Da Crotone, via Roma, dritto a Los Angeles. È questo il triangolo completato dal giovane cineasta italiano Enrico Le Pera, che proprio nella città degli angeli californiana ha realizzato il suo primo lavoro in inglese: “Lulu and right words”.
 
Un primo, deciso passo nel mondo del cinema a stelle e strisce, benedetto da tutta la comunità italiana di Los Angeles in occasione della proiezione del film presso l’Istituto Italiano di Cultura, alla presenza di personalità del calibro dell’attrice Nastassja Kinski, del compositore Carlo Siliotto, del produttore italo-americano Rocco Urbisci, e del musicista materano Federico Ferrandina.
 
Da Crotone a Hollywood, raccontaci come si sta evolvendo la tua carriera di regista.
Da Crotone a Hollywood, passando per Roma, dove ho vissuto per diciotto anni occupandomi di teatro, TV e cinema. La mia attività di cineasta è iniziata subito dopo la laurea in storia e critica del cinema all’Università La Sapienza e con un corso di regia a Cinecittà organizzato dalla University of Southern California. 
Durante quel periodo ho realizzato cinque cortometraggi che hanno ottenuto una certa visibilità e alcuni premi internazionali. Una volta trasferitomi a Los Angeles ho lavorato come writer/producer per NBC Universal, dove mi sono concentrato sulla realizzazione di promo e commercial: un’esperienza lavorativa molto importante perchè condivisa con grandi professionisti americani.
 
“Lulu and right words” può essere definito il lavoro della consacrazione definitiva o ritieni che prima di poter pensare a qualche lavoro importante debba ancora crescere e maturare dal punto di vista professionale?
“Consacrazione” mi sembra una parola eccessiva. Lo considero solo un primo passo per progetti più grandi, tutto qui. Come lavoro è stato molto impegnativo e ne sono ampiamente soddisfatto, sia per il risultato finale che per le capacità produttive messe in campo. È una storia avvincente e controversa che sicuramente suscita forti emozioni e reazioni nello spettatore.
 
Polanski, Lynch e Bunuel hanno ispirato “Lulu and right words”: sono loro in generale i tuoi riferimenti cinematografici?
Non solo, perché in generale sono molto affascinato dall’espressionismo tedesco, Fritz Lang e Murnau in particolare ma, dello stesso periodo e di tutt’altro genere, amo molto Buster Keaton. Considero il cinema muto così interessante che nei miei film cerco sempre di inserire delle scene in cui il dialogo sia assente o sia ironicamente ridotto al minimo. In “Lulu and the right words”, ad esempio, le scene più cruente sono tutte contrassegnate da una singola parola: “plastic”.
 
Recentemente all’Istituto di Cultura Italiana di Los Angeles hai ricevuto una calorosa accoglienza da parte della dottoressa Michela Magrì e di tutto il suo staff: ti aspettavi questo tipo di risonanza mediatica?
Credo che gli Istituti Italiani di Cultura nel mondo svolgano un compito fondamentale per l’arte italiana già consolidata, ma anche per il sostegno che offrono ai nuovi artisti.
La possibilità di proiettare il mio film all’Istituto grazie alla disponibilità della dottoressa Michela Magrì e del suo staff ha certamente permesso di attirare l’attenzione di molta gente. Devo dire che l’organizzazione, nonostante i tempi brevi a disposizione, è stata di straordinaria efficacia.
 
Presenti alla proiezione del corto erano Nastassja Kinski, il compositore Carlo Siliotto e il produttore italo-americano Rocco Urbisci, Inoltre l’evento è stato aperto dal musicista materano Federico Ferrandina. Meglio di così non si poteva proprio fare…
Federico Ferrandina è l’autore della colonna sonora di “Lulu and the right words” e in pratica il progetto per questo film è nato insieme a lui. Devo dire che la comunità italo-losangelina ha risposto calorosamente e tra gli altri era presente Carlo Siliotto, che oltre a essere un compositore di fama mondiale è anche un “agitatore” culturale di Los Angeles e una persona di ammirevole disponibilità. Grazie alla sua grande esperienza è per tutti gli artisti italiani di Los Angeles una sorta di guru cui rivolgersi per preziosi consigli. Per quanto riguarda la splendida Nastassja Kinski, la sua presenza è soprattutto merito della gentilezza della giornalista Silvia Bizio, anche lei presente alla serata. Vorrei inoltre ricordare che Rocco Urbisci, che ho avuto la fortuna di conoscere qualche anno fa, è un uomo di grande cultura e profonda sensibilità, nonchè un produttore leggendario e, come tutti i grandi, profondamente umile.
 
Tornando al film, si tratta di un’opera molto intensa, a tratti cupa e cruda: è questo il genere che preferisci o come regista e scrittore non poni limiti a quelli che potranno essere gli argomenti e le ambientazioni che eplorerai?
Per quanto riguarda i miei film, la domanda che mi si rivolge più spesso è di che genere siano. Cioè se siano thriller, horror, commedie, drammi, ecc. In genere rispondo dicendo che sono tutti i generi messi insieme, un “cortocircuito” di generi. Ad esempio “Lulu and the right words” spazia dal crime/thriller al drama, presenta elementi horror e anche comico-surreali.
 
Speri un domani di tornare a far cinema in Italia o piuttosto ritieni che nel belpaese non vi siano più i presupposti per produrre arte?
Per quanto drammatico e deprimente sia il contesto culturale che sta attraversando l’Italia, molti artisti, stoicamente, continuano a produrre lavori di qualità, e sarebbe impossibile immaginare altrimenti perché l’arte risponde a un’esigenza profondamente umana. Anche nelle situazioni più difficili non si può farne a meno, anzi, soprattutto nei momenti più difficili è necessario dare spazio all’arte.
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