(Photo: Javarman/Dreamstime)

If you want to buy safely, you must look at two things: the product’s label and brand. When we want to wear authentic Made in Italy, we buy Armani or Versace not only because they, just like Valentino or Dolce & Gabbana, have a unique design, style, and beauty, but also because of their craftsmanship and high-quality fabrics. We certainly don’t settle for a cheap fake: that’d be like going to Christie’s and leaving the auction with a fake, all happy to have bought something that we know is worthless. 

The truth is, we should do the same when buying food products. In fact, considering it can also affect our health, we should be even more careful. So, when we are face-to-face with a counterfeit product, we mustn’t give in to the lure of cheapness, because cheapness means low quality and poor controls. Similarly, we shouldn’t be fooled by a tricolored flag or by a name that recalls Italy without making sure, by reading the label or checking out the brand, that what it advertises is really made in Italy. 

Inside Parmigiano Reggiano, the king of Italian cheeses, there are only three ingredients: milk, salt, and rennet. What makes it unique, delicious, and full of precious organoleptic elements is precisely the fact it is all-natural: no preservatives, no chemical additives, and no GMOs. 

In Parmigiano, milk derivatives, food enzymes, or flavorings are prohibited; but there is more because the extremely rigorous guidelines and certifications regulating its production also establish that the rennet, an indispensable protease mixture used to coagulate casein particles, must come, unlike it happens for other cheeses, only from veal. 

Milk can come exclusively from farms located within the Parmigiano production area, which includes the plains and mountainous areas of the provinces of Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (to the left of the Reno River), and Mantua (to the right of the Po River). We’re not talking about simple milk here: it must be whole morning milk mixed with that from the previous evening. The evening milk is placed in containers called skimmers and left to rest all night so that the cream naturally rises to the surface. The fatty part will be used to make butter, while the milk that has been naturally skimmed is used for Parmigiano. In the morning, it is transferred to copper cauldrons shaped like an inverted cone, typical of Parmigiano production, where it is mixed with the full-fat morning milk. 

It’s not over yet. Animal feed regulations established by the Parmigiano Reggiano Consortium state that the cows producing milk for Parmigiano must be fed exclusively with fresh forage in the summer and hay in the winter. All must be grown in natural and “stable” meadows, where “stable” means they self-regenerate spontaneously without ever being sown, plowed, or tilled.

The same regulation – which, incidentally, allows for the use of the Parmigiano Reggiano label only after verifying that all these steps have been respected – prohibits the administration of fermented feeds and animal protein flours and forbids any technique forcing animals to produce milk. Because the well-being of animals is important, too. 

And let it be clear: not all cows produce the 550 liters of milk necessary to make a wheel of Parmigiano Reggiano. The nutritional and organoleptic characteristics of the milk, which give that distinctive flavor to the cheese after processing, depend on the cow’s breed. The raw material comes from the Italian Friesian breed, characterized by its black and white or red and white coat; from the Brown Swiss breed, with its particularly flavorful milk rich in variant B of K-casein, which allows for excellent milk coagulation; and from the Reggiana red cow, whose intense and structured milk contains a considerable amount of casein that helps with the cheese’s long aging times.

Precise rules apply also to the processing phase. For example, a wheel must “obligatorily” weigh between 30 kg and over 40 kg (usually, it is around 40 kg), with an average of 14 liters of milk for every kilogram of cheese produced and a minimum aging period of 12 months.

Just to let you know, this is all you find inside a wheel of Parmigiano Reggiano DOP, a label that indicates a product with a protected designation of origin. It may also be the most counterfeited among Italian cheeses, but it is difficult to imagine that a “Parmesan Cheese” from Wisconsin has all of this inside.

Ci sono due strumenti per acquistare sicuro: l’etichetta e il marchio. Quando vogliamo indossare il made in Italy compriamo un abito Armani o Versace, perché il Valentino o il Dolce&Gabbana hanno non solo il design, lo stile e la bellezza che li rende unici ma perché hanno una fattura distintiva e un tessuto di pregio. Non ci accontentiamo certamente di comprare a pochi spiccioli un falso perché è come se andassimo da Christie’s e uscissimo dall’asta con un falso tutti contenti di aver comprato qualcosa che sappiamo non valere nulla.

