, l’ha definito “il cibo di chi ha rinunciato”, ma è stato il Partito Fascista Italiano a dichiarare la guerra alla pasta (tra le altre cose). Mussolini pensava che la pasta rendesse le persone sonnolente e pigre e fu sostenuto da Tommaso Marinetti, padre del Futurismo Italiano, la corrente artistica e letteraria che esalta la tecnologia e la forza come segni della natura sempre in evoluzione dell’umanità. Marinetti ha accusato la pasta di aver ammansito gli italiani, mettendo a rischio la purezza della loro natura e della loro nobiltà. Ora potreste essere felici di sapere che Marinetti e i suoi amici futuristi hanno suggerito alcune alternative culinarie al pranzo preferito della nazione nel loro Manifesto della Cucina Futurista, dove ci viene detto che il cibo deve essere abbinato a musica e profumi, le posate sono inutili e i piatti hanno nomi improbabili come carneplastico, aeroporto piccante e rombi in ascesa.
La pasta, così popolare, ha ancora una storia o due da raccontare. Che la si ami o odi, resta la migliore.
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