© Piotr Rzeszutek | Dreamstime.com

Once upon a time, when I was a young teen with little to no traveling experience under my belt, I was equally fascinated and disgusted by tales of foreign, exotic lands (Britain and Germany, legend said), where pasta — yes, pasta! — was consumed with jam instead of sauce.  Friends who had spent their summers in London to learn  the sacred idiom of the Brits would return home with frightening accounts of overcooked pasta served in an orange, sugary sauce that only cemented the myth into my — and many other young Italians of my generation — mind. 

A couple of years later, when  I eventually moved myself to the  British Isles for university, I was to learn  that my mates actually had iconic Heinz Spaghettis, not pasta with jam and that, albeit certainly an acquired taste, the stuff was not as totally inedible as they would say (I do understand mine is a very controversial opinion, though). 

It would take me another 20 years, however, to find out that, in fact, the idea of having pasta with a sugary topping is not all that strange, after all. Food historians found out that, in its early days, noodles were served with honey  and  spices, a bit as we still do today when we make rice pudding or even porridge. Indeed, honey and cinnamon, common toppings for the latter, were the  most appreciated combination. 

Enters Naples and the history of our favorite and most versatile dish changes for good. 

Pasta became a popular street food in the city of Parthenope in the 16th century, but Neapolitans, used to the decadent, luscious taste and textures of their pastieras and creamy buns, didn’t want any sugary spaghetti to have on the go, they needed hearty, belly filling grub, something they could eat with  their  hands, maybe just with a bit of cheese on top.  

The  jump from dessert to  main was made, but hey! There was still a long way to go before maccheroni and pomodoro finally embraced, creating the culinary duo of the millennium. A light sauce made with tomato, basil and salt eventually appeared only in the  19th century and the  first real recipe for pasta al sugo (pasta with sauce) came only in 1839, in Ippolito Cavalcanti’s volume Cucina Teorico Pratica. Here, the legendary chef and writer put on paper recipes that were to become the very symbol of Neapolitan — and Italian — cuisine, including vermicelli al pomodoro (small spaghettis with tomato sauce) and  vermicelli alle vongole (small spaghettis with clams). 

Here’s his recipe for pasta with tomato sauce, as written by Cavalcanti himself, in  his pleasantly old-fashioned,  Neapolitan-infused Italian: 

“Piglia rotoli 4 (700 gr ca.) de pommodoro, li tagli in croce, li levi la semenza e quella acquiccia, li fai bollire, e quando si sono squagliati li passi al setaccio, e quel sugo lo fai restringere sopra al fuoco, mettendoci un terzo di sugna, ossia strutto di maiale. 

Quando quella salsa si è stretta giusta bollirai 2 rotoli (350 gr ca.) di vermicelli verdi verdi (cotti al dente) e scolati bene, li metterai in quella salsa, col sale e il pepe, tenendoli al calore del fuoco, così sasciuttano un poco. Ogni tanto gli darai rivoltata, e quando son ben conditi li servirai.”

…Liberally translated by yours truly below: 

Take four rotoli (about 2 lbs) of tomatoes, cut them in four and remove all the seeds and watery innards. Cook them and when they break into pieces, pass them through a sieve and cook them further, adding a third of sugna, that is, pork lard.

When the sauce has thickened nicely, you’ll boil two rotoli (about 1 lb) of vermicelli verdi verdi (did he mean fresh?), cook them  al dente and, after having drained them carefully, you’ll add them to the sauce with some salt and pepper and keep them on the fire, so that they’ll dry a little. You’ll need to stir them once in a while and when they’re all covered in  sauce, they are ready to be served.  

Una volta, quando ero una giovane adolescente con pochissime esperienze di viaggio, ero al tempo stesso affascinata e disgustata dai racconti di terre straniere, esotiche (Gran Bretagna e Germania, diceva la leggenda), dove la pasta – sì, la pasta! – veniva consumata con la marmellata al posto del sugo.  Gli amici che avevano trascorso le estati a Londra per imparare il sacro idioma degli inglesi tornavano a casa con racconti spaventosi di pasta troppo cotta servita con una salsa zuccherina all’arancia che non faceva altro che cementare quel mito nella testa della mia generazione e in quella di molti altri giovani italiani. 

Anni dopo, quando mi sono trasferita nelle isole britanniche per l’università, ho capito che i miei compagni avevano in realtà assaggiato l’iconico Heinz Spaghettis, non la pasta con la marmellata, e che, anche se certamente era un sapore acquisito, non era così immangiabile come si potrebbe credere (capisco tuttavia, che la mia sia un’opinione molto controversa). 

Mi ci sarebbero però voluti altri 20 anni per scoprire che, in realtà, l’idea di fare la pasta con un condimento zuccherino non è poi così strana. Gli storici del cibo hanno scoperto che, ai suoi albori, gli spaghetti venivano serviti con miele e spezie, un po’ come facciamo ancora oggi quando facciamo il rice pudding o anche il porridge. In effetti, miele e cannella, condimento comune per il secondo, erano l’abbinamento più apprezzato.

Ma a Napoli la storia del nostro piatto preferito, e più versatile, è cambiata per sempre.

La pasta divenne un popolare street food nella città di Partenope nel XVI secolo, ma i napoletani, abituati al gusto e alla consistenza golosa e appetitosa delle loro pastiere e dei loro panini cremosi, non volevano spaghetti zuccherati da mangiare per strada, avevano bisogno di un cibo sostanzioso, per riempire la pancia, qualcosa da mangiare con le mani, magari con un po’ di formaggio sopra.  

Il salto dal dolce al primo piatto era fatto, ma ehi!, c’era ancora molta strada da fare prima che maccheroni e pomodoro si abbracciassero, creando il duo culinario del millennio. Un sugo leggero a base di pomodoro, basilico e sale apparve solo nell’Ottocento e la prima vera ricetta di pasta al sugo arrivò solo nel 1839, nel volume Cucina Teorico Pratica di Ippolito Cavalcanti. Qui il leggendario chef e scrittore mise su carta ricette che sarebbero diventate il simbolo stesso della cucina napoletana – e italiana – tra cui i vermicelli al pomodoro e i vermicelli alle vongole. 

Ecco la sua ricetta per la pasta al pomodoro, come scritta dallo stesso Cavalcanti, nel suo italiano piacevolmente antiquato e napoletano: 

“Piglia rotoli 4 (700 gr ca.) de pommodoro, li tagli in croce, li levi la semenza e quella acquiccia, li fai bollire, e quando si sono squagliati li passi al setaccio, e quel sugo lo fai restringere sopra al fuoco, mettendoci un terzo di sugna, ossia strutto di maiale. 

Quando quella salsa si è stretta giusta bollirai 2 rotoli (350 gr ca.) di vermicelli verdi verdi (cotti al dente) e scolati bene, li metterai in quella salsa, col sale e il pepe, tenendoli al calore del fuoco, così sasciuttano un poco. Ogni tanto gli darai rivoltata, e quando son ben conditi li servirai.”


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