Ci sono vari settori di affari in Italia. Tre di grande importanza, fra i tanti, sono sicuramente: il turismo, il food (lo chiamiamo anche noi in inglese) e la moda.
Questi tre canali, da soli, creano un indotto lavorativo di notevole spessore. Sono ambiti sempre esistiti, ma che si sono internazionalizzati più o meno di recente. Spesso il loro mercato ha un andamento positivo e questo è una vera e propria ventata per l’economia difficile dell’Italia.
Negli anni ’60 uno dei maggiori poli industriali in Italia era la Fiat che, con la sua produzione, creava non solo numerosi posti di lavoro ma anche collaborazioni con aziende più piccole che sopravvivevano grazie alle sue commesse. Da allora l’Italia ha sviluppato a livello industriale molti altri settori.
Gli ultimi anni di crisi hanno però visto un calo radicale delle piccole medie imprese sul territorio: un reale problema per un Paese che fondava parte della sua economia sulla produttività di queste piccole, ma qualitativamente elevate realtà imprenditoriali. Cause determinanti per la chiusura di molte imprese sono i costi elevati di tasse e gestione, che sono oggi alla base delle discussioni delle riforme da fare.
Questo è uno dei motivi per cui molti stabilimenti produttivi si sono spostati in Paesi esteri, dove il costo della manodopera e la tassazione sono minori. Una conseguenza delle chiusure di queste società è stato un notevole squilibro a livello sociale e una perdita della qualità nel prodotto.
Fortunatamente alcuni settori stanno tornando ad apprezzare la produzione italiana e la sua mano d’opera. Il settore food sicuramente è in prima linea.
Il settore moda è invece inserito in un obbligato canale internazionale da cui non può prescindere. La fase targata made in Italy è principalmente quella creativa e di progettazione: la globalizzazione del mercato ha reso la Cina il primo fornitore dei tessuti e altri Paesi come basi dove realizzare il capo finito su progetto.
In ogni caso i marchi dei famosi stilisti continuano ad affascinare i consumatori di tutto il mondo. Davanti ad alcuni negozi si formano code di potenziali acquirenti che attendono diligentemente di entrare per acquistare accessori o capi esclusivi: parliamo di solito di consumatori stranieri con una crescita esponenziale di clientela russa e cinese.
Il fenomeno è molto diffuso: sugli annunci di lavoro per addetti alle vendite, non viene più richiesto l’inglese come lingua – dato oramai per scontato – ma il russo, il cinese e il giapponese. Questo testimonia come le realtà siano sempre più internazionali. Ovviamente la richiesta di queste figure con queste specifiche conoscenze linguistiche sono maggiori rispetto alle reali disponibilità sul mercato.
Anacronisticamente in un mercato senza offerte lavorative, le uniche figure ricercate in numero cospicuo mancano. Non è difficile capire il motivo: fino ad ora le lingue imparate dagli italiani sono state inglese, francese, spagnolo, tedesco. Cinese, russo e giapponese non sono così diffuse. Al di là di questa riflessione la domanda di base è: la moda va in vacanza?
La risposta è sempre una: no.
Il concetto di moda racchiude vari livelli di fruizione: dalle passerelle ai consumatori finali. Una volta concluse le sfilate delle collezioni “uomo primavera estate 2015” è toccata a quelle delle collezioni bambini.
Pausa? Anche in questo caso la risposta è negativa. Terminate le sfilate “moda bambino” arrivano gli abiti da spiaggia a tenere vivo il settore. Certo perché la moda si crea anche sulle strade e sulle spiagge! Ogni anno dalle località più trendy italiane sono proprio i consumatori a dettare legge con le fugaci ma efficaci mode estive. Regola base di quest’anno? Il bikini deve avere il pezzo superiore di colore differente da quello inferiore: possibilmente uno dei due deve essere fluo.
Mare dunque vacanza? No, la moda non va mai in vacanza nememno durante l’estate perchè fervono i preparativi per il momento che tutti aspettano: i saldi.
Anche se non siamo più nel glitterato mondo delle sfilate, i saldi sono un momento importante per le vendite, analizzando l’evento dalla parte dei commercianti. Per i consumatori invece è giunto il momento per comprare “quella maglietta che avevamo visto e che ci piaceva tanto ma che forse avremmo comprato nei saldi perchè costava troppo”.
Aspetteremo i dati di Federmoda per capire se la crisi avrà fermato gli italiani nella corsa agli sconti o se invece ci sono state spese pazze tra agosto e settembre.
Poi? La moda continua a lavorare silenziosa ma capillare ed attiva, perché a settembre parte “Milano Moda donna” e la preparazione per uno degli eventi più attesi dell’anno richiede lavoro e impegno. I vari marchi sono all’opera da mesi e vedremo a giorni le loro nuove creazioni.