Italian and American flags. The Italian nation includes millions of Italian Americans on this side of the Atlantic (Photo: Dreamstime)

“Today, working abroad should no longer represent a necessary, risky and distressing choice for anyone. Rather, it should be an opportunity, especially for young people. It is the Republic’s responsibility to ensure that it is a free choice.” This is what the President of the Republic, Sergio Mattarella, said in the video message to Italians abroad he sent for June 2nd. “The task is moving from ‘brain drain’ to  ‘circulation of talents,’ and nourishing a virtuous cycle of skills and competencies,” he said. The Head of State’s intervention urges a change in perspective, including a different perception of emigration – a phenomenon that has linked Italy and the United States for centuries – and the cultural and professional exchanges it generates. Millions of Italians set off for America and, over time, created the Italian American community. We shouldn’t forget that millions of Italians, after their American experience, returned to Italy, too. 

 But there are also, albeit it is less evident and recorded, millions of Americans who have constant, deep contacts and relations with Italy and Italians. These “pieces” make up our societies and create an intertwined community on both sides of the ocean. 

On the occasion of Republic Day our Head of State said, “I would like to extend my greetings to our fellow citizens who work, study and live abroad; to citizens of other states, who are of Italian origin, and who love the roots of their family history; to all people who, beyond our borders, love and appreciate our country.” We do not often reflect on it, but we do actually belong to a larger community than we think. Narrow borders do not accurately describe the identities and diverse roots of our social and cultural heritage. Yet, we should take them into account not only because they enrich us personally, but also because they can enrich the social groups we share our intercultural heritage with. A frequent mistake is to consider Italian-Americans –  the so-called “hyphenated Italians” (and the same applies to emigrants of other nationalities) – as a sort of in-between, something not quite American and not quite Italian, an intermediate and imperfect category of society (which, in turn, is much less homogeneous than we may think). In truth, they hold special qualities, values, characteristics; they are ambassadors of multiple cultural heritages; they create bridges between different affiliations and definitions.

“Over the centuries, countless travelers, explorers, artists, and entrepreneurs have crossed our borders, honoring Italy in every field. There are numerous stories tied to illustrious fellow citizens who have traveled paths and routes around the world, leaving behind art, beauty, culture, wisdom, and know-how,” Mattarella continued. These contributions should be taken into account more often, not to claim their origin or take national credit, but to show the value of those who choose also another country to realize their life and work project.

However, Mattarella went on, many examples were “associated with emigration triggered by poverty. Many Italians sought fortune elsewhere, creating wealth and civilization thanks to the work and commitment they developed. These fellow citizens of ours, despite initial difficulties and mistrust, have largely contributed to the economic and civic growth of their host countries, integrating perfectly into those contexts with cleverness, passion, and new civic spirit. Emigration, with the pain and sacrifices that went with it, also contributed to the development of the homeland, by boosting trade and connections, increasing investments and incomes with the remittances of emigrants, expanding people’s world view, and creating an unparalleled wealth of experiences and training for those who chose to return. A story of deprivation and hardship but, ultimately, also of redemption and success.” The regenerative effects of migrations are often stronger than borders. 

“Since the end of World War II, the world has experienced an era of globalization with rapid connections and interactions, exchanges, meetings between experiences and cultures.” And precisely because the world is without borders, the idea of moving to work, learn,  and get experience, should also be without boundaries. “The wealth of experiences gained in other realities and other countries enrich the talented people who go abroad. They are precious and appreciated, also because they are aware of how the meeting and dialogue between cultures, the circulation of different ideas and conceptions, are key for further development in all fields. It is about moving from ‘brain drain’ to ‘circulation of talents,’ nourishing a virtuous cycle of skills and competencies. By doing so, our fellow citizens influence and enhance other countries with their own culture and way of life, and this is invaluable.”

Sergio Mattarella, on the occasion of Republic Day, concludes his message by saying:  “Dear Italians abroad, the Republic develops and progresses thanks to the energies and skills of its people. You, too, contribute to it, with your lived experiences, your intelligence, and your capacity to create networks and communication channels. You can connect and present to the world the values that make Italy unique, while constructively interacting with the experiences and values of others. You, too, are the Republic!”

“Oggi, lavorare all’estero non dovrebbe più rappresentare, per nessuno, una scelta obbligata e non priva di rischi e disagi bensì una opportunità, specialmente per i giovani. È responsabilità, della Repubblica, far sì che si tratti di libera scelta”. E’ un passaggio del videomessaggio agli italiani all’estero che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato per il 2 giugno. “Si tratta di passare – ha detto – dalla fuga dei cervelli, alla circolazione dei talenti; alimentando un circuito, virtuoso, di capacità e di competenze”. Il cuore dell’intervento del capo dello Stato invita a cambiare prospettiva, anche a percepire in modo differente l’emigrazione, fenomeno che da secoli lega l’Italia e gli Stati Uniti, e gli scambi culturali e professionali che le attraversano. Milioni di italiani sono partiti per l’America e lì con il tempo hanno dato vita a discendenze italoamericane e milioni di italiani, dopo l’esperienza americana, sono tornati in Italia. Ma ci sono anche, meno tracciati e meno evidenti, milioni di americani che hanno contatti e relazioni costanti e profonde con l’Italia e gli italiani. Questi “pezzi” che compongono le nostre società, da un lato e dall’altro dell’oceano, compongono insieme una comunità intrecciata che condivide pezzi di entrambi i mondi.

