Auguri ai lettori de L’ItaloAmericano che si apprestano a vivere con noi questo 108° anno di pubblicazioni dedicate alle comunità italoamericane, impegnate a non dimenticare le proprie radici culturali. Riuscire a non perderle significa salvaguardare la propria personalità, un tratto del carattere che rende ciascuno di noi unico, ma anche un pezzo di storia della collettività a cui si appartiene per provenienza o per scelta. 

Quando oggi sfogliate sullo smartphone la vostra digital edition, non pensate all’emigrato arrivato nella West Coast con le grandi ondate d’inizio Novecento né a chi è partito attratto dal sogno americano nel secondo dopoguerra. Né tantomeno al fatto che decenni fa chi arrivava non aveva studiato l’inglese a scuola e poter leggere un giornale nella propria lingua diventava un toccasana per non sentirsi persi, soli e distanti da tutto e tutti. 
 
Questo vostro giornale che sfogliate da tanto tempo o avete appena scoperto, ha vissuto quella parte di storia lontana solo in termini di decenni, ma non se si osserva gran parte degli alberi geneaologici. Le nostre famiglie sono piene di storie di partenze e arrivi, di ricordi, di lacrime, di ritorni e lontananza.
E questo spiega perchè molti dei nostri lettori storici sono i meno giovani. Queste pagine hanno avuto per loro un significato che va ben oltre la semplice informazione. Proprio queste ragioni spiegano perché è riuscito a sopravvivere sinora e non si può far altro che dire grazie a chi nel tempo lo ha scelto come presidio di italianità.
 
L’ItaloAmericano cerca di proteggere questa eredità anche tra le nuove generazioni coltivandola, facendola conoscere, difendendola dalle immagini distorte, mostrandola nella sua varietà. Non siamo sempre ciò per cui si appare nè per come si è visti o giudicati. Parlare di identità di un popolo o di una comunità è un viaggio affascinante alla scoperta della diversità, in cui si capisce che ci sono tanti stereotipi così come tante impressioni personali che non sempre corrispondono alla realtà. Tuttavia è altrettanto vero che ogni punto di vista può essere un modo nuovo per capire un paesaggio, una tradizione, un luogo, una cultura. 
 
Per gli stessi italiani, l’Italia può essere un Paese straniero. Tutto dipende dagli occhi che lo guardano per ammirarlo, giudicarlo o capirlo nella sua evoluzione. Non siamo mai uguali a noi stessi e così è un Paese.
Analogamente essere italoamericani a Los Angeles ha specificità differenti da chi lo è a San Francisco piuttosto che a New York o Philadelphia. Ci sono punti di contatto e differenze che caratterizzano. Individuarle, riconoscerle è un motivo di arricchimento, non solo di conoscenza reciproca. 
 
Quando torniamo dalle vacanze, lo avrete notato, troviamo casa nostra un po’ diversa da come l’abbiamo lasciata. Questo accade per un motivo semplice. Non avendola sotto gli occhi continuamente, al ritorno notiamo i piccoli particolari che quotidianamente diamo così per scontati da non accorgercene nemmeno più. 
Allo stesso modo, quando arriviamo in un Paese straniero siamo affascinati dalla sua diversità, una originalità di cui spesso chi lo abita non si accorge. 
Essere italoamericani o italiani è una qualità in divenire da conoscere e riconoscere continuamente nella sua evoluzione, nelle variazioni locali (perché anche i luoghi e le società in cui si vive influenzano le caratteristiche di una comunità), nelle interpretazioni che ciascuno di noi dà. 
 
L’ItaloAmericano vuole essere questo, una finestra sulle tante declinazioni del nostro essere italoamericani e italiani. Un’occasione di riflessione mentre fuori tutto scorre.

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