“Che sta in mezzo alle terre”. Volendo ricostruire con rigore etimologico il significato del termine “Mediterraneo” – in riferimento ovviamente al Mare che divide Europa, Asia e Africa – dovremmo risalire ai termini “Mèdius” (in mezzo) e “Terràneus” (terra), e otterremmo così il senso indicato dalla loro copula.
Ma il Mediterraneo ha una connotazione ricca e sfumata: lo storico Fernand Braudel, data l’importanza rivestita in antichità, lo definiva come “cuore del Vecchio Mondo”, un groviglio di conflitti e vite difficilmente districabile, ma filosoficamente appassionante. Caterina Resta, in “Geofilosofia del Mediterraneo”, lo definisce addirittura un “cimitero”, un pluriverso composito, ma capace di fungere da paradigma per le nuove forme di convivenza sociale e politica.
Il Mediterraneo, tuttavia, oltre che di culture e popoli differenti, è sempre stato anche culla per scrittori e poeti, scrittrici e poetesse, con Saffo capofila e figura emblematica legata a una preistoria mitica e misteriosa.
In un ambito italiano decisamente più moderno, il volto e l’opera di Anna Maria Cortese sono spesso rimaste in ombra, quasi eclissate, rispetto ai nomi ingombranti e blasonati della letteratura nostrana.
Tuttavia, quella che viene considerata sempre più come una delle penne più raffinate e attente del Novecento – a fianco ad autori quali Italo Calvino, Primo Levi ed Elsa Morante – merita un’attenzione particolare quando si tratta il tema fluido dell’acqua e del mare. Anche Ortese, infatti, era una scrittrice del Mediterraneo, legata visceralmente ai suoi luoghi sia per nascita, che per scelta. Il mare, inoltre, nella sua produzione non è soltanto fonte d’ispirazione, ma una metafora di conoscenza in contrapposizione al tema granitico e, per certi versi dogmatico, della terra.
Per approfondire una personalità spesso sconosciuta, la scorsa settimana le università di Los Angeles congiunte – il Dipartimento di Italiano di UCLA e quello di Italiano e Francese di USC – hanno organizzato un simposio di due giorni dedicato alla scrittrice nata a Roma nel 1914 e legata a doppio filo alle sponde italiane, ma anche a quelle africane (la famiglia si trasferì per tre anni in Libia nel 1925), del Mediterraneo.
“Women Write The Mediterranean, A Transnational Symposium in Memory of Anna Maria Cortese (1914-1998)”, ha voluto porre l’attenzione sul ruolo del Mediterraneo come centro culturale internazionale, che si oppone alle singole realtà isolate che vi ruotano attorno: siano esse etniche, religiose, o linguistiche. La prospettiva proposta dal simposio, e finora studiata solo in parte, è stata quella di affrontare la tematica seguendo da vicino le produzioni letterarie femminili piuttosto che quelle maschili (sicuramente più conosciute e studiate almeno in ambito accademico).
Venerdì, nella prima giornata d’incontri, Lucia Re – del Dipartimento di Italiano e di Studi di genere di UCLA – ha aperto il programma con uno studio focalizzato sul contrasto terra-mare e sul ruolo delle donne intellettuali legate al Mediterraneo (“Ulysses or Penelope? Italian Women Philosophers, Narrators and Poets of the Mediterranea”); mentre Andrea Baldi dell’Università Rutgers del New Jersey ha posto l’attenzione sul rapporto di Ortese con il Mezzogiorno nel suo “Resisting Modernity: Anna Maria Ortese’s Negotiations with the South”.
“L’incontro – ha detto Gian Maria Annovi, Professore di Letteratura Italiana alla USC – vuole far dialogare tra di loro Ortese e altre scrittrici legate al Mediterraneo attraverso il tema del mare, ma non solo: sono molte, infatti, le tematiche che accomunano la scrittrice italiana ad altre autrici come l’algerina Maïssa Bey o l’italiana Leda Rafanelli”. Tra queste, le caratteristiche stilistiche e tematiche di Ortese – soprattutto il vivido realismo che si accompagna a una trascendenza quasi visionaria – suggeriscono parallelismi con scrittrici quali Fatema Mernissi, Héléne Cixous e Assia Djebar.
E per ricordare e approfondire la figura di Ortese a giugno verrà pubblicato anche un volume di saggi dal titolo “Anna Maria Ortese. Celestial Geographies”, edito dalla University of Toronto Press e curato da Annovi e Flora Ghezzo.
Oltre a saggi mirati che hanno l’obiettivo di portare alla luce con maggior chiarezza una personalità poco nota, la raccolta (480 pagine in totale) sarà corredata da materiale tradotto per la prima volta in inglese, come la raccolta di lettere tra Ortese e il suo mentore (lo scrittore Massimo Bontempelli) e l’intervista ad Ortese condotta dalla scrittrice italiana Dacia Maraini.