In occasione della Festa della Repubblica, ha detto il capo dello Stato, “vorrei rivolgere un saluto ai connazionali che lavorano, studiano e vivono all’estero; ai cittadini di altri Stati, che hanno origine italiana, e che amano le radici della propria storia familiare; a tutte le persone che, fuori dai nostri confini, amano e apprezzano il nostro Paese”. Non ci riflettiamo spesso ma, in fondo, apparteniamo a una comunità più vasta di quella a cui pensiamo di far parte. Confini troppo stretti non descrivono correttamente le identità dalle radici plurime che compongono i nostri patrimoni sociali e culturali. Eppure dovremmo tenerne conto non solo perché sono un arricchimento personale ma perché possono diventarlo anche per i gruppi sociali con cui condividiamo i nostri portati inter-culturali. L’errore che si commette frequentemente è quello di considerare gli italo-americani, i cosiddetti “italiani con il trattino” (ma lo stesso vale per gli emigrati di altre nazionalità), una via di mezzo, qualcosa di non ben americano e di non ben italiano, una categoria intermedia e imperfetta rispetto alla massa sociale (che, a sua volta, è molto meno omogenea di quanto si pensi o si definisca) quando invece sono portatori di più qualità, di più valori e più caratteristiche, sono ambasciatori di più patrimoni culturali e ponti tra appartenenze differenti e definizioni diverse. 

“Nel corso dei secoli, tanti viaggiatori, esploratori, artisti, imprenditori hanno attraversato i nostri confini e onorato l’Italia in ogni settore. Numerose – ha detto ancora Mattarella – sono le vicende legate a concittadini illustri che hanno percorso strade e rotte in tutto il mondo, disseminandolo di arte, bellezza, cultura, sapienza, saper fare”. Contributi che andrebbero messi più spesso in evidenza non tanto per rivendicarne una provenienza, per attribuirsi un merito nazionale, ma per mostrare quanto può valere il contributo di chi sceglie anche un altro Paese per realizzare il proprio progetto di vita e lavoro.  

Tuttavia, ha detto ancora Mattarella, numerose vicende sono state “accompagnate da emigrazione provocata da condizioni di povertà. Tanti italiani hanno cercato fortuna altrove creando ricchezza e civiltà grazie al lavoro e all’impegno sviluppato. Questa moltitudine di nostri concittadini, non senza iniziali difficoltà e diffidenze hanno contribuito largamente alla crescita economica e civile dei Paesi ospitanti integrandosi perfettamente in quei contesti, con ingegno, passione e nuovo spirito civico. L’emigrazione con i drammi e i sacrifici che la accompagnarono, fu di apporto anche allo sviluppo della madrepatria favorendo il potenziamento dei commerci e dei collegamenti accrescendo investimenti e redditi con le rimesse degli emigrati, ampliando la visione del mondo e costituendo un bagaglio impareggiabile di esperienze e formazione per coloro che scelsero di rientrare. Una storia di privazioni, tribolazione e comunque di riscatto e successo”. Anche gli effetti rigeneranti delle migrazioni superano spesso i confini che si pensa abbiano. 

“Il mondo ha vissuto dalla fine della II guerra mondiale, un’epoca di globalizzazione con collegamenti e connessioni veloci, scambi, incontri fra esperienze e culture”. Proprio perché il mondo è senza confini, dovrebbe esserlo anche l’idea di spostarsi per lavorare, formarsi, fare esperienze. 

Il bagaglio di esperienze maturato in altre realtà, in altri Paesi, valorizza i talenti che vanno all’estero. Talenti preziosi e apprezzati; consapevoli di come l’incontro, il confronto, il dialogo tra culture, la circolazione di idee e di concezioni diverse, sia lievito per l’avanzamento in tutti i campi. Si tratta di passare dalla ‘fuga’ dei cervelli, alla circolazione dei talenti alimentando un circuito, virtuoso, di capacità e di competenze. L’influenza, così realizzata, in altri Paesi, dai nostri concittadini con la cultura e il modo di vivere che sono loro propri è preziosa”. Sergio Mattarella, in occasione della Festa della Repubblica conclude così il suo messaggio: “Care italiane, cari italiani all’estero, la Repubblica, si sviluppa e progredisce, chiamando a raccolta le proprie energie di grande qualità. Per voi, dà testimonianza il vostro vissuto, la vostra intelligenza, la vostra esperienza, la vostra capacità di creare reti e canali di comunicazione, di essere ponti e testimoni dei valori della peculiarità italiana, a confronto costruttivo con le esperienze e le peculiarità di altri. La Repubblica siete anche voi!”.

 


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