Models during MIlan fashion week (Photo: Fashionstock.com/Dreamstime)

Love it or hate it Milan is, with Rome, the most important city in the country. For many, it is the real capital of Italy, because it is its main economic and commercial center. Milan is also, needless to say, the trendiest city we have because it’s our capitale della moda, as well as one of the fashion capitals of the world.

But how did it gain the title and why?

These days, fashion is one of the main sources of income and wealth for this Lombardy city: according to recent data gathered by the Camera di Commercio di Milano, Monza e Lodi, the two Milanese fashion weeks, one in February and one in September, make some 350 million euro (with today’s rate, that’s pretty much the same in dollars) in revenue, and involve more than 135,000 people and 18,000 businesses.

Curiously, though, if we want to understand why Milan became so important for Italian fashion, we have to take a short journey to another city, Turin, where in 1935 the Ente Nazionale della Moda Italiana was created. The group had the aim to support and promote the Italian fashion industry both nationally and internationally. Under the supervision and work of the Ente, the fashion industry differentiated its targets, with Rome, Florence, Milan and Turin focusing on specific styles and products: Rome was the hub of high fashion; Florence of boutique fashion – high-quality, hand-made items, not quite as expensive as high-fashion, but pricey enough to be affordable only to the wealthy; Turin and Milan of prêt-à-porter fashion.

In those years and well into the 1950s, bespoke clothing represented 80% of the market so, if you needed a suit or a dress, you’d go to a tailor or a seamstress. Things, however, were to change deeply with the economic boom and with the cultural revolution of the 1960s: on one hand, there was more money to invest in clothing, on the other, the way one dressed became a mirror of their personality, beliefs or political stance. 

Milan, with its publishing houses – Italy’s most important, Rusconi, Mondadori and Rizzoli, all had their see there – became quickly a true cultural hub and, located as it was within the Italian industrial triangle, it was already a key player in the industrial and economic development of the country. If there was a place, in other words, where an industry like modern fashion, based on manufacturing and cultural developments, could evolve, that place was Milan.

A runway in Milan during the fashion week (Photo: Martinkay78/Dreamstime)

In the 1970s, fashion became even more associated with the idea of cultural representation and Milan, already tied with the prêt-à-porter industry, was ready to take up the challenge. But it was the 1980s, the decade when Milan became the economic capital of Italy, that truly consecrated it also as capitale Italiana della moda. These were the years of Versace, Ferré, and Valentino; of Armani, Gucci and, later in the 1990s, Prada, whose first prêt-à-porter collection came out only in 1989.

Milan, which had been a key player in the world of prêt-à-porter fashion since the 1930s, found itself – quite literally – in the right place at the right moment: it was the cultural and industrial hub the new, economic boom-created and culture-embued fashion needed to develop in Italy.

Of course, when we speak about Milan and fashion, we cannot forget the quadrilatero della moda, the area comprised within and including Via Montenapoleone – Italy’s Fifth Avenue – Via della Spiga, Via Manzoni and Corso Venezia, which draw a square on the city’s map. The most expensive and fashionable stores of the city have called the quadrilatero their home since the 1800s. Today, it’s where we find all great designers’ flagship stores, including Prada, Versace, Louis Vuitton, Chanel, and Gucci, as well as jewelers like Cartier and Bulgari, along with Swiss watchmakers like Rolex and Patek Philippe.

Che la si ami o la si odi, Milano è, con Roma, la città più importante del Paese. Per molti è la vera capitale d’Italia, in quanto principale centro economico e commerciale. Milano è anche, manco a dirlo, la città più trendy che abbiamo, perché è la nostra capitale della moda, nonché una delle capitali mondiali della moda.

Ma come si è guadagnata questo titolo e perché?

Al giorno d’oggi, la moda è una delle principali fonti di reddito e ricchezza per la città lombarda: secondo dati recenti raccolti dalla Camera di Commercio di Milano, Monza e Lodi, le due settimane della moda milanesi, una a febbraio e una a settembre, generano circa 350 milioni di euro (al cambio odierno, è più o meno la stessa cifra in dollari) di fatturato, e coinvolgono più di 135.000 persone e 18.000 imprese.

Curiosamente, però, se vogliamo capire perché Milano è diventata così importante per la moda italiana, dobbiamo fare un breve viaggio in un’altra città, Torino, dove nel 1935 fu creato l’Ente Nazionale della Moda Italiana. Il gruppo aveva lo scopo di sostenere e promuovere l’industria della moda italiana sia a livello nazionale che internazionale. Sotto la supervisione e il lavoro dell’Ente, l’industria della moda differenziò i suoi obiettivi: Roma, Firenze, Milano e Torino si concentrarono su stili e prodotti specifici: Roma era il fulcro dell’alta moda; Firenze della moda boutique – articoli di alta qualità, fatti a mano, non così costosi come l’alta moda, ma abbastanza costosi da essere accessibili solo ai ricchi; Torino e Milano della moda prêt-à-porter.

In quegli anni e fino agli anni Cinquanta, l’abbigliamento su misura rappresentava l’80% del mercato e quindi, se si aveva bisogno di un abito o di un vestito, ci si rivolgeva a un sarto o a una sarta. Le cose, però, cambieranno profondamente con il boom economico e con la rivoluzione culturale degli anni Sessanta: da un lato, ci sono più soldi da investire nell’abbigliamento, dall’altro, il modo di vestire diventa lo specchio della propria personalità, delle proprie convinzioni o della propria posizione politica.

Milano, con le sue case editrici – le più importanti d’Italia, Rusconi, Mondadori e Rizzoli, tutte con sede lì – divenne presto un vero e proprio polo culturale e, situata com’era all’interno del triangolo industriale italiano, era già un attore chiave nello sviluppo industriale ed economico del Paese. Se c’era un luogo, in altre parole, dove un’industria come quella della moda moderna, basata su sviluppi produttivi e culturali, poteva evolversi, quello era Milano.

Negli anni Settanta la moda si associa ancora di più all’idea di rappresentazione culturale e Milano, già legata all’industria del prêt-à-porter, è pronta a raccogliere la sfida. Ma sono gli anni Ottanta, il decennio in cui Milano diventa la capitale economica d’Italia, a consacrarla veramente anche come capitale italiana della moda. Sono gli anni di Versace, Ferré e Valentino; di Armani, Gucci e, più tardi negli anni Novanta, di Prada, la cui prima collezione prêt-à-porter esce solo nel 1989.

Milano, protagonista del mondo del prêt-à-porter fin dagli anni Trenta, si trovò – letteralmente – nel posto giusto al momento giusto: era il polo culturale e industriale di cui la nuova moda, creata dal boom economico e impregnata di cultura, aveva bisogno per svilupparsi in Italia.

Naturalmente, quando si parla di Milano e di moda, non si può dimenticare il quadrilatero della moda, l’area compresa tra via Montenapoleone – la Fifth Avenue italiana – via della Spiga, via Manzoni e corso Venezia, che disegna un quadrato sulla mappa della città. I negozi più costosi e alla moda della città considerano il quadrilatero casa loro fin dal 1800. Oggi vi si trovano i flagship store di tutti i grandi stilisti, tra cui Prada, Versace, Louis Vuitton, Chanel e Gucci, oltre a gioiellerie come Cartier e Bulgari, e ad orologiai svizzeri come Rolex e Patek Philippe.


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