(Photo: Stockyimages/Dreamstime)

Culture and economy converge in the Week of Italian Cuisine in the World. This initiative aims to promote the excellence of the Italian food and wine sector abroad, supporting exports, internationalization, and incoming tourism. Intimately linked to this blend of tradition, identity, taste, and creativity on one hand, and production, marketing, and promotion on the other, is Italy’s nomination of its cuisine for UNESCO’s Intangible Cultural Heritage list. “A crucial step to preserve and promote our rich culinary tradition,” said Minister of Agriculture and Food Sovereignty Francesco Lollobrigida, and also a recognition that “would ensure the protection and enhancement of our products and culinary excellence, and strengthen the Italy brand worldwide.”

This brand encompasses much more than just the (albeit vast and rich) cuisine. “For us,” the minister explained, “this nomination is not just a promotion of the product, but of our country, of the monuments, environment,  and biodiversity that makes it so special.” 

In Italy, cuisine is much more than a mere aspect of social life. It encompasses the warmth and emotion of family meals shared around a communal table and extends to the community fabric, evident in everyday interactions at local grocery stores and in the ritual of enjoying coffee at a bar with friends. The importance of food goes beyond mere taste and smell: it mingles with memories of shared moments and contributes to the immense wealth of our regional culinary traditions. The depth of this culture is rooted in a production chain that stretches back centuries, involving the cultivation of numerous agricultural products. It’s a tradition that underpins the globally recognized “Made in Italy” brand, a symbol requiring vigilant protection against fraud, counterfeiting, and misleading “Italian sounding” labels. This brand represents not only the organoleptic wealth derived from Italy’s diverse natural landscapes but also translates into a booming market, with certified products reaching billions in international exports.

Cuisine is not only a cultural expression but also a significant economic asset. Published last October, the “Evolving Frontiers for the Foodservice Sector” report by Deloitte consultancy estimates that the global value of Italian cuisine reaches a staggering 228 billion euros. This represents an 11% increase over the previous year, nearly matching the pre-pandemic value of 236 billion euros in 2019.

Globally, Italian cuisine has a substantial presence (19%) in the market of traditional restaurants. Within Italy’s borders, these establishments constitute half of all dining options, a statistic that positions Italy as the leading European country in this segment and the sixth worldwide. In foreign markets, particularly in the USA, the penetration of Italian restaurants is even more significant, holding a remarkable 33% of the total. In terms of positioning, Italian cuisine restaurants are mainly classified worldwide as value-for-money, meaning they offer a favorable quality-price ratio.

These figures not only confirm the pivotal role of Italian cuisine in the global culinary landscape but also demonstrate that the Italian gastronomy sector is continuously evolving and remains a valuable resource for our economy. This is particularly evident as it drives the record-breaking national agri-food exports, reaching a peak value of 31.7 billion euros in the first half of 2023. This marks a 7.7% increase compared to the same period in the previous year (according to Istat data). Coldiretti, Italy’s leading national farmers’ organization, estimates these figures could triple if the issue of counterfeit “Made in Italy” products were addressed. Replacing “Italian Sounding” with genuinely Italian-made products could not only boost the economy but also combat the health risks often associated with low-quality and poorly controlled counterfeit foods: the international food counterfeiting market, which has astonishingly reached a record 120 billion euros stolen from Italy, also poses significant health risks.

Then there’s the tourism aspect. If Italian cuisine is gaining popularity worldwide, it’s also true that it is one of the main attractions for foreigners visiting our country. Florence and Rome rank first and third, respectively, in the “100 Best Cities to Try Local Food” list by Taste Atlas, an international portal for gastronomic experiential travel. Naples is in fourth place, but among the top hundred, there are 15 Italian cities. The allure of Italian cuisine as a major tourist draw needs no further emphasis. However, it’s important to note that the culinary experience, for which our cuisine is nominated as an intangible cultural heritage of humanity, goes beyond just good taste on a plate. Cuisine represents sociability, sharing, community, hospitality, a blend of ingredients and cultures, the result of an ancient history. It embodies respect for the land and its traditions, an integral part of the history of the country and its regions, provinces, cities, and towns, each with their own products and typical dishes. It’s about biodiversity, quality, and hundreds of checks along the supply chain. It’s sustainability and ethics of anti-waste, promoting the reuse of leftover food and the use of seasonal products.

Cultura ma anche economia. La Settimana della Cucina Italiana nel Mondo è un’iniziativa di promozione integrata che si propone di valorizzare all’estero le eccellenze del settore enogastronomico italiano, sostenendo le esportazioni, l’internazionalizzazione e i flussi turistici in entrata. Strettamente collegato a questo intreccio fatto di tradizione, identità, gusto e creatività da un lato e produzione, commercializzazione e promozione dall’altro lato, c’è la candidatura presentata all’Unesco dall’Italia della sua cucina quale patrimonio immateriale dell’umanità. “Un passo cruciale per preservare e promuovere la nostra ricca tradizione culinaria” ma anche, ha detto il ministro all’Agricoltura e Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, un riconoscimento che garantirebbe la protezione e la valorizzazione dei nostri prodotti e delle nostre eccellenze gastronomiche, contribuendo così a rafforzare il marchio Italia nel mondo”.