Lo stesso dovremmo fare al momento di comprare un prodotto alimentare. Anzi, considerato che ne va anche della nostra salute, dovremmo persino stare più attenti. Per questo, davanti a un prodotto contraffatto non dobbiamo cedere alla lusinga del prezzo più basso perché corrisponde a bassa qualità e scarsi controlli né lasciarci truffare da una bandierina tricolore o da un nome che richiama l’Italia senza accertarci che sia veramente made in Italy, scorrendo l’etichetta o cercando il marchio. 

Dentro al Parmigiano Reggiano, il re dei formaggi italiani, ci sono solo tre ingredienti: latte, sale e caglio. A renderlo unico, buonissimo e pieno di preziose sostanze organolettiche, è proprio la caratteristica di essere tutto naturale: senza aggiunta di conservanti, addittivi chimici né ogm. Non solo sono vietati derivati del latte, enzimi alimentari o aromi ma il disciplinare di produzione, estremamente rigoroso e le certificazioni che consentono di apporre il marchio, stabiliscono non solo che il caglio, ovvero la miscela di proteasi indispensabile per far coagulare le particelle di caseina siano solo di vitello a differenza di altri formaggi, ma persino il latte non può essere altro latte se non quello munto e raccolto unicamente negli allevamenti situati all’interno della zona di produzione del Parmigiano, che include le zone pianeggianti e montuose delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna (a sinistra del fiume Reno) e Mantova (a destra del fiume Po). 

Per chi non lo sapesse, il latte usato non è un latte qualsiasi ma, al latte intero della mungitura del mattino, viene unito quello munto la sera prima. Questo latte serale viene posto in contenitori chiamati affioratori e lasciato riposare tutta la notte affinchè la panna affiori naturalmente in superficie. Questa parte grassa del latte sarà utilizzata per fare il burro, mentre il latte che si è così naturalmente scremato viene destinato al Parmigiano. Al mattino viene trasferito nelle tipiche caldaie di rame a forma di cono rovesciato, dove si mescola al latte intero della mungitura della mattina.

Attenzione, non è finita qui. Il regolamento di alimentazione animale redatto dal Consorzio del Parmigiano Reggiano stabilisce che le mucche da cui viene munto il latte con cui si produce il Parmigiano vengano alimentate esclusivamente con foraggi freschi in estate, e fieno in inverno, coltivati in prati naturali e stabili, che vengono chiamati così perché si auto-rigenerano attraverso coltivazioni spontanee, senza essere mai seminati, arati o dissodati. 

Lo stesso regolamento, l’unico che dopo i controlli che tutti i passaggi siano stati rispettati consente l’apposizione del marchio, vieta la somministrazione di foraggi, di alimenti fermentati, di farine proteiche di origine animale. Ci si preoccupa pure del benessere animale: off limits ogni tecnica che forzi l’animale a produrre latte. E sia chiaro…non tutte le mucche danno i 550 litri di latte necessari a fare una forma di Parmigiano Reggiano. Dalla razza bovina dipendono quelle caratteristiche nutrizionali e organolettiche del latte che, al termine della lavorazione, danno quel sapore così caratteristico al Parmigiano Reggiano. Detto altrimenti, la materia prima arriva dalla lattifera Frisona Italiana che ha il mantello pezzato nero o rosso, dalla Vacca Bruna che produce un latte saporito particolarmente ricco della variante B della K-caseina che consente un’ottima coagulazione del latte e dalla Vacca Rossa di Razza Reggiana che grazie alla notevole quantità di caseina contenuta nel suo latte intenso e strutturato permette al formaggio stagionature molto elevate.

Ci sono poi regole precise anche in fase di lavorazione per cui una forma deve “obbligatoriamente” avere un peso compreso tra 30 kg e oltre 40 kg (mediamente s’aggira sui 40 kg) con una media di 14 litri di latte per ogni chilogrammo di formaggio prodotto, e la stagionatura minima prevista è di 12 mesi.

Ecco, per chi lo ignorasse, c’è tutto questo dentro una forma di Parmigiano Reggiano Dop, sigla che indica un prodotto a denominazione di origine protetta. Sarà anche il più contraffatto tra i formaggi italiani, ma difficilmente si può immaginare che un “Parmesan Cheese” abbia dentro tutto questo.

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