La migliore burrata di Puglia? Non è il sapore che la memoria della cucina tradizionale conserva tra i ricordi dei pranzi in famiglia lasciati in Italia, ma è il gusto lattiginoso e morbido che si può riscoprire ogni giorno tra i tavoli del Westfield Shopping Center di Century City.
 
Al Mozzarella bar Obikà, dal napoletano “eccolo, guarda qua”, la sorpresa proprio non manca. Non solo perché i sapori del Belpaese si celebrano ogni giorno della settimana fra cannelloni, lasagne, orecchiette, gnocchi, ravioli, risotto e taglierini, con secondi a base di scamorze e stracciatella oltre all’immancabile pizza che esce fumante dal forno. Non solo per un’accurata selezione di vini che celebrano i vitigni nostrani né per il personale italiano da cui puoi sentire l’accento di casa tra una portata e l’altra ma perché, una volta al mese, si rende omaggio alla cucina di una regione italiana.
 
Giugno ha portato in tavola la Puglia. Con un ospite d’eccezione a conferma del valore di un’iniziativa che lega enogastronomia, cultura e turismo. Perché mangiare è anche scoprire la storia e l’identità del nostro Paese, come spiega a L’Italo-Americano il Console Generale a Los Angeles Giuseppe Perrone.
 
Quanto serve promuovere i prodotti italiani in California?
In questo momento è particolarmente importante per la fase di difficoltà economica che stiamo attraversando. Ma in California i prodotti italiani sono sempre stati molto apprezzati perché considerati sinonimo di stile e qualità. E questa serata è sicuramente idonea a realizzare una simile promozione.
 
È importante la promozione dell’immagine italiana e lo è ancora di più quando all’impresa si affiancano le istituzioni e rappresentanze diplomatiche come il Consolato.
Questo è il nostro lavoro, quello che cerchiamo di fare tutti i giorni. Ed è anche difficile partecipare a tutti gli eventi perché l’Italia è quasi quotidianamente presente in questa città che l’apprezza moltissimo. E un’altra cosa molto importante è sottolineare la diversità che riguarda l’Italia, le caratteristiche tipiche di ogni regione che eventi come questo riescono a enfatizzare.
 
La gastronomia è un traino importante per il turismo ed il mercato vinicolo italiano.
Bisogna ricordare che l’Italia è il primo esportatore di vino negli Stati Uniti, con una quota di un terzo del totale importato negli States. Il fatto che la Puglia sia uno dei principali produttori di vino e uno dei più riconosciuti qui a Los Angeles, è un ulteriore asso nella manica per iniziative come questa.
 
Quindi non solo cibo pugliese, ma anche vino pugliese. Ovviamente nei calici non mancavano i vini di qualità made in Puglia: Roycello di Tormaresca di San Pietro Vernotico, Rosato di Negroamaro, Cantele di Guagnano, Neprica di Tormaresca, blend di Negroamaro, Primitivo e Cabernet Sauvignon. Hanno esaltato una cena che ha portato in tavola burrata servita con lupini e focaccia pugliese, fiori di zucca fritti con ricotta di bufala e menta, zuppetta di cozze con fave fresche e patate, tagliolini fatti a mano con calamari, pomodorini e zucchine al nero di seppia e, per finire, i pasticcini con i dolci noti anche come bocconotti.
 
Vini non semplicemente stappati ma spiegati da Diego Meraviglia, giovane sommelier piemontese del Lago Maggiore che a Los Angeles è il vicepresidente della North American Sommelier Association.
 
Il vino italiano è diffuso o è un prodotto di nicchia?
Direi che è assolutamente apprezzato. Sono state vendute 200 milioni di bottiglie di Prosecco solo l’anno scorso negli Usa. Stiamo parlando di numeri importanti. Certo, ci sono prodotti particolari come quelli piemontesi di Ghemme, Gattinara e Boca che vendono più ad un pubblico di nicchia, ma l’Italia in sé ha numeri ad altissimi livelli.
 
Qual è il valore aggiunto di essere sommelier italiano negli Usa?
Innanzitutto il fatto di avere esperienza diretta e primaria sul vino, cosa che gli americani non hanno. Sono bravi a studiare, conoscono i loro vini, ottimi quelli di Napa Valley e California, ma quando si tratta di vino italiano essere madrelingua italiano e avere la passione per la propria terra, la conoscenza dei vitigni, degli aneddoti che non si possono leggere sui libri ma che fanno la storia di un sapore, è cosa impagabile. Come lo è promuovere prodotti di alta qualità e grandi risultati di mercato.
Quando hai un vino italiano, che è il numero uno al mondo per esportazione, e ricordo che negli Stati Uniti il vino italiano ha sorpassato quello francese del 7% per popolarità e importazione, anche essere sommelier italiano significa avere una marcia in più.
 
Quali vini sono meglio piazzati?
Il Prosecco come prodotto singolo, Toscana, Piemonte e Veneto come regioni, anche se la Puglia sta venendo fuori molto bene per rapporto qualità-prezzo.
 
Si serve una cena pugliese? Quali abbinamenti sono stati scelti?
La Puglia ha due rossi molto strutturati, il Primitivo e il Negroamaro. Entrambi avrebbero richiesto piatti di carne e per tutte le regioni del Sud finora proposte sono stati preparati piatti di carne. Ma la Puglia ha anche una tradizione culinaria a base di pesce e così abbiamo deciso di puntare su quello. L’abbinamento? I grandi rosati del Salento, tra i migliori al mondo, e vini bianchi pugliesi altrettanto buoni.
 
Maestro orchestrale della serata, Raimondo Boggia, milanese e CEO di Obika a Los Angeles. Agli ospiti seduti a tavola ha dato un’invitante cartolina della Puglia e ha annunciato il prossimo appuntamento. A luglio porterà in tavola i sapori della Sardegna.
 
Una regione per ogni mese dell’anno. Un progetto “appetitoso”.
Questa è la sesta cena regionale. Sei portate abbinate ai diversi vini, attraverso i quali raccontiamo la diversità dell’Italia, che è forse la più grande ricchezza del nostro Paese.
 
Come sono state accolte queste serate?
Alla prima “regional dinner” c’erano 30 persone, di cui 5 non italiani. Adesso abbiamo il 90% di non italiani. Sta avendo un grande successo perché la gente capisce che c’è cultura dietro a ogni piatto, che c’è diversità regionale, che i piatti sono ogni volta tipici e i vini lo sono ancora di più. Quindi gli americani, così come i giapponesi e i cinesi che vivono a Los Angeles, sono molto attratti da questa varietà tutta italiana.
Diversità che però è spiegata perchè dentro ad ogni piatto c’è un pezzo della nostra cultura e perchè così si “fa cultura” della buona cucina italiana.
Gli antropologi, quando andavano in giro a studiare i popoli e non c’era internet, studiavano: 1) come la gente si vestiva, 2) come la gente viveva nella casa, nella cellula sociale più piccola come la famiglia e la casa, e 3) come la gente mangiava. Mangiare è assolutamente parte dell’identità di un popolo: il cibo è cultura.
 

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