Marchio che copre in realtà molto più della sola (seppur vasta e ricca) cucina. “Per noi – ha spiegato il ministro – questa candidatura non è solo una promozione del prodotto, della trasformazione, ma del nostro Paese, dei monumenti, dell’ambiente, della biodiversità che ci contraddistingue”. Perché sì, la cucina per un italiano è un pezzo centrale della vita sociale ma non solo: da quella familiare e affettiva fatta di pranzi e cene attorno allo stesso tavolo a quella comunitaria, fatta di incontri quotidiani nei negozi di alimentari e di abitudini diffuse come prendere il caffè al bar con gli amici; da quella dei profumi e dei sapori che compongono la memoria non solo olfattiva e gustativa ma dei ricordi di momenti trascorsi insieme ad altre persone, a quella tavolozza variegata di piatti della ricchissima tradizione alimentare regionale; da quella della filiera produttiva che ha radici antichissime come la coltivazione di centinaia di prodotti agricoli, al made in Italy da tutelare dentro e fuori i confini nazionali da frodi, contraffazioni e Italian sounding; da quella ricchezza organolettica regalata dalla biodiversità che contraddistingue il territorio nazionale, alla marea di prodotti a marchio certificato che poi arriva ai valori miliardari dell’export una volta sui mercati internazionali.

La cucina è cultura dicevamo, ma anche importante ricchezza economica.

Pubblicato lo scorso ottobre, il report “Frontiere evolutive per il settore del Foodservice” redatto dalla società di consulenza Deloitte stima che la cucina italiana nel mondo raggiunga un valore complessivo di 228 miliardi di euro, equivalente a un più 11% sull’anno precedente, quasi in linea con il valore pre-pandemico che nel 2019 era stato di 236 miliardi di euro.

A livello globale poi, la cucina italiana presenta una significativa penetrazione (19%) nel mercato dei ristoranti tradizionali che dentro i confini nazionali rappresentano la metà dell’offerta, un dato che ci rende il primo Paese europeo per dimensioni in questo segmento e il sesto a livello mondiale. All’estero invece sono gli Usa, l’area geografica in cui la penetrazione dei ristoranti italiani è maggiore detenendo addirittura il 33%, del totale. A livello di posizionamento poi, i ristoranti di cucina italiana sono principalmente classificati nel mondo come value-for-money, ovvero quelli che presentano un buon rapporto qualità-prezzo.

I dati sono sì una conferma del ruolo fondamentale che la cucina italiana svolge nel panorama culinario mondiale ma anche la dimostrazione che il settore della gastronomia italiana è in costante evoluzione e rimane una risorsa di grande valore per la nostra economia. Soprattutto perché spinge il record delle esportazioni agroalimentari nazionali, che raggiungono il valore massimo di 31,7 miliardi nel primo semestre del 2023, con un balzo del 7,7%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (dati Istat). Dati che potrebbero triplicare, nelle stime di Coldiretti (la principale organizzazione nazionale dei coltivatori) se si aggredisse il falso Made in Italy, sostituendo l’Italian Sounding con il prodotto realizzato davvero in Italia, senza dimenticare che uno stop alla contraffazione alimentare internazionale, che ha raggiunto l’incredibile cifra record di 120 miliardi di euro (sottratti all’Italia), eviterebbe anche danni alla salute posto che spesso, dietro ai falsi prodotti italiani, c’è pochissima qualità e controllo alimentare.

Poi c’è l’anello turismo. Se la cucina italiana cresce nel mondo, è anche vero che si tratta di uno dei motivi di attrazione degli stranieri nel nostro Paese. Firenze e Roma occupano, rispettivamente, il primo e il terzo gradino nella classifica “100 Best Cities to Try Local Food” realizzata da Taste Atlas, il portale internazionale di viaggio esperienziale a tema gastronomico. Al quarto posto c’è Napoli ma fra le prime cento classificate ci sono 15 città italiane. Sul fatto che la buona tavola italiana sia un grande attrattore turistico c’è poco da aggiungere. Invece va sottolineato che l’esperienza culinaria per cui la nostra cucina è candidata a patrimonio culturale immateriale dell’umanità va molto oltre il buon gusto nel piatto. La cucina è socialità, condivisione, aggregazione, è ospitalità, intreccio di ingredienti e culture, il risultato di una storia antichissima alle spalle, è rispetto per il territorio e le sue tradizioni, è parte integrante della storia del Paese e delle sue regioni, province, città e paesi, ciascuno con i propri prodotti e piatti tipici, è biodiversità, qualità e centinaia di controlli lungo la filiera, è sostenibilità e etica dell’anti-spreco, perché promuove da sempre il riutilizzo dei cibi avanzati e l’uso di prodotti stagionali.


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